Il piano per rapire i magistrati Legami tra Sam e Brigate rosse ? di Liliana Madeo
Il piano per rapire i magistrati Legami tra Sam e Brigate rosse ? Si esaminano le carte del terrorista ucciso Il piano per rapire i magistrati Legami tra Sam e Brigate rosse ? L'ipotesi non è trascurata dai giudici che indagano sul campo paramilitare (Dal nostro inviato speciale) Rieti, 6 giugno. Anche negli ambienti giudiziari reatini adesso, sia pure a denti stretti, si ammette quanto a Brescia è trapelato su un presunto collegamento Sam-Mar-Avanguardia nazionale-Brigate rosse. Sono due i foglietti trovati nelle tasche di Giancarlo Esposti — il terrorista nero ucciso il 30 maggio sul monte Rascino nello scontro a fuoco con i carabinieri — che testimoniano la esistenza d'un piano di sequestri, tutti riguardanti magistrati milanesi impegnati a far luce sull'attività criminosa degli ultras di destra e di sinistra. C'è una distinzione, fra i nomi segnati, che fa pensare ad un piano da articolarsi nel tempo, in modo da far ricadere la responsabilità di volta in volta sugli estremisti dell'una e dell'altra parte. Su un foglio c'è tutto quello che riguarda il giudice istruttore Ciro De Vincenzo (da due anni alla caccia delle Brigate rosse): foto, numero di targa della macchina, numero telefonico, orari abituali, indirizzi, una piantina di Milano con — tracciato a penna — il percorso dal palazzo di Giustizia alla sua abitazione in via Casella 11. E' uno schema compiuto, probabilmente relativo all'operazione che sarebbe scattata per prima. Sul secondo foglietto — raggruppate insieme, e più a à a e o o i o o e — ù sommarie — ci sono le informazioni su Gerardo D'Ambrosio (indagine Freda e Ventura), Liberato Riccardelli (delitto Calabresi), sul p.m. De Liguori. Sugli appunti, contenenti nomi che per ora dicono poco o niente agli inquirenti, indicazioni di posti di blocco nella rete stradale italiana (in particolare nella provincia di Frosinone), non è stato possibile in via ufficiale avere dettagli. Erano tutti nel portafogli di Giancarlo Esposti, e sono stati toccati soltanto dagli inquirenti giunti da Brescia, quando la salma del ragazzo da un giorno e una notte si trovava nell'obitorio di Rieti. Il riserbo degli inquirenti reatini, dopo la fuga di notizie da Brescia, si è fatto — se possibile — ancora più stretto. Si prospetta la possibilità di nuovi arresti, magari l'arrivo di quel Sirtori cui risulta intestata la « Land Rover » di cui si sono serviti il Danieletti, il D'Intino, il Vivirito, l'Esposti per raggiungere questi monti: nel carcere di Rieti è stato fatto posto. Si apprende che i giovani, dopo le prime ammissioni, incominciano a ritrattare tutto. «Abbiamo parlato per paura », dicono. E cercano di difendersi dando una immagine il più edificante possibile di sé. Il D'Intino, che davanti al magistrato teorizza e filosofeggia, ha deprecato la strage di Brescia de¬ finendola « inutile e dannosa alla causa della rivoluzione ». Ha sostenuto che gli attentati vanno fatti, sì, ma a scopo dimostrativo, senza spargimento di sangue. Ha attaccato il ms:. come « partito borghese e imbelle ». Ha detto che non ama la violenza e possiede solo due armi: un mitra, dono di Fumagalli, e una pistola regolarmente acquistata. Dell'avv. Degli Occhi — richiesto dal giudice Arcai, dopo una telefonata da Brescia, che riferiva di minacce di morte nei confronti del leader della «Maggioranza silenziosa » — ha detto che era il tesoriere di Fumagalli, colui che gestiva i fondi dell'organizzazione. Ma emergono anche contraddizioni fra le deposizioni dei giovani. Il Danieletti aveva dichiarato che il gruppo era partito da Milano, il 9, con armi e munizioni; che lui e l'Esposti, il 28, giorno della strage di Brescia, erano andati in moto a Roma per comprare la tenda. Il D'Intino, invece, ha raccontato che le armi le hanno portate da Milano e le munizioni le hanno trovate a Roiano dei Campii; che la tenda e i sacchi a pelo li hanno acquistati a Teramo; che il gruppo, una volta raggiunto il Reatino, non si è separato mai; che il Vivirito e lui, D'Intino, tra il 22 e il 23, sono andati a Milano. Liliana Madeo
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