L'esame di coscienza dei vescovi dopo i risultati del referendum

L'esame di coscienza dei vescovi dopo i risultati del referendum L'episcopato diviso sulla valutazione del "no„ L'esame di coscienza dei vescovi dopo i risultati del referendum L'assemblea in corso a Roma è incerta sul comportamento da tenere verso i cattolici che non hanno seguito le direttive della Chiesa - Un esperto piemontese: "L'Italia in stato di missione" 'Nostro servizio particolare) jCittà del Vaticano, 6 giugno. !Giunta al bivio tra il pugno;di ferro o il guanto di velluto verso i leader cattolici del «no» nel referendum, l'assemblea generale dell'episcopato è orientata a concludersi sabato in Vaticano con indicazioni generali sulla possibile riconciliazione, lasciando però liberi i singoli vescovi in rapporto alle situazioni locali. In ogni caso, come ha chiarito ai giornalisti l'arcivescovo di Ancona mons. Carlo Maccari, il grosso problema dovrà essere studiato a fondo dalle commissioni per la fede e per il laicato che presenteranno le loro conclusioni. Mons. Maccari ha spiegato che la notificazione dei vescovi del 21 febbraio era un atto di magistero ordinario che richiedeva «religioso ossequio», ma contravvenendolo il cattolico non è divenuto «apostata» perché non ha infranto un dogma di fede. L'orientamento alla pacifi cazione, pur con chiarimenti sembra prevalere fra i 250 ve scovi che hanno discusso a lungo sul risultato del 12 maggio in relazione al «no» cattolico. Gl'intervenuti sono stati diciassette: dieci più o meno favorevoli a una intesa, sette più drastici, ma senza esplicita richiesta di fulmini disciplinari. Questa linea moderata è j stata sostenuta anche nella ! replica dal presidente, card. ; Antonio Poma, ed è natural mente caldeggiata dalle co- n a 2 » o o , a i è „ t è o ò — e i e e o a a a n — munita di base che. altrimenti, verrebbero colpite. Per esempio il movimento «7 novembre» ha mandato all'assemblea una lettera in cui chiede «un atto non equivoco del vostro ministero di giustizia e dì riconciliazione», accludendo un «dossier» sulle punizioni finora inflitte, come la sospensione a divinis di Dom Franzoni, e sugli abusi propagandistici per il « sì » compiuti in parrocchie e asili. Anche Raniero La Valle, ideologo dei «cattolici per il "no"», ci disse nella nostra recente inchiesta: «Si può dire che è finito il "dissenso" ed è nato un nuovo consenso. E' un grande momento della Chiesa italiana». Tre dati emergono dall'assemblea: la realistica necessità a fini pastorali di un'accurata analisi anche sociologica di cause e motivazioni del «no» cattolico; una crescente attenzione al reinserimento nella Chiesa istituzionale dei gruppi spontanei e carismatici, per ora al bando (Paolo VI l'ha previsto nella bolla d'indizione dell'Anno Santo); l'esigenza affiorante d'una pastorale per i divorziati che sono esclusi dai sacramenti. «Non possono essere tagliati fuori halla nostra attenzione pastorale », ha detto monsignor D'Erchia, vescovo di Monopoli, prospettando l'urgenza d'un chiarimento definitivo. I due poli del dibattito sono rappresentati dalla richiesta di riaffermare la funzione del magistero episcopale, fatta da monsignor Antonio Cece, vescovo di Aversa, il quale ha lamentato che il referendum ha lasciato «polvere e ferite» nella Chiesa italiana e dal richiamo di monsignor Luigi Bettazzi, vescovo d'Ivrea, che s'è domandato se il dissenso non nasca in un «vuoto di dialogo ecclesiale», in una deficiente comunione. Monsignor Bettazzi ha detto: «Occorre anche porre maggior attenzione alle grandi masse che si sentono escluse dai nostri pronunciamenti, instaurando un dialogo concreto ed efficace». Anche monsignor Giuseppe Agostino, vescovo di S. Severina, è stato ottimista: «Quando la Chiesa perde veramente, quando vìnce veramente? Non sempre tutti i trionfi giovano, qualche sconfitta purifica. Dobbiamo individuare un modo nuovo di essere presenti in una società che è nuoj va». E così ha ripetuto, più o meno, monsignor Giovanni Ferro, arcivescovo di Reggio Calabria, concorde con il car¬ dinale Poma: «Di fronte aicontrasti e alle divisioni oc- corre uno stile pastorale fatto di chiarezza e di carità, nell'u- niià fra i vescovi superando i piccoli dissensi che si posso-no manifestare». Lo stesso monsignor Pietro Fiordelli, il vescovo di Prato noto per il processo originato dalla sua accusa a due «pubblici concubini» perché sposa¬ ti solo civilmente, ha insistito sulla «riconciliazione dopo le lacerazioni del referendum», però «non su un vago sentimento di appartenenza alla Chiesa, ma sulla base costituita dalla accettazione dì tutto il Concilio». Molto diffusa è l'esigenza di definire i limiti del «pluralismo» e dell'ortodossia dei gruppi spontanei: ne hanno parlato mons. Criscito, vescovo di S. Severo, mons. Morstabilini di Brescia, mons. Rizzo di Ragusa e mons. Pe-tralia, di Agrigento che considera «urgente un giudizio sulla scelta socialista dei cattolici, specificando bene dove essa può o 'meno rientrare nel pluralismo ecclesiale». Sensazione ha prodotto il monito di padre Domenico Grasso, famoso esperto di teologia pastorale: «Anche il referendum ha rilevato che ci avviamo sempre più verso un cristianesimo di diaspora; le comunità di base rifaranno il mondo d'oggi a condizione che siano veramente fedeli al Vangelo». Don Giuseppe Pollano, esperto per il Piemonte, ha chiesto che la Chiesa italiana sia posta «in vero stato di missione». Il movimento «7 Novembre», in una conferenza stampa, ha confermato che intende agire "dentro la Chiesa" che la sua «magna charta» è costituita da documenti come la «Pacem in terris», la «Ma- ter ed magistra», la «Populo- rum progressio». Ha chiesto l'applicazione del diritto ca- nonico che non prevede le sanzioni inflitte a dom Franzoni, don Arrigo Lombardo, don Sandro Balducci, don Ezio Saraceni, don Isidoro Roselen, don Salvatore Coppola. 1 «La Chiesa non ha nulla da te- mere dalla schiacciante maggioranza del "no". I cattolici che si sono schierati per il "no" hanno sempre motivato la loro scelta richiamandosi alla necessità di tutelare i valori del matrimonio cristiano su un piano più profondo che non quello dell'indissolubilità legale. Essi perciò accolgono l'invito di unire le loro energie a quelle di tutta la Chiesa i per superare la crisi della fa j miglia». Come si concluderà questa ! vicenda? «D'accordo sulla ri- conciliazione ma senza com promessi dottrinari. Comunque decideranno i singoli vescovi» ha risposto ai giornalisti mons. Vallarne amministratore apostolico di Colle Val d'Elsa. «Ci vuole un chiarimento — ha detto mons. Maccari — | non si può fare fembrassons nous. Siamo apertissimi, ma bisogna chiarire, altrimenti la Chiesa diventa una insalata russa». ' Lamberto Fumo