L'anarchico grida "sei bugiardo,, a un carabiniere che testimonia

L'anarchico grida "sei bugiardo,, a un carabiniere che testimonia Il processo per l'uccisione del giovane missino L'anarchico grida "sei bugiardo,, a un carabiniere che testimonia In aula a Vallo di Lucania - Giovanni Marini ha tentato di scagliarsi contro il sottili?iciale ma è stato prontamente bloccato - L'interessante dibattimento continua (Dal nostro inviato speciale) Vallo della Lucania, 4 giugno Il testimone è un sottufficiale dei carabinieri, Luigi Accetta, brigadiere del nucleo radiomobile di Salerno. Racconta: «La sera del 7 luglio '72 ricevetti dalla centrale operativa l'ordine di raggiungere via Masuccio Salernitano, dove c'era un giovane che aveva accoltellato un altro giovane. Arrivato sul posto, una donna mi indicò il portone dello stabile n. 31 e lì trovai Giovanni Marini, assieme ad altre persone. Appena mi vide, venne verso di me dicendomi: «Portatemi in caserma». Mi sembrò che avesse paura. Lo feci salire sull'auto, gli chiesi cos'era successo e lui mi rispose: "Ho accoltellato tre giovani di diverse tendenze politiche"». E' su questa battuta che Giovanni Marini scatta in piedi urlando: «Voglio vedere in faccia questo bugiardo! ». Fa anche l'atto di uscire dal suo recinto, ma quattro carabinieri lo trattengono, gli si stringono attorno. Il testimone, seduto di traverso davanti al banco dei giudici della corte d'assise, continua a volgergli le spalle, Presidente — Marini, stia calmo. Cosa ha da dire? Marini — Nel portone ero solo, fui invitato a salire sicll'auto, ma nessuno mi rivolse domande. Oltretutto, nella mia qualità di anarchico, non parlerei mai con i carabinieri. L'impennata di Giovanni Marini trova immediata eco tra gli avvocati della difesa: « Ma come — essi insorgono — l'imputato è imprigionato da quasi due anni, c'è stata una lunga istruttoria, gl'inquirenti hanno raccolto con meticolosità tutte le voci d'accusa, eppure nessuno, sino ad oggi, aveva mai sentito parlare di una confessione dell'anarchico». Improvvisamente (seguiamo sempre il discorso degli avvocati della difesa) ecco entrare in scena un testimone, il quale mette in bocca a Giovanni Marini una frase che equivale ad una ammissione di colpevolezza. Conclusione: perché di questa circostanza non vi è traccia nelle pagine del fascicolo processuale? L'anarchico Giovanni Marini, si sa, ha sempre negato di aver ucciso con una coltellata il missino Carlo Falvella. E' soltanto intervenuto, questo l'ha ammesso, per aiutare un compagno aggredito dai fascisti: ma ha la certezza, ha poi aggiunto, di aver soltanto graffiato qualcuno degli avversari. La prova? Una secondo lui, ma determinante: il suo coltello aveva una lama che non era più lunga di 5-6 centimetri. Con un'arma del genere era impossibile provocare quelle ferite, per cui il dicannovenne esponente del movimento giovanile salernitano del msi sopravvisse appena tre ore dopo essere stato colpito al cuore. Ecco invece il testimone a sorpresa sconvolgere il quadro finora indiziario del processo, riferendo una circostanza che ha il sapore di un colpo di scena: «Giovanni Marini mi disse di aver accoltellato tre giovani di diverse tendenze politiche». Disse proprio così? Il brigadiere conferma, anche se il linguaggio da verbale di polizia attribuito all'anarchico appare poco verosimile; ma non è soltanto il linguaggio che non quadra, c'è tutto il resto e gli avvocati della difesa muovono un massiccio attacco al testimone. «La pretesa confessione stragiudiziale di Giovanni Marini — essi dicono, tra l'altro — è smentita dai rapporti redatti dai carabinieri sull'episodio: essa non vi figura mai. Perché». Accetta — Tutto ciò che Giovanni Marini mi disse lo scrissi nella mia relazione di servizio. Il mio reparto, il nucleo radiomobile, è impiegato solo per il pronto intervento. Ogni notizia sulle operazioni che mi vengono ordinate viene trasmessa alla competenza di altri». Adesso la patata bollente passa nelle mani del successivo testimone, il maresciallo dei carabinieri Carlo Ucci, comandante del nucleo investigativo di Salerno. La sera del 7 luglio 1972, appena informato dello scontro tra fascisti e anarchici, avviò le indagini, che erano appunto di sua competenza. Avv. Giuliano Spazzali (difesa) — Ebbe modo di parlare con il brigadiere Luigi Accetta? Ucci — Lo incontrai all'ospedale, dove stavano operando Carlo Falvella. Mi consegnò il coltello trovato accanto al corpo di costui, ma non mi fece una relazione. Insomma, dove andò a finire la relazione scritta del brigadiere? Il maresciallo non lo sa, ritiene che sia rimasta nell'ufficio del brigadiere, comunque taglia corto: «Io non la lessi». Il documento, chiamiamolo impropriamente così, arriva in aula nel pomeriggio, a mani di una staffetta partita con tutta urgenza dal comando della legione carabinieri di Salerno. E' scritto a mano, dice appunto che l'anarchico, dopo il suo arresto, parlò di accoltellamenti riferendoli ad alcuni giovani di opposte tendenze politiche. Tutto regolare, dunque? Gli avvocati della difesa sono perplessi: la relazione non risulta protocollata, è priva del numero d'ordine progressivo; come mai i carabinieri, pignoli per tradizione, hanno trascurato queste incombenze burocratiche? L'indagine dibattimentale dura fino a tarda ora della sera, ma la relazione del brigadiere conserva intatto tutto il suo mistero, nessuno l'ha vista, tutti sembrano averla ignorata. Il processo continua domani. Filiberto Dani Giovanni Marini

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