Questi figli neofascisti di Vittorio Gorresio

Questi figli neofascisti TACCUINO Questi figli neofascisti L'altro giorno, 2 giugno, festa della Repubblica, tra la parata militare in via dei Fori Imperiali ed il ricevimento offerto in Quirinale dal Capo dello Stato ai notabili della nazione, ho avuto tempo e modo per riflettere su un'esperienza politica di ormai quasi trent'anni. Dopo quasi trent'anni dalla fine della guerra, caduta del fascismo ed instaurazione della Repubblica, ecco la strage di Brescia e lo scontro a fuoco sulla montagna di Rieti. Protagonisti delle imprese, giovanotti che non erano nati prima che il fascismo cadesse. Niente a che fare, quindi, con i cosiddetti nostalgici; si tratta di giovani che ci siamo cresciuti, allevati, educati noi. Che bravi siamo stati. La generazione che era giovane nel '43'44 c che fornì il suo contributo alla Resistenza, alla lotta partigiana, alla condanna del fascismo, da quando ha messo casa ed ha fatto famiglia si è travata con figli di questa razza: di nuovo fascisti, di nuovo nazisti, di nuovo razzisti; di nuovo, insomma, criminali. In modo semplice c superficiale si potrebbe subire la tentazione di tracciare un diagramma, compilare una scaletta sotto l'insegna generazionale: a nonno antifascista, padre fascista, figlio antifascista, nipote fascista, e così via alternando. Già ho detto che un sistema di analisi di questo genere sarebbe superficiale, essendo impossibile credere nella realtà di simili corsi e ricorsi, ma appunto l'altro giorno, in occasione del 283 compleanno della Repubblica nata dalla Resistenza, a ripensare a quanto non è stato fatto in Italia per garantirci dalla rinascita del fascismo attraverso figli e nipoti, via via l'elenco delle cause e delle colpe si allungava: si può riassumerlo, comunque, in maniera succinta. C'è la colpa grave dei politici italiani che dal 1946 in avanti non ebbero altra preoccupazione, altro obicttivo, altra missione oltre a difendersi dai pericoli provenienti da sinistra. Sulla destra, nessuno mai vide la necessità di montare la guardia, nemmeno il dimissionario prefetto di Milano, dottor Libero Mazza. Bastava opporsi alla minaccia del tartaro galoppante attraverso l'Europa: «Anticomunismo sincero, ma sterile — come ha scritto A. C. Temolo — senza il grande soffio della libertà che percorre il risorgimento. La democrazia cristiana ne ha approfittato, assai più di altri partiti. In altro modo, jorse anche più, di esso trasse profitto, come nel 1922, il fascismo: ne ricevette un'assoluzione della dottrina e degli uomini: nello schieramento anticomunista esso trovava allora il suo posto naturale, di truppa d'assalto o di divisione di arditi ». Jcmolo scrisse queste cose nella terza edizione (1971) del suo libro su Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni; già allora erano chiari quelli che furono gli sbagli nel momento iniziale del post-fascismo. L'anticomunismo, paura schietta del comunismo, ispirò tutta la politica dei governi di De Gaspcri, al quale Temolo rimprovera di aver rimesso « ai loro posti gli alti funzionari fascisti che il governo Bonomi aveva allontanato; la preoccupazione di spegnere in fretta il roveto ardente, i grandi aneliti di rinnovamento che la Resistenza aveva acceso; il chiudere gli occhi, — lui capo personalmente integro — su ogni abuso, ogni malcostume, ogni corruzione; il riconsolidare l'edificio cui la caduta del fascismo e la fine della guerra avevano inflitto tali crepe, che sarebbe stato facile ormai abbatterlo per costruirne uno nuovo». Se tutto questo è vero — e del resto sarebbe difficile contestarlo — non si può certo farne colpa esclusiva a De Gasperi; ma lo si può citare come esempio di uomo politico che nell'immediato post-fascismo ispirò tutta la sua azione — magari su sollecitazioni americane e vaticane — alla lotta su un solo fronte, il fronte di sinistra, come se la democrazia non potesse venire minacciata e aggredita anche da destra. Che l'Italia abbia corso il pericolo, sia pure un solo giorno, di diventare comunista come la Cecoslovacchia di Masaryk e Bencs, è un argomento di cui si può discutere. Non mancano i persuasi che questo pericolo non vi fu mai, ma in ogni modo è indiscutibile che gna volta di più, sempre seguendo il vecchio atteggiamento a senso unico, abbiamo lasciato il fianco della democrazia sguernito verso destra; esattamente sullo stesso lato — guarda caso — del 1922. Vittorio Gorresio

Persone citate: Bonomi, De Gasperi, Libero Mazza

Luoghi citati: Brescia, Cecoslovacchia, Europa, Italia, Masaryk, Milano, Rieti