Dinamite in casa di Francesco Fornari

Dinamite in casa ARSENALI PER CRIMINALI E TERRORISTI Dinamite in casa Siamo al primo posto nel traffico clandestino delle piccole armi - Il Canton Ticino, dove si addestrano i fascisti italiani, è forse il maggior centro di smistamento (Dal nostro inviato speciale) Lugano, giugno. L'Italia è sommersa da un mare di armi ed esplosivi: non passa giorno ormai senza che polizia e carabinieri scoprano qualche arsenale segreto. A queste polveriere attingono la criminalità violenta e, in misura maggiore e più preoccupante, il terrorismo politico. Le bande degli assassini fascisti (da Ordine nero, che in un delirante comunicato rivendica la paternità della strage di Brescia, alle Sam, squadre di azione Mussolini, responsabili di una lunga serie di attentati dinamitardi e sparatorie), in questi ultimi anni non hanno mai smesso di armarsi e di addestrarsi, creando veri e propri campi militari, di cui l'ultimo è quello scoperto sulle montagne del Reatino. Le statistiche ufficiali sui ritrovamenti di armi e munizioni nel nostro Paese dal '45 al '71 riportano cifre impressionanti: 191 cannoni, 1077 mortai e lanciagranate, 6006 mitragliatrici, 225.218 fucili (automatici, da guerra e da caccia), 84.414 rivoltelle e pistole, 424.362 bombe a mano, 1.245.701 chilogrammi di esplosivo, oltre 35 milioni di cartucce e proiettili. Preoccupano ancora di più, in proporzione, le notizie sui ritrovamenti effettuati dall'inizio del '72 al primo trimestre di quest'anno: un cannone, cinque mortai, 14 lanciagranate, 57 mitragliatrici, 189 mitra, 16.427 fucili automatici, da guerra e da caccia, 11.381 pistole e rivoltelle, 90.720 bombe a mano, oltre sei milioni e mezzo di proiettili e cartucce, 325.039 chili di esplosivo, oltre 220 km di miccia. Nella maggior parte dei casi, a differenza di quanto accadde in passato, si tratta di armi moderne, degli ultimi modelli prodotti dalle industrie della guerra. Nell'elenco non sono comprese, perché ufficialmente nessuno ne parla, le voci che riguardano i bazooka ed i lanciamissili portatili (come quello trovato ai quattro fedayn sorpresi a Fiumicino l'anno scorso), scomparsi dalle caserme o dai depositi della Nato. Dalla Calabria Da dove provengono le armi? «Gran parte — dicono i carabinieri — dall'Inghilterra, dal Libano, dalla Cecoslovacchia, dalla Grecia ». Il traffico delle armi, commercio assai redditizio, è fiorente nel nostro Paese. L'Italia, secondo i funzionari dell'Interpol di Parigi, è « al primo posto nei traffici clandestini delle piccole armi, seguita dalla Turchia, dalla Germania, dagli Stati Uniti e dalla Francia ». La Calabria fino a poco tempo fa costituiva il più importante centro di smistamento: nella zona che va da Crotone a Buturo, a Botricello, fino a Lamezia Terme, secondo gli inquirenti, «una casa su tre è un deposito di materiale bellico ». Laggiù fanno base i trafficanti internazionali che vi approdano con i loro battelli. Recentemente, però, nel Nord sono stati scoperti grossi arsenali nascosti nelle grotte della Valtellina, vicino al confine con la Svizzera, uno dei maggiori centri europei del traffico d'armi e di esplosivi per l'Italia, i Paesi dell'Africa e del Medio Oriente. In Svizzera è possibile trovare nel giro di poche ore, centinaia di chilogrammi di tritolo (l'esplosivo preferito dai terroristi neri) e imbastire acquisti di armi di tutti i generi. Il tritolo proviene dalle cave di granito del Canton Ticino, dove i furti sono all'ordine del giorno; le armi sparirebbero con allarmante frequenza dai depositi militari o dalle abitazioni. In Svizzera, infatti, i soldati al termine del servizio militare si portano a casa il fucile, il mitragliatore, addirittura la mitragliatrice. Negli ultimi anni la polizia elvetica ha registrato un allarmante aumento di furti d'armi (o, per meglio dire, di denunce di furti): nell'aprile scorso il direttore del dipartimento di giustizia e polizia, Alberto Lepori, in una riunione del Gran Consiglio del Canton Ticino, ha rilevato la « preoccu-1 pante frequenza con la quale si ripetono i furti d'armi », ammettendo la possibilità che i responsabili « facciano capo a qualche organizzazione che trafuga tali armi in Italia ». Da tempo si parla dell'esistenza nel Mendrisiotto e nel Luganese di centri d'addestramento paramilitari per fascisti italiani: voci sempre smentite dalla polizia svizzera; è innegabile, tuttavia, che il Canton Ticino serva da comodo rifugio per noti estremisti di destra. Kim Borromeo, arrestato in Val Camonica su un'auto imbottita di tritolo, il « bombardiere nero » Angelo Angeli, Gianni Nardi, indiziato per il delitto del commissario Calabresi, sono alcuni dei più « famo¬ si » terroristi neri che hanno avuto basi operative in territorio elvetico. E' poi opportuno ricordare che nel settembre di due anni fa, al Valico di Brogeda, vicino a Ponte Chiasso, sull'auto di Gianni Nardi (che viaggiava con Luciano Stefano e l'aspirante attrice Gudrun Kies Mardou, la « bionda avvenente » di cui si torna a parlare per ogni azione criminosa compiuta dai fascisti, anche per la strage di Brescia e la sparatoria sulle montagne del Reatino) furono rinvenuti tre chilogrammi di gelatina Altdorfit (contenuti in dodici candelotti), dieci metri di miccia a lenta combustione, due pistole (una P-38 tedesca e una Browning belga), quattro caricatori e sei scatole di proiettili per mitra. Armi e munizioni erano state vendute al Nardi da un impiegato di banca svizzero, G. Beni: uno sconcertante personaggio dedito ad ogni tipo di commercio, dagli stock di riviste pornografiche tedesche (che vendeva in Italia) agli esplosivi. Che la Svizzera funga da cuscinetto nelle trattative per l'acquisto di armi è dimostrato anche da un altro episodio che risale al '72. L'aw. Francesco Pignasca, ufficiale dello stato maggiore elvetico, membro della società svizzera dei giuristi per lo sviluppo della scienza e del diritto, importante uomo d'affari non nuovo al commercio delle armi « purché venga fatto alla luce del sole », anche se preferisce trattare tabacco ed immobili, si era associato con la Mondial Import Export di Roma per l'acquisto di una partita di fucili 91 messa all'asta dall'esercito italiano. L'affare era andato a monte perché « la società francese per conto della quale si doveva agire si è ritirata all'ultimo momento e non è stato più possibile partecipare alle gare di appalto ». All'operazione era interessato anche il commercialista Romano Coltellacci, uno degli ex massimi dirigenti del disciolto movimento razzista Ordine nuovo; fra i soci della Mondial Import Export figuravano altri due ex dirigenti dell'organizzazione neofascista: il missino Pino Rauti e Giulio Maceratini. Le eccedenze belliche E' cosa risaputa che a Lugano si trattano gli stocks delle eccedenze belliche americane (armi e munizioni), acquistate in Belgio e nella Germania Occidentale. Questi affari sono diretti da mercanti che hanno uffici a Berna e a Zurigo e dispongono di agenti in ogni parte del mondo. Sovente (ed è il caso delle armi e dell'esplosivo comperati dai fascisti) si tratta di affari illegali e per far uscire questa merce dalla Svizzera i trafficanti si servono delle cosiddette « piste di HoChi-Minh »: una serie di strade, alcune addirittura asfaltate, che portano alla rete di confine nella quale sono stati aperti dei varchi, addirittura per autocarri. Ai quattordici valichi ufficiali se ne sono aggiunti così numerosi altri che sfuggono ad ogni controllo: questi sentieri sono concentrati nella zona di Bizzarone, Roderò, Valmorea. Le eccedenze delle Forze Armate. Ecco la prima fonte a cui attingono i mercanti della morte, ora comprando, ora rubando. Altra fonte di rifornimento sono i depositi abbandonati dai nazisti di cui possiede le mappe l'ex capitano SS Otto Skorzeny, che vive a Madrid (dov'è rifugiato anche Valerio Borghese). A parte la droga, nessun altro commercio rende quanto il contrabbando delle armi. Ogni anno nel mondo vengono spesi oltre 120 mila miliardi di lire per gli armamenti: una buona parte di questi quattrini finiscono nelle tasche dei trafficanti. Francesco Fornari