Il dramma del trapianto

Il dramma del trapianto Le difficoltà umane e legali per l'intervento chirurgico Il dramma del trapianto Per la prima volta a Torino some stati prelevati i reni a un giovane morente - Il pianto della madre nel concedere l'assenso - Complicato meccanismo di autorizzazioni e garanzie previsto dalla legge - Gli organi sono stati innestati, a Milano, a due giovani che sopravvivevano soltanto grazie al "rene artificiale" Un giovane manovale pugliese colpito da emorragia cerebrale ha donato i suoi reni per un trapianto. In punto di morte i chirurghi li hanno prelevati l'altra notte, al Nuovo Martini, e poche ore dopo sono stati innestati al Policlinico di Milano dallNi equipe » del prof. Malan ad un operaio della Fiat e ad un impiegato di Bollate. L'operazione compiuta a Milano, semplice tecnicamente, acquista un'importanza enorme per la possibilità che anche il trapianto possa presto essere eseguito nella nostra città. Dicono i medici del reparto dialisi del Nuovo Martini: « Per la prima volta siamo riusciti a superare tutte le difficoltà d'ordine legale ed organizzativo per intervenire su un individuo, tenuto artificialmente in vita (una vita puramente vegetativa) finché è stata possibile l'operazione ». Un passo che finora è stato fatto soltanto in Lombardia. Il prof. Triolo ed i suoi assistenti Io hanno compiuto lottando contro il tempo. Ecco la cronaca, che riferiamo omettendo, per ragioni morali, i nomi del donatore e dei riceventi. Mercoledì pomeriggio Luca N., 20 anni, operaio in un cantiere edile di corso Peschiera, mentre lavora in uno scantinato, si accascia stroncato da un malore. Ricoverato al Nuovo Martini, i medici constatano che la sua sorte è segnata. L'encefalogramma, completamente piatto, rivela che il cervello è morto. Ma il cuore batte ancora. Viene tenuto in vita artificialmente. Sono le 18, i sanitari pensano subito alla possibilità di utiliz¬ zare i reni del giovane per un trapianto. Per fare ciò, però, occorre il permesso dei parenti, il parere positivo di una commissione medico-legale, il consenso della magistratura. Un meccanismo legale complesso, minuziosamente regolato. « E per di più, valido soltanto sulla carta — dice il dott. Ramello — perché /Inora non era mai stato sperimentato ». Luca N. vive solo, chi l'ha accompagnato all'ospedale dice che è fidanzato. Si cerca la ragazza, è rintracciata nella notte. E' lei che avverte i familiari, residenti in un paesino nei pressi di Barletta. La madre, Giovanna, 44 anni, accompagnata da uno dei nove figli inizia l'angoscioso viaggio fino a Torino. « Intanto — racconta il dott. Ramello — con alcune telefonate si prendono i primo accordi con J'équipe del prof. Malan, si convoca la commissione legale, ci si rivolge alla magistratura ». Altri medici esaminano il sangue di Luca N., si cerca tra i malati il soggetto che meglio si presterà al trapianto. Alle 20 tutti gli ostacoli, per la prima volta, sono superati: il sostituto procuratore dott. Arcidiacono, vagliati i risultati degli esperti, (i proff. Baggiore, neurologo, Giardina, anestesista, Griva, medico legale) autorizza il prelievo. « Naturalmente — aggiunge — se i familiari saranno d'accordo ». Arrivano poco dopo. « Distrutta dal dolore, la madre di Luca non comprende neppure che cosa le chiedono i medici. "Lasciatemi accanto a mio figlio — piange — ho ancora delle speranze. Non voglio che gli facciate nulla" ». Poi, poco alla volta comincia a rendersi conto. Ma rifiuta il consenso. « No, non posso decidere niente. Che cosa diranno al mio paese? Che cosa dirà mio marito? Perché martoriarlo ancora ». Il cappellano dell'ospedale, don Silvio Ughetti, il presidente dell'Associazione donatori di organi, Maschera, i sanitari cercano di persuaderla: « Che almeno la morte di Luca non sia inutile, che serva a qualcuno che soffre giorno dopo giorno ». Lentamente il buon senso prevale su dubbi e pregiudizi, alle 23, malgrado il parere contrario di qualche paesano, la donna consente la « donazione ». Nella notte il prof. Vegeto, della clinica chirurgica dell'Università di Milano compie l'intervento, coadiuvato dal collega torinese Fulvio Ghilardi. All'alba i reni vengono portati in ambulanza a Milano per il trapianto. Al Policlinico sono già pronti i due riceventi. Uno, 32 anni, sposato con un figlio, è operaio alla Fiat. Da 14 mesi è assistito dal reparto dialisi del Nuovo Martini, due volte alla settimana deve farsi « lavare » il sangue. Da tempo è in lista d'attesa per il trapianto. « Una vtta d'inferno — dice la moglie — un'attesa angosciosa dell'intervento, da un momento all'altro. Un'ansia che aumenta con il passare dei giorni, mescolata a speranze e timori. Mercoledì, poco dopo la mezzanotte ci è arrivata la tanto sospirata telefonata ». All'altro capo dell'apparecchio il dott. Ramello annuncia: « Venga subito, abbiamo trovato il donatore ». L'operaio è sottoposto ad uno speciale trattamento preoperatorio: poi, accompagnato dal parenti va a Milano in auto. L'intervento è riuscito perfettamente, le sue condizioni sono ottime. « Questo primo riuscito tentativo — dice il commissario del Nuovo Martini aw. Dezani — ci autorizza a sperare che presto si potranno fare trapianti anche nella nostra Regione. Con la collaborazione di tutti, familiari, magistratura, medici, associazione donatori organi, come in questo primo caso ». Confermano i chirurghi: « L'operazione di trapianto presuppone quella precedente di espianto. Soltanto quando l'organizzazione per fornire gli organi sarà efficiente si potranno fare i trapianti anche a Torino. Speriamo che questo passo sia d'esempio per aggirare tutte le difficoltà pratiche, legali, e la diffi¬ denza del pubblico per le donazioni di organi. Gli ostacoli tecnici sono quasi tutti superati, non mancano certo chirurghi preparati ».