Scopo dei fascisti era un colpo di Stato militare di Clemente Granata

Scopo dei fascisti era un colpo di Stato militare Dalle trame dell'estrema destra emergono gravissime responsabilità Scopo dei fascisti era un colpo di Stato militare Tra i documenti sequestrati c'è il programma per una "repubblica presidenziale" - Le azioni criminose dei fascisti (attentati, stragi) avrebbero dovuto portare alla "soluzione forte" -1 personaggi finora arrestati sono degli esecutori: chi c'è dietro di loro? (Dal nostro inviato speciale) | Brescia, 1 giugno. Lungo il filo diretto Bitscia-Rieti si sviluppa l'inchiesta parallela sul sangue di piazza della Loggia, sulle bombe e sul tritolo nero e sulla sparatoria al campo paramilitare abruzzese. Si percorrono a ritroso le tappe di un disegno criminale, che, attraverso attentati e morte, doveva portare al rovesciamento delle istituzioni. Sotto l'etichetta di una non meglio precisata « Repubblica presidenziale », che figura nei farneticanti programmi indicati in codice con la denominazione «Stella del Mar», — programmi elaborati dal milanese Carlo Fumagalli, teorico e stratega dei gruppettari disperati e disposti a tutto — si nascondevano gravissimi propositi eversivi. Il « capitano » Giovanni Esposti, caduto sotto il fuoco delle forze dell'ordine al piano del Rascino, il suo camerata Alessandro D'Intino di « Avanguardia nazionale », Alessandro Danieletti, Vivirito, sospetto «corriere del tritolo fatale di piazza della Loggia », i cinque giovani di Brescia e i tre sanbabilini fermati ieri sera dai carabinieri di Milano, pur con diversi ruoli e responsilità, dovrebbero essere le pedine di un gioco gigantesco, al quale sono ricollegati gli ultimi travagliati periodi della nostra storia. Si tratta di risalire ai mandanti e ai finanziatori, perché solo così si può sperare di sradicare alla radice il cancro che da troppo tempo erode il Paese. In tal senso si muovono le indagini di queste ultime frenetiche ore a Brescia, a Milano, a Rieti. Si dovrebbe essere sul punto di individuare le trame dell'oscuro disegno. Le perquisizioni, i rastrellamenti si susseguono. E si fanno scoperte interessanti. La cronaca della giornata, a parte la temporanea permanenza nella caserma dei carabinieri di Brescia dell'avv. Adamo Degli Occhi, esponente milanese della «maggioranza silenziosa», che rappresenta il fatto più clamoroso, registra una serie di perlustrazioni compiute dai militi in Valtellina ed al Passo dell'Aprica con scoperte, si dice, molto interessanti. La Valtellina, e il Passo dell'Aprica in particolare, sono « zone di caccia » di Carlo Fumagalli, il quale lega attorno a sé una parte dei comprimari e dei gregari di questa turbinosa storia. In un casolare ed in una baita nei pressi di Trivigno e di Tirano sarebbe venuto alla luce materiale molto importante e anchs un malloppo di 380-400 milioni. La notizia non è stata confermata dagli inquirenti, ma è chiaro che se risultasse esatta sarebbe stata individuata una delle fonti di finanziamento dei gruppi eversivi. Ed oltre a denaro — si dice sempre — sono state rinvenute mappe, carte topografiche, documenti, che gli inquirenti vagliano attentamente. « Sinora — dice il capitano Delfino, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Brescia — ne abbiamo esaminato il cinquanta per cento ». Dunque, ne rimane una parte sostanziosa, che potrebbe svelare altri elementi di una certa importanza. Tra i documenti c'è anche una specie di manifesto ideologico del Fumagalli. Sembra che egli sottolinei il proposito di realizzare, appunto, una repubblica « presidenzia¬ le » ed affermi che le azioni eversive dei gruppi fascisti e parafascisti dovrebbero costituire il presupposto per la realizzazione di questo disegno. In sostanza, sembra che dica Fumagalli, gettato il Paese nello scompiglio, si dovrebbero aprire le porte a soluzioni governative più drastiche. Sono affermazioni che comunque nulla tolgono alla corresponsabilità del Fumagalli, anzi l'aggravano perché si delinea sempre più la sua figura di ispiratore. Il commerciante valtellinese, in carcere per associazione a delinquere e detenzione abusiva di armi da guerra (sono solo un collezionista, ama ripetere), starebbe per vedersi ora piovere sul capo un nuovo mandato di cattura con un'imputazione più precisa e qualificante. Qualcuno degli inquirenti parla di « eversione nei confronti dello Stato », ma il reato non figura nella nomenclatura tecnico-giuridica del codice penale. Forse potrebbe trattarsi di associazione sovversiva e, si afferma sempre, anche la posizione di Mauro Colli, suo braccio destro finito in carcere nel maggio scorso dopo l'operazione dei carabinieri nell'officina milanese di via Folli, sarebbe diventata ancora più compromessa. Da questi due nomi, da Kim Borromeo, dal D'Intino e dal Danieletti (questi ultimi a Rieti, dove sono stati interrogati dai magistrati bresciani Arcai, Trovato e Lisciotto) potrebbero uscire gli elementi concreti che dimostrano come, attraverso una serie di attentati e di torbide azioni, si sia arrivati al sangue di piazza della Loggia. D'Intino dovrebbe essere il punto di collegamento principale, assieme a Vivirito, con il quale si sarebbe incontrato alla stazione di Milano. Si è parlato di attentati, di torbide azioni. Dall'attacco alla sede del partito socialista di Brescia nel febbraio del¬ l'anno scorso, alle aggressioni a studenti, alle scoperte di esplosivi, armi e misteriose « Land Rover », intestate queste ultime allo stesso nome (il Sirtori), al giovane Ferrari che salta per aria con la moto carica di tritolo, si assiste ai frammenti di ima recita drammatica e tragica, che ha avuto probabilmente il suo sussulto violento e finale in piazza della Loggia. Episodi all'apparenza staccati, ma uniti in profondità da sottili trame, e ricollegantesi alla stessa matrice. Lo sfondo operativo è quello del gruppo extraparlamentare di destra « Ordine nuovo ». Sciolto d'autorità il 23 novembre dello scorso anno, si è ricostituito sotto altra forma e denominazione: « Ordine nero », con relativo organo di stampa ideologico « Anno zero », che ha portato la firma di quel Francia molto conosciuto, specie alla squadra politica di Torino. « Ordine nero » raggruppa tutte le frange dell'estremismo più violento e sanguinario. Elabora programmi, dispone di mezzi ed è anche manovrato da qualcuno che sta più in alto nell'ombra. Il modello è quello dell'Oas, lo scopo seminare la morte per costringere i militari ad intervenire, il motto « audere semper ». <( Ordine nero » ha diramazioni ovunque, ma trova un terreno abbastanza fertile a Brescia, per due motivi. Uno riconduce alla Repubblica di Salò, l'altro è d'ordine strategico. Brescia è un crocevia obbligato per l'Emilia, il Veneto, la Lombardia. Ed in questa neonata formazione terroristica confluiscono anche frange di « Avanguardia nazionale », bresciana e milanese, gruppetti sanbabilini, il Mar e le Sam di Fumagalli. E Fumagalli è collegato con persone che vivono in Svizzera e ci sono, a quanto pare, diramazioni anche in Germania. Clemente Granata