Un cacciatore è condannato a 14 mesi Sparò al camoscio e uccise l'assessore
Un cacciatore è condannato a 14 mesi Sparò al camoscio e uccise l'assessore Un cacciatore è condannato a 14 mesi Sparò al camoscio e uccise l'assessore Il processo ad Aosta ■ La vittima aveva 34 anni - Al fratello dell'imputato inflitti 20 giorni per omissione di soccorso - La disgrazia all'alba del 10 settembre del '72 in vai di Rhèmes (Dal nostro inviato speciale) Aosta, 29 maggio. Un cacciatore, Valtero Domenichelli, è stato condannato questa sera dal tribunale di Aosta a un anno e due mesi di reclusione per avere ucciso, scambiandolo per un ca¬ moscio, il geometra Roberto Rollandoz, assessore regionale I giudici hanno ritenuto l'imputato responsabile anche di omissione di soccorso. Suo fratello, Nello Domenichelli, ha avuto venti giorni di reclusione per omissione di soc- corso e dieci giorni d'arresto per porto abusivo d'arma. In apertura d'udienza il presidente Corderò ha rievocato la tragica vicenda. La mattina del 10 settembre 1972, giorno d'apertura della caccia, l'assessore ai Lavori Pubblici della Regione, geometra Roberto Rollandoz, di 34 anni, si trovava in vai di Rhèmes, in località Chaud de la Chodane, alla posta del camoscio. A poca distanza stava un suo amico, il geometra Arturo Marchetti. Erano le 6,45, ora legale, e la visibilità era assai scarsa. D'un tratto, a pochi secondi l'uno dall'altro, si udirono due spari. Il geometra Marchetti si diresse di corsa verse il punto dove era appostato l'amico e lo trovò a terra, col petto squarciato da una pallottola. «Sto morendo — disse Rollandoz — cerca di fare qualcosa». Marchetti si precipitò a valle, svegliò un albergatore e telefonò ad Aosta. Un elicottero atterrò a poca distanza dal luogo della disgrazie e trasportò Rollandoz all'ospedale. Ma la ferita era troppo grave e l'assessore morì dopo poche ore. I sospetti si addensarono subito sui fratelli Valtero e Nello Domenichelli, rispettivamente di 43 e 32 anni, nati a Massa Carrara, ma da tempo residenti ad Aosta. I due, soprattutto con il loro comportamento, avvalorarono le accuse. La lunga istruttoria si concluse con il rinvio a giudizio di Valtero Domenichelli per omicidio colposo, per omissione di soccorso e per frode processuale, avendo ripulito l'arma subito dopo la disgrazia allo scopo appunto di confondere le indagini. Nello Domenichelli fu invece imputato soltanto di omissione di soc corso e di porto d'arma senza la prescritta licenza. Il permesso di caccia, infatti, l'aveva soltanto il fratello maggiore. Ma l'arma, un fucile «Sako» calibro 243 di fabbricazione svedese, fu portato anche da Nello, sia pure per breve tempo. I due erano difesi dagli avvocati Angelo Simonetti e Giorgio Oberto. La vedova Rollandoz, Maria Elge David, si era costituita parte civile con il patrocinio degli avvocati Malagutti e Chanoux. II presidente Corderò, nelle prime battute dell'interrogatorio, ricorda che Valtero Domenichelli non è nuovo alle aule giudiziarie. Ha anche un precedente per furto, e proprio ai danni d'un altro assessore regionale. L'imputato tenta di giustificarsi dicendo: «Il giorno prima, in quella stessa località, avevo notato e seguito a lungo un camoscio. Io sono un cacciatore e so che quando le notti sono buie, senza luna, i camosci non si spostano. Quel mattino, dunque, tornai in vai di Rhèmes e puntai il fucile verso la zona dove, poche ore avanti, avevo avvistato l'animale. Quando scorsi una massa scura non ebbi dubbi che si trattasse del camoscio e sparai. Sparai istintivamente, pochi secondi dopo avere udito un altro sparo». Presidente: «Bisognerebbe proprio abolire la caccia. Come si può sparare istintivamente a qualcosa che si muo- ve, senza nemmeno guardare a chi si spara? ». Il dottor Corderò sottolinea che, invece di prestare soccorso al ferito, Valtero e Nello Domenichelli si preoccuparono soprattutto di allontanarsi dal luogo della disgrazia. Furono scoperti perché una turista e un albergatore notarono la loro auto che scendeva precipitosamente verso Aosta e, insospettiti, ne rilevarono il numero di targa. Durante il tragitto non mancarono di ripulire e di oliare l'arma per confondere eventuali indagini. In udienza, Nello ha dichiarato di avere compiuto tale operazione «istintivamente». I! p.m. dottor Calabro, in base alle risultanze istruttorie, ha ritenuto responsabile anche di tale reato il fratello maggiore. Il tribunale, comunque, da quest'ultima imputazione l'ha assolto. Infine, per crearsi un alibi, sia pure rozzo e maldestro, i due Domenichelli scesero ad Aosta, cambiarono fucile e munizioni e tornarono in montagna. Non in vai di Rhèmes, ma in vai Savaranche. Gino Apostolo Aosta. I fratelli Valtero e Nello Domenichelli
Luoghi citati: Aosta, Chaud De La Chodane, Massa
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