Ma avremo davvero una frenata dolce? di Mario Deaglio

Ma avremo davvero una frenata dolce? Il governo e la crisi economica Ma avremo davvero una frenata dolce? Sulla crisi dell'economia italiana e le misure del governo abbiamo pubblicato domenica 26 maggio, a pagina 19, un articolo di Mario Deaglio. Nel dibattito interviene oggi Giorgio La Malfa. Si decidono in questi giorni le prospettive dell'economia italiana nei prossimi mesi e a più lungo termine. Il nodo è, come tante volle in passato, quello della politica monetaria, dei suoi meriti e dei suoi pericoli. La stessa discussione si è svolta nel 1964, si è ripetuta nel 1969-70 ed è in pieno sviluppo in queste settimane, resa particolarmente attuale dagli incontri fra governo e sindacati e dalla vicinanza della relazione annuale del governatole della Banca d'Italia. Vi è una sola differenza rispetto alle precedenti occasioni; ed e che il giudizio sulla gravità della situazione economica è condiviso praticamente da tutti, dal governo e dai sindacati, dal mondo industriale e dalle forze politiche. I problemi dell'inflazione, che marcia al 20 per cento per anno e quelli della bilancia dei pagamenti che. continuando così, toccherà qaest'anno un deficit di 7 mila miliardi, di cui meno della metà sono imputabili al rincaro del petrolio, hanno dimensioni tali da rendere chiara la necessità di misure adeguate. Va dello lullavia che questa consapevolezza è tardiva e che il ritardo rende più costoso il processo di stabilizzazione dell'economia italiana. Non c'era bisogno di aspettare il mese di maggio del 1974 per rendersi conto delle difficoltà interne e internazionali in cui l'economia italiana si sarebbe trovata. Le illusioni di chi sosteneva che il mercato internazionale dei capitali avrebbe finanziato qualsiasi occorrenza italiana; la polemica del pei, dei sindacati e di larga parte delle forze politiche contro ogni tentativo di fissare un limite al deficit della spesa pubblica, considerato rivedibile solo in aumento e assunto come simbolo di progresso sociale; la copertura di ogni inefficienza m .-1jdianle l'estensione del settore1 pubblico; l'illusione che l'inflazione nel nostro Paese non trovasse alimento nelle nostre condizioni interne e che quindi non sarebbe stata più elevata di quella degli altri Paesi industriali; sono tutte responsabilità oggettive che hanno portato al rinvio dei problemi e al loro aggravamento. Nella situazione che si è così determinata, per ora si è intervenuti con misure monetarie assai dure, prima sui tassi dell'interesse, poi in via diretta, sulla quantità di credito e indirettamente attraverso il meccanismo del deposito obbligatorio infruttifero a carico degli importatori di beni di consumo. Nella discussione sul carattere attuale e sugli effetti della politica monetaria, mi permetto di dissentire profondamente da ciò che ha scritto Mario Deaglio su La Stampa di domenica. La politica monetaria in questo momento non ha affatto la natura di una «frenata dolce». E soprattutto non è vero che le restrizioni creditizie «possano favorire l'industria» e ricadere prevalentemente sul settore pubblico, sugli enti locali, sul sistema previdenziale ed ospedaliero costringendoli a un maggior rigore di spesa. E' vero che in questi giorni gli enti pubblici protestano perché le restrizioni incidono su di essi. Ma quando i dipendenti del Comune di Messina o quelli del Comune di Milano (quest'ultimo ha comunicato ai giornali che a giugno non avrà soldi in cassa per pagare gli stipendi) chiederanno quanto loro è dovuto, i casi saranno due: o le banche li accontenteranno e allora il credito, dati i plafonds complessivi, sarà sottratto al settore dilettamente produttivo, o non li accontenteranno, e dovrà intervenire lo Stato, con leggi apposite o anticipazioni straordinarie che sottrarranno a favore del settore pubblico, una quota maggiore dei 22 mila 400 miliardi complessivamente destinati per l'anno in corso al finanziamento dell'economia italiana. La stictta monetaria opera quindi, e sempre più opererà, esclusivamente sul settore direttamente produttivo, colpendo le imprese e i loro dipendenti e annunciando una fase congiunturale negativa. Rispetto al 1964 e al 69-70, la situazione è ancora più grave, perché nel frattempo l'area pubblica e il suo grado di inefficienza sono aumentati, cosi che una stessa dose di restrizione monetaria, applicandosi a una fetta più ristretta del sistema economico, cioè al settore produttivo, si scarica su di essa con durezza maggiore che in passato. Le restrizioni creditizie hanno quindi un segno molto chiaro e nsctul'trsenbstnseturiddpazdagacsdrlrleumplatancaczsbzc8mutocresmslipo:tntcdaclrszapnp1llCmgulrgVcttdtsm e altrettanto preoccupante. Vanno sostituite con misure fiscali che riducano il deficit di tutto il settore pubblico e con l'introduzione immediata di controlli sulla gestione di questo settore che consentano di ridurne i costi e le inefficienze. Non basta certo la richiesta del ministro Colombo che non si possano deliberare «spese aggiuntive senza la contemporanea copertura fiscale». Il problema non riguarda l'espansione del deficit del settore pubblico ma le sue dimensioni attuali. E' chiaro, come altre volte in passalo, il ragionamento delle autorità monetarie: se la politi¬ ca complessiva del governo non è in grado di evitare il sorgere di squilibri per l'economia italiana, la politica monetaria, a costo di sacrifici, anche duri, deve proteggere le ragioni di fondo del nostro sviluppo economico. Il fatto e che a mano a mano che il tempo passa e che si altera la struttura del nostro sistema economico, le dosi della medicina del dottor Carli hanno effetti collaterali sempre più gravi e effetti diretti sempre più deboli, fino a rendere legittimo il dubbio che le stesse ragioni di fondo del nostro sviluppo stiano per scomparire. Giorgio La Malfa

Persone citate: Carli, Giorgio La Malfa, Mario Deaglio

Luoghi citati: Comune Di Messina, Comune Di Milano