L'assassinio dei Rosselli ed il fascismo in Europa di Ugo Buzzolan

L'assassinio dei Rosselli ed il fascismo in Europa LA CRONACA DELLA TELEVISIONE L'assassinio dei Rosselli ed il fascismo in Europa Cominciamo con L'assassinio dei fratelli Rosselli che si è concluso domenica. E diciamo subito che è stato uno dei migliori sceneggiati comparsi sul video in questi ultimi tempi. Il soggetto era altamente suggestivo ma pericoloso. Troppo facile buttarsi su una biografìa commossa e reverente e darci un ritratto dei due fratelli, Carlo con le sue vicissitudini e le sue avventure (si pensi alla fuga dal confino di Lipari e alle esperienze nella guerra civile di Spagna), e Nello con la sua fermezza di antifascista rimasto in Italia. Qui invece (soggetto di Gian Pietro Calasso, sceneggiatura dello stesso Calasso, di Giovanni Bormioli e di Aldo Rosselli, figlio di Nello) si è compiuto un lavoro limitato nel tempo ma più complesso e approfondito: cioè un quadro dell'epoca e delle circostanze in cui l'infame delitto potè essere organizzato e attuato. Anzitutto, la rievocazione della Francia attorno al 1937. Molti, ancora oggi, la vedono come la roccaforte della democrazia e delle sinistre, il Paese dove aveva trionfato il Fronte Popolare e che era retto dal socialista Blum: porto sicuro e rifugio per gli esuli antifascisti. In realtà — cerne il telefilm precisava e dimostrava — la situazione francese era critica: la vittoria nelle elezioni era stata delle sinistre, ma al governo Blum erano contrari larghi settori della finanza e dell'industria, e i grandi quotidiani che influivano sulla opinione pubblica, e buona parte degli ufficiali superiori; in più, all'Est, premevano la Germania nazista di cui si sapeva la strapotenza bellica e l'Italia fascista che non solo s'era appena ingoiata Albania e Abissinia ma che apertamente con uomini e mezzi sosteneva i falangisti in Spagna; ed ecco il sorgere nella stessa Francia di gruppi di fanatici nazionalisti e parafascisti tra cui si distinguevano i criminali cagoulards del « movimento sociale rivoluzionario » il cui scopo dichiarato era, « per l'onore della Patria », perseguitare e sterminare parlamentari, democratici, comunisti, ebrei e massoni. Ben presto questi cagoulards erano entrati in contatto con il « Sim », il controspionaggio italiano, attraverso un colonnello che risiedeva a Torino. Merito del telefilm è stato appunto quello di avere immediatamente puntato l'obbiettivo su tale ignobile complicità: il fascismo (si dice nella persona di Ciano, che sul video appare semplicemente come « il ministro »: il quale Ciano, con ogni probabilità, agiva per ordine diretto di Mussolini) incaricò i cagoulards di uccidere i Rosselli dietro compenso di un carico di armi e munizioni. Omicidio che com'è noto fu perpetrato in modo atroce — un massacro a pugnalate — nei pressi di Bagnoles in Normandia. Perché abbiamo voluto insistere nella descrizione dei temi storici e politici de L'assassinio"? Ma perché solo così si può sottolineare l'impegno e la serietà di uno sceneggiato che si è proposto (e l'elogio si estende ovviamente alla nervosa e tesa regìa di Silvio Maestranzi) non di celebrare i Rosselli, non di mettere in piedi il « romanzo » dei Rosselli, ma di inserire il delitto nella più ampia vicenda della lotta antifascista che si svolgeva in condizioni difficili e penose, spesso tragiche. Lo scrupolo si è prolungato nella terza ed ultima puntata, che seguiva i cagoulards anche dopo il crimine: un tentativo fallito di conquistare il potere con la violenza, la loro scoperta, l'arresto degli assassini dei Rosselli che poi con l'arrivo dei nazisti furono liberati e diventarono servi della Gestapo, e alcuni vennero eliminati dagli stessi tedeschi e alcuni nel 1948 furono duramente condannati da un tribunale francese... Telefilm ampio, denso, fitto, corale che, al limite, avrebbe potuto persino — e riteniamo con effetto positivo — non portare in primo piano i due fratelli (affidati, per vaghe rassomiglianze, a Renzo Palmer e Pietro Biondi) ma farli vedere sempre di spalle o di lontano, e attraverso le parole e le reazioni di Marion Rosselli, moglie di Carlo (una controllata Scilla Gabel). Tuttavia la parte che chiameremo privata e che poteva scivolare nel retorico e nel patetico è stata trattata con discrezione e rifiuto della teatralità (si veda il riconoscimento degli assassini guardati in faccia da Marion): anche se, ripetiamo, la cosa migliore del telefilm è stata questa cupa e crudele cronaca del duplice omicidio e se era avvertibile un certo salto di qualità ogni volta che dalla cerchia dei cagoulards e dei fascisti si passava alla dimensione umana e ideale dei Rosselli cui si doveva dare un volto e un comportamento. I difetti non sono mancati: qua e là uno spezzettamento della sceneggiatura; la recitazione non sempre incisiva e omogenea; l'ambiente dei fuorusciti a Parigi restituito piuttosto debolmente; una dannosa sbrigatività in chiusura che ha ridotto a poche battute gli echi dell'affare Rosselli nell'Italia del dopoguerra (non si è nemmeno detto se i complici italiani siano stati individuati e colpiti o se tutto sia finito in niente). Detto questo, ribadiamo il nostro giudizio favorevole: a paragone dei normali sceneggiati televisivi (e a petto di talune spettacolari ricostruzioni cinematografiche) L'assassinio dei fratelli Rosselli è un gran pezzo da ricordare. Ugo Buzzolan