Ashkenazij, l'istintivo

Ashkenazij, l'istintivo LA STAGIONE DEI CONCERTI Ashkenazij, l'istintivo | Il pianista al Regio per l'Unione Musicale.- Al Piccolo Regio, \ una riscoperta: le musiche cameristiche torinesi dell'Ottocento ì Con un programma di dimensioni imponenti, Vladimir Ashkenazij ha suonato ài Regio per l'Unione Musicale: due Sonate di Beethoven, la terza dell'op. 2 e Top. 109, è quattro opere di Chopin, la Fantasia, l'Improvviso in fa diesis maggiore, la quarta Ballata e lo Scherzo in mi maggiore; a parte la prima Sonata heethoveniana, una scelta di musiche eccelse, per la quale soltanto è già doveroso essere grati al pianista russo. • In possesso di grandi doti tecniche, Ashkenazij è temperamento più istintivo che riflessivo: unisce attimi- di èrande intensità interpretativa con altri di distratta indifferenza, usa spesso in modo incantevole sonorità tenere, di un candore quasi infantile, per passare a viruiente articolazioni sonore quando la scrittura diventa più spessa e la tecnica più impegnativa. Bellissimo l'inizio della quarta Ballata, che pareva affiorare da nebbiose lontananze; ma piuttosto monotona l'energia esibita hella Fantasia op. 49, dove la poesia dei trapass; e delle mezze tinte è tutto. Molto fcalorose le accoglienze. ; ★ ★ < Il Centro Studi Piemontesi ha promosso presso il Piccolo Regio un concerto di piusiche cameristiche torinesi dell'Ottocento; la manifestazione è stata ordinata e presentata da Sergio Martinotti, autore del volume Ottocento strumentale italiano '(Bologna 1972), il lavoro più Àmpio e documentato sull'argomento, oggi al .centro di rinnovati interessi. Si tratta di considerare puei maestri (i « carbonari », come suggestivamente li chiama il Martinotti) che nella straripante fioritura del melodramma italiano ottocentesco tennero viva da noi la fiammella della musica strumentale. Interesse strumentale voleva dire aperture europee: l'oratore ha diviso in tre momenti l'assorbimento italiano del romanticismo musicale tedesco, prima Beethoven, poi Mendelssohn e infine il binomio Liszt-Wagner, è insistendo sulla funzione della Francia come tramite della cultura tedesca per noi. Il bilancio di questa prima scelta, limitata a Torino, è stato positivo e ricco di gradite sorprese; giacché se si poteva supporre un ferrato mestiere in Felice Radicati, avendo egli conosciuto personalmente Beethoven (dal quale, in verità, fu un poco strapazzato), il suo THo concertante per archi op. 20 fa mostra di una sorprendente vena umoristica. InsospettaDile poi lo spirito, il sansgène e la piacevole mescolanza di strùmentalità e melodramma presentati da Antonio Marchisio, che contatti internazionali ne aveva avuti pochi, ma che molto si adoperò per la cultura torinese con i suoi concerti domestici (dal 1854, al secondo piano di piazza Vittorio 11) e fu'' il capostipite di strumentisti e cantanti attivi da noi per tutto il seco¬ lo. Si è fatto conoscere con due movimenti del Gran Trio op. 1 per violino, violoncello e pianoforte, uno dei quali inalbera il titolo La Piemontese e mostra una costante di questa produzione, il tono popolaresco. Di un altro' Marchisio, Giuseppe Enrico, fratello del precedente, si è intesa una pomposa Réverie per pianoforte; e il programma si è completato con una Mazurka di Carlo Rossaro (il sottotitolo, Meditazioni wagneriane, è rivelatore) e con il Salterello op. 25 n. 4 per violino e pianoforte di Leone Sinigaglia, scritto vicino a Dvorak e adeguatamente intinto di umori zigani. Per tutte le esecuzioni bisogna essere grati ai valorosi strumentisti del Circolo Cameristico Piemontese, Roberto Cognazzo, Raimondo Matacena, Valerio Dallari e Mario Cavagnoli. g. p.

Luoghi citati: Bologna, Francia, Torino