Per salvare Bukovski di Ennio Caretto

Per salvare Bukovski STA MORENDO IN UN "LAGER,, SOVIETICO Per salvare Bukovski Disperato appello della madre - L'irriducibile oppositore è in manicomio o in carcere da undici anni: la fame e la mancanza di cure mediche lo stanno distruggendo Londra, maggio. « Mio figlio è prossimo alla morte. E' gravemente ammalato ed è ridotto al completo esaurimento fisico... per tre mesi, dall'inizio di febbraio lo hanno tenuto in cella di rigore, perché incapace di lavorare... gli hanno dato pane, acqua e cibo caldo, quasi senza calorie, un giorno sì e uno no... lo hanno tolto dalla cella l'i maggio, ma senza ricoverarlo in infermeria... le medicine per il fegato da me inviategli, e che al campo di lavoro forzato mancano, mi sono giunte indietro... vi prego, visitatelo, aiutatelo, curatelo ». Questo angoscioso appello è stato rivolto il giorno 18 alla Croce Rossa Internazionale dalla madre di Vladimir Bukovski, che amici russi hanno raggiunto al telefono da una città occidentale. Bukovski ha 32 anni, da undici langue praticamente nei manicomi criminali, nelle prigioni a regime duro e nei campi di lavoro forzato sovietici. In base all'ultima condanna, se sopravvivrà, vi languirà ancora cinque anni, e ne passerà altri cinque al confino in Siberia. Ma la sua giovinezza è ormai priva di forze: è afflitto da una forma di epatite, da disfunzioni cardiache, da disturbi reumatici; è scheletrito e stanco. Negli ultimi anni, il Crem¬ lino ha modificato la sua strategia contro il dissenso, e lo ha dimostrato in modo clamoroso il caso Solzenieyn. Esso « non viene punito più con la tomba », come ha detto il poeta Evtushenko, ma con l'esilio. So lo i personaggi marginali, che non godono di quella strana ssmimmunità della fama a cui Breznev è cosi sensibile nella sua opera di distensione con l'Occidente, conoscono ancora il carcere o l'« Arcipelago Gulag » per qualche tempo. Tuttavia la nuova strategia ha le sue eccezioni, e quella di Bukovski è la più clamorosa. Vladimir Bukovski è l'ultimo dei dissidenti dell'età krusceviana, e forse il più forte. E' perseguitato da quando aveva 21 anni. Qualcosa ha fatto sì che il regime lo consideri il suo ne| mico e il suo prigioniero personale. Se arriverà ai 42-43 anni, avrà trascorso la maggior parte della sua vita senza libertà. V'è già stato un esempio di nemico e prigioniero fatto morire nell'« Arcipelago Gulag », il giovane Galanskov. Un altro potrebbe esserci tra breve: il vecchio generale Grigorenko, sofferente di cuore, incarcerato dal 1969. La vicenda di Bukovski ha un amaro sapore orwelliano. E' incominciata col disgelo di Kruscev, nel '60-'61, quando l'Università di Mosca ribolliva di revisionismo, e Evtushenko declamava i suoi versi d'amore per « La ragazza ebrea » in piazza Maiakovski. Vladimir Bukovski, neppure ventenne, frequentava la facoltà di Biofisica, e scriveva su Feniks, la prima delle riviste clandestine di contestazione. I suoi amici erano tutti ribelli e si chiamavano Siniavski, Daniel, Ginsburg, Galanskov. Fiorivano le illusorie speranze. La realtà si abbatté su Bukovski con l'espulsione dall'università e l'internamento poi (maggio del '63) nell'ospedale psichiatrico delle carceri di Leningrado. Quando tornò libero, nel febbraio del '65, Kruscev era ormai stato destituito, Breznev opponeva al dissenso il pugno di ferro, non più il guanto di velluto. Quell'anno, Siniavski e Daniel erano in attesa di processo, e Bukovski organizzò la prima pubblica dimostrazione di protesta in piazza Puskin, il 5 dicembre, anniversario della Costituzione. Lo rimandarono in manicomio per sei mesi. Restituito nuovamente alla vita civile, il giovane dissidente non si arrese. Ginsburg e Galanskov erano stati arrestati, e nel gennaio del '67 egli indisse un'altra dimostrazione, sempre in piazza Puskin. Lo fermarono, e lo processarono prima degli amici, infliggendogli una condanna al carcere di tre anni. Bukovski non si dette per vinto. In prigione, imparò da solo l'inglese, e raccolse prove contro le diagnosi psichiatriche con cui il regime neutralizzava i suoi nemici. Quando lo liberarono, filmò un'intervista col giornalista della televisione americana « Bill» Cole, e inviò il suo memoriale in Occidente. Forse, l'accanimento del Cremlino contro Bukovski ha qui la sua spiegazione. Prima ancora di Solzenicyn, egli denunciò all'opinione pubblica mondiale gli orrori del sistema repressivo sovietico. Il numero di Survey della primavera del '72 ha rievocato le sue accuse: «Vengono somministrati medicinali che trasformano persone intelligenti in "ve¬ getali umani ". I " malati " sono avvolti in rotoli di tela bagnata che, asciugandosi, si restringono su di loro». E' noto anche che, prima dell'esame dell'apposita commissione di Stato, si praticano ai prigionieri iniezioni che ne alterano l'equilibrio nervoso. L'ultimo processo di Vladimir Bukovski s'è svolto il 5 gennaio del '72 a Mosca. Egli è stato condannato a 2 anni di prigione a regime duro, 5 di lavori forzati, 5 di confino in Siberia. Ha scontato la prima parte della pena nelle famigerate carceri zariste di Vladimir, e si trova ora nel campo VS 389/35 di Ciukovski, nella regione di Perm. Il direttore, certo Pimenov, gli ha tolto tutti i « privilegi » concessi agli altri detenuti, comprese le visite della madre. Invano gli intellettuali più noti, russi e stranieri, da Sakharov a Boell, da Litvinov a Pinter, hanno tentato di intercedere. La madre, Nina Ivanovna, ha intensificato negli ultimi mesi la sua disperata battaglia per la salvezza del figlio. Ha scritto a « Aitinesty International », a Breznev e a Podgorny, s'è rivolta anche al senatore Kennedy durante la sua visita nell'Urss ad aprile. « La sua vita è appesa ad un filo sottile» ha detto « la sua dieta è da morte per fame... la mìa preghiera del cuore è che lo ricoverino in una clinica ». Ha raccontato che Bukovski fu accolto al campo di Ciukovski con questo saluto: « Voi prigionieri politici siete peggio dei cani ». E' diffìcile cambiare un Paese, una politica, una tradizione, quando vi si frammischiano elementi storici e irrazionali, estranei al nostro mondo e alle nostre categorie. Il sistema russo non è mai stato solo zarismo, o stalinismo. Ma in che contesto si può parlare di libera circolazione e scambio di uomini e di idee, come è successo per mesi nelle grandi conferenze sulla sicurezza e la collaborazione in Europa, quando sussistono ancora reati d'opinione, e vengono puniti con tanto rigore? Ennio Caretto

Luoghi citati: Europa, Leningrado, Londra, Mosca, Siberia, Urss