A Beirut parole di vendetta accanto alle speranze di pace di Igor Man

A Beirut parole di vendetta accanto alle speranze di pace A Beirut parole di vendetta accanto alle speranze di pace (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 18 maggio. « La nostra vendetta sarà terribile, gli israeliani sconteranno in maniera tremenda gli attacchi aerei di giovedì», così ha detto con voce sorda, fra le rovine del campo profughi di Nabatieh, Faruk Kaddoumi (Aboul Loft), direttore degli Affari politici dell'Olp, membro del Comitato centrale dell'organizzazione per la liberazione della Palestina. Oggi tutto il movimento palestinese adopera un linguaggio violento, lo stesso Arafath parla della necessità di intensificare la lotta armata, « complemento indispensabile all'azione politica ». Una pagina nuova, commentano i giornali, si è aperta, la resistenza torna alle origini, ricordando ai Paesi arabi, nessuno escluso, come il problema palestinese sia fondamentale; il recupero dei territori occupati da Israele nel 1967 e nel 1973 diviene pertanto secondario. « Il sangue delle vittime innocenti non sarà corso invano — ha detto ancora Aboul Loft —, siamo più decisi che mai a combattere fino in fondo. Poiché gl'israeliani considerano i campi dei rifugiati alla stregua di obiettivi militari, noi ci sentiamo in diritto di considerare i kibbutzim, gli agglomerati urbani in territorio occupato come altrettanti obiettivi militari ». Poi Kaddoumi, che aveva al suo fianco il portavoce del Fdplp, Asser Abd Rabbo, ha detto scandendo le parole: « L'obiettivo principale della resistenza è uno solo, quello di sempre: la creazione di uno Stato democratico nell'intera Palestina ». Questa frase starebbe a significare come, dopo la riunione di vertice tenuta ieri in casa di Arafath, la resistenza abbia scartato ogni possibilità di « soluzione mediana » quale la creazione di un miniStato in Cisgiordania. Abbiamo chiesto ad Aboul Loft di confermarci se la politica del movimento palestinese fosse appunto quella di sabotare la missione Kissinger « con ogni mezzo ». Ha risposto: « Kissinger e Israele sono due facce di una medesima politica. Il primo, con gli strumenti diplomatici, il secondo con l'uso delle armi, perseguono l'identico scopo: annientare la nostra esistenza politica. E' per questo che abbiamo deciso di accentuare la lotta, sul piano politico e sul piano armato ». A Beirut circola intorno un'aria strana, tormentosa: la gente ha i nervi a pezzi per i continui allarmi aerei, per i « bangs » dei jets israeliani che sorvolano il Libano ad alta e bassa quota. I giornali, che di solito commentano gli avvenimenti con un certo distacco, contribuiscono ad accendere gli animi coi loro scritti parossistici. « Nozze di sangue tra il popolo libanese e la resistenza palestinese »; « il testamento spirituale degli eroi ». I tre fedayn di Maalot, rivelano i giornali, sei giorni prima di partire per la loro azione senza ritorno, indirizzarono tre lettere ad altrettanti capi di Stato: Boumedienne, Sadat e l'irakeno Al Bakr: « Siamo decisi a far uscire dalla galera israeliana i nostri compagni. Se non riusciremo ad obbligare il nemico a liberarli, moriremo per il popolo palestinese ». In tutto questo mare di odio e di sangue, la navicella di Kissinger continua a navigare ostinata. Il segretario di Stato, dopo tre ore di colloquio, a Damasco, col presi¬ dente Assad, è ripartito stasera per Israele. Secondo l'agenzia ufficiale siriana Sana, « certi progressi » sono stati realizzati, sicché Kissinger tornerebbe lunedì in Siria per proseguire la trattativa. Per la prima volta, dopo tre settimane di spola, Kissinger ha smesso di fare da intermediario per assumere il ruolo cU « arbitro ». Egli avrebbe proposto ad Israele e alla Siria « soluzioni ragionevoli », tenendo conto degli « interessi legittimi dei due Paesi». Non è improbabile, si dice a Beirut, che il segretario di Stato possa annunciare nelle prossime 48 ore che un accordo, ancorché di principio, è stato raggiunto. Un accordo perfettibile in una seconda fase, a Ginevra o in Medio Oriente. In linea di massima, sia la Siria che Israele avrebbero accettato le « idee » prospettate dal segretario di Stato. Igor Man