L'ora amara del risveglio di Nicola Adelfi

L'ora amara del risveglio VOI E NOI L'ora amara del risveglio L'avvocato Mario Cappa, 90 anni, con studi legali a Casale M., Milano e Torino, viticultore e produttore di buoni vini, trova anche il tempo di scrivermi lettere di una chiarezza che gli invidio. Al pari di me, egli ha una natura ottimista: e sebbene veda con lucidità i molti mali che ci travagliano, non per questo rinuncia al convincimento che il nostro popolo sia fatto di buona pasta. A suo giudizio, all'origine dei nostri guai c'è la gara tra i partiti e i sindacati nel prodigarsi in promesse illusorie al fine di cattivarsi il favore popolare o di singole categorie. Una delle conseguenze è che si affievolisce il senso del dovere e viceversa ciascuno viene eccitato a reclamare maggiori diritti, soprattutto meno lavoro e più denaro. In questo clima di fiacchezza politica e di arroganze corporative, i più prepotenti o astuti finiscono prima o poi con lo strappare privilegi molto cospicui e poco giustificabili. Gli altri naturalmente non vogliono essere da meno — « perché a loro sì, e a noi no? » —, e così tutti si affannano ad attingere disordinatamente quanta più acqua gli riesce da un pozzo che non è quello di san Patrizio. Ovviamente poca è l'acqua che avanza per le categorie e le zone deboli, per aumentare gli investimenti produttivi e fare le riforme sociali, anche le più urgenti. Eppure, mi scrive l'avvocato Cappa, egli non dispera: « Attraverso i frequenti contatti con cittadini di ogni ceto, compresi operai e contadini » egli constata che, a causa della crisi economica, la gente comincia a rendersi conto che pretendere sempre più e dare sempre meno è una strada che porta diritto alla catastrofe. In altre parole, la crisi economica è come una doccia fredda e probabilmente farà tornare alla ragione chi troppo ha libato il vino versato dalla demagogia. Adesso, sotto la doccia, l'incauto bevitore rabbrividisce, scuote la testa confusa, non ha forze per rimettersi subito al lavoro; ma intanto i fumi del vino vanno dissolvendosi dal suo cervello. Speriamo dunque che ancora una volta l'italiano riesca a stupire il mondo con le sue capacità di ripresa. Si può obiettare che occorre una bella dose di coraggio per fare questi discorsi, di questi tempi. Sì, è vero, occorre molto coraggio. Però teniamo a mente che i favori della fortuna non vanno a chi, vinto dalla paura, rinuncia a lottare. E in questo momento. Dio solo sa di quanto coraggio e di quanta fortuna ha bisogno il nostro Paese per tirarsi fuori dalle sue afflizioni, resistendo pur sempre alle suggestioni di chi vorrebbe darci a intendere di possedere bacchette magiche per liberarci da ogni nostro affanno. Risposte ai lettori Anche a me, signor Luigi Chiodi di Savona, è sembrato molto confuso il discorso alla tv dell'on. Almirante mercoledì scorso, durante il dibattito sul referendum. Specialmente su un punto: quando egli ha detto di assumersi la paternità dei 13 milioni di « orfanelli » che avevano votato contro il divorzio. Evidentemente in questo modo il msi diventa un immenso orfanotrofio: tutti bambini, tutti visi tristi, tutti vestiti a lutto. Che malinconia! E che faranno gli orfanelli quando diventeranno adulti? Resteranno anche allora nell'orfanotrofio? Inoltre, a detta sempre dell'on. Almirante, lui farà « la sentinella » ai bimbetti orfani. Ma allora l'orfanotrofio sarà anche un campo di prigionia, un Lager di modello nazista? Come vede, signor Chiodi, io non sono in grado di darle risposte precise. Meglio di me può farlo uno psicoanalista scrutando nelle zone più profonde, più oscure, di un individuo certamente in conflitto con se stesso e, a quel che sento dire, anche con molti amici che considerava fedelissimi. Il flebile lamento uscito dal ministero degli Esteri a commento della strage di ragazzi compiuta nella scuola di Maalot in Israele non è « un comunicato che gronda ipocrisia da ogni sua parola, senza neppure un accenno di condanna contro gli assassini », come sostie¬ ne il signor Lucio Giovannetti di Roma. Secondo me, invece, quel comunicato rispecchia due aspetti costanti della politica estera italiana: la paura ossessiva di irritare i paesi che ci vendono il petrolio e il filoarabismo predominante nei due maggiori partiti, il democristiano e il comunista. Per il signor Giulio Actis di Torino. Il posto dei colonnelli e nelle caserme. Quando escono di lì e si mettono a fare politica, finiscono sempre male. Già lungo è l'elenco dei colonnelli dittatori che, dopo aver combinato solo guai, gli eventi hanno precipitato in una tomba o nella polvere. Per il signor G. Pinti di Nizza Monferrato. Sono già molti i partiti in Italia, e tutti asseriscono di volere esclusivamente il bene del Paese. E allora perché mai dar vita a un nuovo partito di patrioti? Per il signor Mario Vernetti di Torino. Non condivido la sua opinione che delle critiche dei giornalisti gli uomini politici «si fanno ricchi baffi, alle spalle dei cittadini». Che sia un'opinione infondata lo dimostra l'uso corrente di bustarelle ai giornalisti da parte degli uomini politici; e lo dimostra altresì il crescente numero di giornali acquistati per conto di partiti o per servire uomini politici. Aggiungo che fino a quando resteranno voci libere, e la ringrazio di giudicare tale la mia, stia certo, signor Vernetti, che molte verità nascoste saranno portate alla luce del sole, provocando travasi di bile anche negli uomini politici più potenti o incalliti. Nicola Adelfi

Persone citate: Almirante, Cappa, Chiodi, Giulio Actis, Lucio Giovannetti, Luigi Chiodi, Mario Cappa, Mario Vernetti, Vernetti

Luoghi citati: Casale M., Israele, Italia, Milano, Nizza Monferrato, Roma, Savona, Torino