Rostropovic l''esule" dà il concerto d'addio di Paolo Garimberti

Rostropovic l''esule" dà il concerto d'addio Tra pochi giorni parte per Londra Rostropovic l''esule" dà il concerto d'addio Davanti a un pubblico commosso ed entusiasta, nel Conservatorio di Mosca - Quindici minuti di applausi - All'uscita, la gente gridava: "Ritorna, ritorna" - Risiederà in Inghilterra per due anni, forse per sempre (Dal nostro corrispondente) Mosca, 11 maggio. Mstislav Rostropovic ha dato l'addio ieri sera al pubblico sovietico, dirigendo un concerto di musiche di Ciajkovskij in un'atmosfera di grande tensione emotiva, che si è sciolta alla fine in una trionfale e commossa manifestazione di solidarietà all'artista da parte degli spettatori e della stessa orchestra. Tra due settimane, Rostropovic — che è stato messo praticamente al bando dalle autorità per i suoi ripetuti interventi in favore della libertà intellettuale e, soprattutto, per l'amicizia manifestata a Solzenicyn — partirà per Londra, dove risiederà per due anni, forse per sempre. La notizia non è stata pubblicata da alcun giornale sovietico, ma tutti, ieri sera, ne erano al corrente, e sembrava che il pubblico e l'artista si fossero dati un tacito appuntamento. Già un'ora prima dell'inizio del concerto si poteva avvertire l'eccezionalità dell'avvenimento. Centinaia di persone sostavano davanti al Conservatorio, ;i<?//'ulitsa Geriscila, alla ricerca di un biglietto da comprare a borsa nera, a qualsiasi prezzo, anche dieci-venti volte superiore a quello di vendita (un rublo e mezzo, poco più di milleduecento lire). Il servizio di polizia, del tutto inconsueto al Conservatorio, era proporzionale alla folla: decine di agenti, autoradio, macchine nere senza segni particolari, ma dalle inequivocabili funzioni. Tra il pubblico, nella sala neoclassica del conservatorio incorniciata dai tondi raffigu- rami i più grandi compositori di tutti i tempi, i giovani erano in maggioranza. Molti stringevano tra le mani modesti mazzi di fiori, due garofani o una peonia avvolti nel cellophane, quelli che i contadini caucasici vendono al « Rynok » a prezzi esorbitanti. Rostropovic aveva scelto, per quello che potrebbe essere il suo ultimo concerto in terra russa, la giovanissima orchestra del Conservatorio di Stato, composta in maggioranza di suoi allievi, e un programma tra i più cari sentimentalmente al popolo russo: frammenti dal balletto «Lo schiaccianoci», variazioni sul tema rococò per violoncello e orchestra in re maggiore, la sesta sinfonia di Ciajkovskij, la celebre « Patetica ». £ aveva preferito dirigere, anziché suonare il noloncello che lo ha collocato tra i « grandi » della musica, per affidare così l'unico brano di vk loncello solista (le variazio' sul tema rococò) ad uno dei suoi scolari prediletti, quell'Ivan Monigetti, che ha ancora il volto paffuto, dalle gote rosso-mela, dei bambini russi. Tutte scelte non casuali, certamente, e dirette a sottolineare ancor più i legami tra l'artista e il mondo musicale sovietico, da un lato, e il suo pubblico, dall'altro. L'apparizione di Rostropovic sul podio scatenava una tempesta d'applausi, di grida. E forse l'artista, nei pochi, ma insolitamente lunghi secondi in cui ha cercato la concentrazione, ha rimeditato la scelta fatta — lasciare la sua terra con tutta la famiglia — e gli avvenimenti che l'avevano provocata. La diatriba tra Rostropovic e le autorità culturali sovietiche era cominciata poco più di tre anni fa, nell'autunno del 1970, subito dopo l'attribuzione del premio Nobel per la letteratura ad Aleksandr Solzenicyn. Lo scrittore, già bandito dall'Unione degli scrittori un anno prima, era stato investito da una valanga di attacchi insolenti da parte della stampa di Stato sovietica e aveva trovato nella villa di campagna del violoncellista amico, nell'immediata periferia di Mosca, un rifugio materiale e spirituale. Ma, un mese dopo, il 12 novembre, Rostropovic era andato oltre, spingendo la sua solidarietà fino a prendere le difese di Solzenicyn in una lettera aperta, inviata ai quattro principali giornali politico-letterari dell'Unione Sovietica e mai pubblicata. « E' possibile — aveva scritto il violoncellista — che il tempo e l'esperienza non ci abbiano ancora insegnato a condannare con prudenza e attenzione le persone di talento? A non parlare a nome di tutto il popolo? A non obbligare la gente ad esprimersi in merito ad opere che semplicemente non ha mai letto o ascoltato? ». E aveva citato gli esempi di Prokofev e Shostakovic: « La loro musica, prima di giungere alla fama attuale, era stata definita nel 1948 " organicamente estranea al popolo ": c'è da vergognarsi a leggere ora queste condanne del passato ». La risposta delle autorità fu pesante. A Rostropovic venne sospeso il passaporto per sei mesi, e dovette annullare tutta una serie di concerti all'estero già concordata. Egli aggravò ancora la sua posizione firmando un appello per l'amnistia a lutti i detenuti politici e per l'abolizione della pena di morte. Gli fu ridato il permesso di recarsi all'estero, ma venne decretato l'ostracismo alla sua attività in patria: le maggiori sale da concerto del Paese gli furono chiuse e fu quasi costretto ad accettare una « tournée » in provincia. La situazione precipitò all'inizio di quest'anno: dopo la espulsione di Solzenicyn, il violoncellista divenne un « sorvegliato speciale » e gli fu negato il permesso di partecipare ad un documentario della « Bbc » su Shostakovic, del quale egli era stato allievo. « Mi trattano come un appestato », si sfogò con il corrispondente della radio britannica da Mosca. Maturò allora nel professor Rostropovic, « artista del popolo dell'Urss », laureato con il « premio Lenin », la decisione dì andare a vivere all'estero per due anni, in attesa che si decanti la situazione nel suo Paese, e l'autorizzazione gli venne concessa dopo una lunga trattativa, culminata — si dice — in un incontro tra l'artista e lo stesso Breznev. Ieri sera, Rostropovic ha avuto dal pubblico quell'attestato di affetto, di stima e di comprensione del quale forse aveva bisogno per confermare a se stesso la legittimità morale della sua decisione. Ogni parte del programma è stala salutata con ovazioni e, alla fine, Rostropovic è stalo « chiamato » tredici volte e applaudito per quindici minuti. Dalle sedie dell'orchestra sono usciti come d'incanto mazzolini di fiori, i giovani musicisti piangevano mentre il loro maestro li abbracciava ad uno ad uno. Gli inservienti avevano già spento le luci della sala, ma il pubblico, tutto in piedi, continuava ad urlare « bravo, bravo », ad applaudire ritmicamente alla moda russa, a lanciare mazzi di fiori sul podio, a offrirne alla moglie di Rostropovic, la cantante Galina Vishnevskaja, seduta in una delle prime file. Centinaia dì persone hanno atteso fuori del Conservatorio, tra la perplessità dei poliziotti, l'uscita dì Rostropovic per salutarlo con nuovi applausi e altri lanci di fiori. « Tornate, noi vi aspettiamo », gridava la gente. «Sposibo, sposibo» (grazie, grazie), ripeteva lui, con voce rotta dalla commozione. Paolo Garimberti

Persone citate: Aleksandr Solzenicyn, Breznev, Galina Vishnevskaja, Lenin, Prokofev, Shostakovic, Solzenicyn

Luoghi citati: Inghilterra, Londra, Mosca, Unione Sovietica, Urss