L'autodifesa dell'Europa di Emanuele Gazzo

L'autodifesa dell'Europa Bilancio militare Cee L'autodifesa dell'Europa In un articolo pubblicato da La Slampa il 12 aprile « Proteo » suggerisce di utilizzare la inevitabile pausa che impone l'attuale congiuntura politica sul piano europeo per riflettere sulla possibilità di una trattativa e forse di un'intesa sui veri problemi che esistono tra America ed Europa. La durata della pausa cui accenna « Proteo » potrebbe essere piuttosto breve ed è quindi utile sgombrare il campo da certi malintesi e chiarire le basi di un dialogo possibile. L'esistenza e 10 sviluppo della Comunità europea, contrariamente forse a certe apparenze legate alla attuale debolezza dei regimi interni, è sempre più condizionata dai fattori esterni, cioè dalla « collocazione » che l'Europa ha, o dovrebbe avere, nello scacchiere mondiale. E' poco noto in generale che nel subcontinente asiatico, in tutta l'Africa e nell'America Latina, l'esistenza di un'Europa organizzata e coerente suscita una enorme apprensione e speranza. Potenzialmente questa Europa occupa un grande spazio. Si potrebbe dire che c'è un fenomeno di sottovalutazione interna e di sopravvalutazione esterna del fatto europeo. Ci credono più gli altri che noi stessi. Fino a qualche anno fa, 11 fatto europeo si manifestava essenzialmente nel funzionamento dei meccanismi interni atti a creare le condizioni di un libero scambio all'interno del Mercato comune, a sei prima e a nove poi. Allora, vista dal di fuori, la Comunità era considerata con scetticismo e giudicata « inward-looking », vale a dire introversa. Oggi i problemi da affrontare sono tutti di natura politica ed hanno tutti una forte componente esterna. Una politica europea dell'economia e della moneta, dell'energia, dell'approvvigionamento in materie prime (e del loro giudizioso impiego), dell'aiuto allo sviluppo, per non citarne altre, non può concepirsi ed eseguirsi che in relazione stretta al contesto mondiale nel quale si deve inserire. Allorché una nazione isolata, media o piccola, dovrebbe « adattarsi e subire » questo contesto, l'Europa vi interviene in modo « attivo ». La politica che attuerà l'Furopa sarà essa stessa « condizionante » di quel contesto mondiale. E' a questo punto e in queste condizioni che si può impostare un dialogo utile con i massimi interlocutori. Un dialogo che è tutto di «politica estera ». Una politica estera che è impossibile separare, presto o tardi, dalla politica di difesa. Quando il ministro degli Esteri francese Jobert, con la sua abituale ambiguità, dichiara a Le Monde o spiega ai suoi colleghi riuniti a Gymnich (come del resto aveva fatto con Moro quando lo incontrò in Puglia) che una « unione europea » comporta da parte dei governi nazionali la delega di certi poteri a un « governo europeo », di che poteri può voler parlare se non di quelli di fare politica economica e monetaria, politica estera e politica della difesa, ampliando quelli che già sono stati delegati coi trattati esistenti? Non esiste governo privo di queste attribuzioni che tutte presuppongono e impongono una «personalità» e una «responsabilità» di fronte al resto del mondo. Ma è chiaro che oggi l'Europa non è padrona della propria difesa e non potrebbe diventarlo che a termine e organizzando la « transizione » solo mediante un accordo negoziato con gli Stati Uniti. « Proteo » ha scritto che in Europa occidentale « la destra più disposta a spendere fondi pubblici per la difesa, si sente disposta a una più larga misura di indipendenza dagli Stati Uniti. Dovendo poi far fronte alla spesa sociale spera di accollarne una parte all'Unione Europea ». E' un'osservazio> e acuta, dalla quale bisogna però trarre certe conclusioni. In un'Europa con responsabilità internazionali che abbia la volontà di raggiungere l'obiettivo della difesa autonoma, nel quadro sia pure di un'alleanza, lo strumento tecnico che permette la transizione e quindi l'attuazione d'una certa politica non è l'armata europea, come si poteva credere nel 1952, ma un « bilancio europeo della difesa ». Un bilancio che non sottrarrebbe risorse alla spesa sociale, ma al contrario le potrebbe accrescere. E' chiaro infatti che un bilancio « europeo » della difesa, alimentato automaticamente da risorse proprie come avverrà entro breve tempo per quello della politica agricola, funzionerebbe come « cerniera » essendo al tempo stesso il mezzo per attuare una difesa europea e uno strumento fondamentale della politica economica, industriale, della ricerca tecnologica e così via. Saldando l'Europa economica all'Europa politica, esso permetterebbe una razionalizzazione e un utilizzo molto migliore delle risorse. Si calcola che un bilancio europeo della difesa sarebbe di un ammontare del trenta per cento inferiore alla somma dei bilanci nazionali della difesa, permettendo di raggiungere un più alto grado di efficienza nell'armamento. Una massa importante di risorse sarebbe così liberata per essere destinata a fini produttivi. Il generale Steinhoff, nel testamento politico che ha scritto lasciando la carica di presidente del comitato militare della Nato, ha citato alcuni dati che sono una testimonianza sorprendente dello spreco di ricchezza al quale si sottopone allegramente l'Europa. Emanuele Gazzo

Persone citate: Moro