In una fase "molto concreta,, la trattativa sul disimpegno di Igor Man

In una fase "molto concreta,, la trattativa sul disimpegno Qualche schiarita ma ancora molti ostacoli per la pace in Medio Oriente In una fase "molto concreta,, la trattativa sul disimpegno Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Eban - Anche a Damasco è diminuito il pessimismo - Le nuove proposte di Gerusalemme rappresentano un effettivo passo avanti - Ora si attende il vertice arabo (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 9 maggio. C'è forse una lieve schiarita, nonostante sul Golan la battaglia si sia riaccesa furiosa (duelli di artiglieria e carri armati, intervento massiccio dell'aviazione israeliana). A Gerusalemme, ieri notte, il ministro degli Esteri Eban ha detto che le trattative sul disimpegno hanno raggiunto « uno stadio molto concreto ». Da parte sua, il ministro delle Informazioni, Peres, si è mostrato cautamente ottimista, pur dicendo: « Siamo all'inizio della strada, c'è ancora un lungo cammino davanti a noi ». Il portavoce americano Anderson ha detto: « Non siamo vicini all'accordo, ma certi progressi sono stati realizzati ». Oggi, infine, Kissinger, alla partenza per Ryad (da dove raggiungerà Il Cairo e successivamente Tel Aviv), ha dichiarato che « l'ultima parola non è stata ancora detta ». A Damasco ci si mostra, finalmente, un po' meno pessimisti. Un funzionario vicino al presidente Assad dice che i siriani non sono certo soddisfatti delle proposte israeliane ma comunque sono «interessati» alle stesse. I siriani appaiono sorpresi di constatare come, grazie al «miracolo» della levantinizzazione, «gli israeliani comincino a somigliare agli arabi», per conseguenza pensano che non bisogna più prendere alla lettera quel che dicono gli uomini politici di Israele. Il vicepresidente israeliano Allon solo tre giorni fa affermava che neanche un centimetro del Golan doveva essere evacuato, mentre ieri ha rettificato il tiro dicendo: «Noi non abbandoneremo mai i diciassette kibbutzim e i villaggi drusi nei territori occupati». Colpisce i siriani la differenza fra quel che dicono la radio e la stampa di Tel Aviv e le proposte, senz'altro più realiste, del governo di Golda Meir. Che poi queste proposte vengano respinte, almeno per ora, da Damasco, è un altro discorso. Rimane il fatto che Israele, nelle ultime ore, ha di molto modificato le sue prò poste, al punto ch'esse, come si è visto, cominciano ad ap parire «interessanti» agli occhi dei siriani. Per la prima volta dalla guerra del 1967, la linea «Violetta» che delimita il Golan e che i «falchi» di Israele definivano intoccabile; viene ritenuta «rinunciabile» dalla vecchia guardia del sionismo. Le nuove e più realistiche proposte di Israele sarebbero infatti le seguenti: evacuazione totale di Kuneitra, i cui sobborghi occidentali verreb bero controllati dalle Nazioni Unite, non dalle forze di emergenza bensì da «osserva tori armati», secondo la formula di compromesso escogi tata da Kissinger; evacuazio ne del saliente situato venti chilometri a Sud di Kuneitra (conquistato nel 1967), dove si trovano le località di Rafid e Boutmiya; evacuazione di tutta la sacca occupata durante la guerra di ottobre, la cui punta estrema dista solo 40 chilometri da Damasco; ritiro dalle creste dell'Hermon, che passerebbero sotto il controllo degli uomini dell'Orni. Sono, obiettivamente, proposte su cui si può discutere. Resta da vedere cosa gli israeliani pretendono in cambio delle «concessioni» che, in pratica, comportano, oltre al resto, il ritiro da più di un terzo del Golan. Israele, a quanto è dato sapere, chiede il ripristino immediato del cessate il fuoco e un impegno da parte della Siria a non più violare la tregua. Poi, lo scambio dei prigionieri, dando la precedenza a quelli feriti. La Siria sarebbe disposta a garantire la tregua solo se Israele si impegnasse, sia pure con una formula vaga, al ritiro totale. Su codesta questione di principio il negoziato segna il passo, epperò, a Damasco, come scrive oggi l'inviato del libanese L'Orient-Le Jour, «l'opinione prevalente è che ci si incammini, lentamente ma sicuramente, verso un accordo sul disimpegno». Per questo, Kissinger (che è stato accolto con inusitato calore a Ryad) ritiene necessario concedere alle due parti un tempo di riflessione, di cui hanno bisogno sia per condizionare la loro opinione pubblica (è soprattutto il caso di Israele), sia per consultarsi con i propri amici ed alleati. Il presidente siriano Assad ne profitterà per chiedere ai «fratelli», durante il vertice, di avallare le sue iniziative. Queste, e non altre, sarebbero le ragioni, a detta degli ottimisti, per le quali Assad ha chiesto la convocazione d'urgenza del summit arabo. Se poi i siriani dovessero ostinarsi sulla loro posizione di principio, ostile ad ogni accordo parziale che non sia in¬ quadrato in una soluzione globale, conforme allo spirito e alla lettera della risoluzione 242 dell'Orni, bisognerà che, più che sulla continuazione e l'inasprimento della guerra di usura, possano contare sull'intervento, assolutamente determinante, dei Paesi produttori di petrolio. Ma questi vorranno reimporre l'embargo contro gli Stati Uniti? Una simile decisione provocherebbe fatalmente una contro-reazione americana, facendo in pratica fallire la quinta missione Kissinger, che, bene o male, qualcosa sta portando alla Siria. E come potrebbero, poi, gli israeliani mostrarsi disposti a far concessiopi? Lentamente ma sicuramente: anche a Beirut si è dell'avviso che al disimpegno si arri¬ verà. Lo vogliono i due «grandi» per non turbare il processo di distensione (pressoché simultaneamente al messaggio di Breznev ad Assad, Golda Meir ha ricevuto un «messaggio personale» di Nixon, che la esorta a collaborare con Kissinger per giungere ad un accordo). Lo vuole l'Egitto per non compromettere i suoi piani di ricostruzione. Lo vuole Israele per uscire dalla morsa della guerra di usura. Lo vuole la Siria, o, almeno, Assad, perché la guerra di usura è un peso difficile da sopportare alla lunga. Lentamente ma sicuramente: gli ostacoli da superare sono ancora parecchi, e, in ogni caso, la partita sarà da giocare tutta dopo il vertice arabo Igor Man