Forse sparito un rapporto sull'esplosivo della strage di Piero Cerati

Forse sparito un rapporto sull'esplosivo della strage Il processo per l'uccisione dei tre carabinieri Forse sparito un rapporto sull'esplosivo della strage E' quello relativo al viaggio in Svizzera del capitano Ferro - L'unico documento in possesso della difesa parla genericamente di esplosivo al plastico e non di "T4" (Dal nostro inviato speciale) Trieste, 9 maggio. Non è stato trovato (almeno per ora) tra gli atti del processo per la strage di Peteano un rapporto del capitano dei carabinieri Farro (diventato maggiore) sul sopralluogo in Svizzera per l'esplosivo T 4. La difesa ha precisato di non averlo mai visto, corte d'assise e pubblico ministero non lo ricordano. E' scomparso? Nel dubbio, il presidente Corsi ha convocato come testimoni il maggiore Farro e il perito balistico Di Prete (quest'ultimo ha già deposto in aula) per chiedere loro alcuni chiarimenti. Il documento è stato citato oggi dal capitano dei carabinieri Chirico (ascoltato come teste) che coordinò le indagini agli ordini del colonnello Mingarelli. Il rapporto spiega che durante il sopralluogo in Svizzera, a metà strada tra Chiasso e Pedrinate, la ditta Raimondi aveva nei propri capannoni esplosivo «cheddite» in scatole. La storia dell'esplosivo è strana. Accertato che a Peteano fu usato plastico T 4, il colonnello Mingarelli spiegò di aver saputo dal superteste Di Biaggio che era stato acquistato a Pedrinate da Resen (imputato) nel dicembre 1970. «Di Biaggio mi rivelò queste cose — disse Mingarelli — perché aveva paura di essere compromesso nell'attentato in quanto egli stesso si era recato in Svizzera a comperare UT 4 e l'aveva poi nascosto in casa Resen, sotto il pavimento dell'entrata». L'unico rapporto in possesso della difesa sul sopralluogo a Pedrinate è quello del capitano Chirico, dove si parla genericamente di «esplosivo al plastico» e dove si chiarisce che le indagini furono svolte non dai carabinieri, ma dalla gendarmeria. Quando a Chirico è stata letta la dichiarazione dell'ingegner Giezendanner, che smentiva l'esistenza di T 4 a Pedrinate dopo un'inchiesta svolta con l'aiuto di agenti elvetici, il capitano dei carabinieri ha precisato: «La polizia svizzera non mi specificò il tipo di esplosivo. Io ho parlato di plastico perché il rapporto Farro cita la presenza di "cheddite" nei capannoni della ditta Raimondi a Pedrinate e la "cheddite" è appunto un esplosivo al plastico». Ma allora il T 4 comperato da Resen, portato a Gorizia, messo nella 500 a Peteano?, si è chiesta la difesa. Di questo esplosivo esiste soltanto la descrizione fatta dal superteste Di Biaggio, smentita però dai periti d'ufficio. La corte, per andare a fondo dell'intricato problema (chi disse o provò che il T 4 proveniva da Pedrinate e accusò di conseguenza il Resen?), ha deciso di interrogare il maggiore Farro e il perito Di Prete per accertare che «cheddite» e T 4 non siano la medesima cosa. (Presidente: «Però se non hanno lo stesso nome vuol dire che non sono uguali»). Le «rivelazioni» del Di Biaggio sono ormai crollate: egli aveva detto, ad esempio, che le foto di Pedrinate mostrategli dai carabinieri non erano quelle agli atti del processo; stamane, il capitano Chirico ha precisato: «Gli furono fatte vedere soltanto quelle fotografie». Pascoli (parte civile): «Il nome di Pedrinate fu fatto da Di Biaggio?». Chirico: «Sì, io non conoscevo quel paese» (Di Biaggio in aula il 6 maggio scorso: «A Pedrinate io non ci sono mai stato. Quando i carabinieri mi fecero vedere le fotografie della zona dissi: ecco il cartello stradale e finsi di riconoscerlo. Il deposito dove Resen avrebbe comperato il T 4 è una mia invenzione»). Pedroni (difesa): ((Capitano, nel suo rapporto lei dice che Pedrinate non è segnata sulle carte geografiche» (quindi il superteste non avrebbe potuto inventarsi il nome, se non avesse conosciuto la zona; n.d.r.). Chirico: ((Non ho usato mappe militari e nelle carte da me consultate il nome non è scritto». Pedroni: ((Chiedo sia messa agli atti la carta al 200 mila del Touring dove compaiono Pedrinate e le strade che vi conducono». Pedroni: ((Sul cartello stradale c'era scritto soltanto Pedrinate o vi è anche altro?». Chirico: «Soltanto Pedrinate». Pedroni mette agli atti alcune foto dalle quali risulta che sulla «segnaletica» è scritto: Pedrinate, km 3. «Questo indica che la località ispezionata per l'esplosivo non è nel paese dì Pedrinate, ma alla periferia di Chiasso, poco distante dalla ferrovia». Battello (difesa): «E' vero che le indagini sarebbero state agevolate dopo aver accertato che l'esplosivo era T 4 perché difficile da trovare?». Chirico: «Le indagini sul T 4 furono svolte dal colonnello Mingarelli; certo, l'inchiesta si è agevolmente ristretta, ma l'esplosivo non ha dato indicazioni sull'eventuale pista politica». Battello: «Perché lei ha dato soldi a Di Biaggio?». Chirico: «Aveva litigato con la famiglia ed era senza sigarette. Ho dato denaro anche ad altri detenuti». Battello: «Ciò avveniva però al termine dei colloqui nei quali il superteste imbastiva la sua storia. Non ha pensato che potesse essere psicologicamente spinto, non da lei sia chiaro, ma dal gesto mal interpretato, a continuare a parlare?». Chirico: «No. Gli consegnavo piccole somme: 5-10 mila lire». Battello: «I carabinieri si chiesero perché la 500-bomba fu lasciata in quella zona di Peteano vicino ad un deposito militare, in una zona etnicamente delicata per la presenza di un comune sloveno?». Pubblico ministero: «Non si può parlare del deposito». Battello: «Se è un segreto militare lo dica, io non so se c'è un deposito, non voglio passare certo per una spia». Chirico: «Pensammo persino ai pescatori di frodo. La 500 fu la¬ sciata presso Peteano per attirare soltanto i carabinieri in quanto la zona era lontana dai curiosi, isolata, poco frequentata». Battello: «In realtà l'hanno vista almeno dieci persone passando con l'auto, oltre ad un'altra decina di pescatori lungo l'Isonzo la sera dello scoppio». Sempre stamane in aula il teste Kovacic ha confermato che il meccanico Brigadini gli «rivelò» che la 500 doveva essere portata in caserma dai carabinieri, come tutte le vetture rubate e secondo le intenzioni degli imputati (allora era inutile lasciarla in luogo appartato; n.d.r.), mentre i periti d'ufficio l'altro ieri hanno sottolineato l'estrema pericolosità di rimuovere la vettura minata. Kovacic è stato smentito da Brigadini durante il confronto, ma è rimasto della sua opinione: il mec¬ canico in più colloqui gli avrebbe parlato di come gli imputati avessero organizzato la strage per vendicarsi dei carabinieri. L'imputata Maria Mezzorana lo ha denunciato per falsa testimonianza e calunnia, perché, tra l'altro, Kovacic sostiene che l'esplosivo sarebbe stato acquistato in Germania e portato in casa della Mezzorana. Battello: «E' vero che lei avrebbe ritenuto di fare queste rivelazioni perché ottenne favori dai carabinieri e avrebbe detto: "Quando uscirò mi renderò loro utile"?». Kovacic: «I carabinieri misero la mia bambina all'asilo mentre io ero in prigione; io intendevo dire che avrei ricambiato la cortesia con qualsiasi cosa, come concedere loro un passaggio in auto se ne avessero avuto bisogno». Piero Cerati

Luoghi citati: Germania, Gorizia, Svizzera, Trieste