Quando il male è inevitabile di Enzo Bianchi
Quando il male è inevitabile ACCANTO ALLE TRAGEDIE CAUSATE DALL'UOMO SPERIMENTIAMO ANCHE QUELLE PROVOCATE DALLA NATURA CHE CI VEDONO IMPOTENTI Quando il male è inevitabile DALLA PRIMA PAGINA Enzo Bianchi Questa è la speranza cristiana. Ma qui e ora, nella storia e nel mondo, contro il male c'è solo la lotta che l'uomo può condurre per combatterlo: queste deflagrazioni del male che causano sofferenze e morte vanno vissute dall'uomo non passivamente né tanto meno attribuendone la causa al fato o a un castigo divino; al contrario, vanno affrontate con tutto il sapere di cui l'uomo dispone, con le sue migliori energie intellettuali e morali, con la sua scienza, con i suoi mezzi più efficaci, lottando per la vita e la vita piena. In questo spazio Dio non interviene con la sua onnipotenza tangibile, appare come ritiratosi in silenzio, tuttavia rimane presente con la sua ispirazione, con la sua potenza invisibile ma efficace, lo Spirito santo, che agisce sulle facoltà intellettuali dell'uomo: pare aver affidato mente, cuore, mani e voce agh uomini. Ciò che ci è richiesto di fronte a queste epifanie del male è allora di continuare, pur nella sofferenza e nel lutto, a tener vivo il senso di una salvezza «comunitaria», di una liberazione che o raggiunge tutti oppure non è autentica liberazione: continuare ad amare l'altro e ad accettare di essere amati. E' poco di fronte all'immane dolore? Forse, ma è essenziale per far sì che la nostra vita abbia senso per noi e per gh altri: solo da questo può nascere la capacità di «sperare per tutti», solo da questo trae fondamento la speranza. Accanto a questa lotta contro il male che proviene dalla natura vi è un'altra lotta, cui ci invita ancora una volta Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace, una lotta altrettanto ardua e perseverante: quella contro il male che viene dagli uomini e che scaturisce dalle loro scelte e dalle loro responsabUità. «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» è l'esortazione di San Paolo che il Papa prende come ispirazione del suo messaggio di pace. Pace non come semphee coesistenza pacifica, ma come vita piena in un orizzonte comunitario che riguarda tutta l'umanità; pace come bene da cercare e perseguire con un' azione che non può essere oppressiva, armata, violenta: solo il bene, infatti, può veramente sconfiggere il male alla radice. La visione cristiana su questo aspetto fondamentale della convivenza e della solidarietà è semphee e trasparente: o si sceghe l'assunzione di sentimenti, di parole e di comportamenti che stiano nella logica dell'amore reciproco, oppure ci si sottrae alle esigenze poste dal Vangelo. Proprio perché il perdono è la via cristiana per ecceUenza come risposta al male subito, esso contiene non solo ima rinuncia alla vendetta e un rifiuto del contraccambio, ma anche un atteggiamento attivo, costituito dal «fare il bene». Il comandamento cristiano, dato da Gesù stesso - «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano... pregate per i vostri nemici... benedite e non maledite» - deve essere messo in pratica non solo personalmente, ma anche dalle comunità umane, dai popoli, dalle nazioni. Non c'è altra via per uscire dal circolo vizioso del male: la violenza, infatti, genera altra violenza, in un vortice sempre più distruttivo. E qui il Papa ricorda le responsabilità precise che l'uomo ha di fronte al male: «Il male ha sempre un volto e un nome», cioè è sempre opera di uomini e di collettività che se ne devono assumere la piena responsabilità. Il male, infatti, è opera di chi sceghe la logica dell'amore di sé e non riconosce la solidarietà, la fraternità di tutti gli esseri umani. Questo discorso, imperativo per i cristiani perché sgorga direttamente dal Vangelo, secondo Giovanni Paolo II non è tuttavia estraneo agh uomini in quanto essi possiedono tutti «un comune patrimonio di valori morali» e sono dotati «della grammatica della legge morale universale». Contro ogni fondamentalismo e ogni tentazione di dividere uomini e stati tra «buoni e cattivi», «volonterosi e canaghe» - tentazione che pare sempre più diffusa a tutti i livelli - il Papa ricorda una verità cristiana sempre affermata: l'essere umano, essendo stato creato «a immagine e somiglianza» di Dio, è capax Dei, capace di conoscere e di operare il bene. L'immagine di Dio, impressa nel cuore di ciascuno, non può mai essere distrutta o messa a tacere, neanche quando l'uomo la con¬ traddice e la nega. Se nel mondo opera il Male, è pur vero che l'uomo può contrastarlo in virtù di quell'immagine di Dio che porta in sé, e in virtù del fatto che Dio, attraverso Gesù Cristo uomo e Dio, «si è unito in un certo modo a ogni uomo», come ricordava il Concilio Vaticano IL E' in questa logica, offerta alla riflessione non solo dei cristiani ma di tutti «gli uomini di buona volontà», che il Papa chiede che il bene capace di vincere il male, il terrorismo, la guerra, sia declinato come «uso comune dei beni della terra», come «amore preferenziale per ipoveri», come «carità vissuta con fantasia creativa». Sì, occorre tener desta e salda la speranza in queste ore di sofferenza per mihoni di persone. Queste parole di pace, così intimamente legate a quelle pronunciate tre anni or sono sul perdono come componente essenziale di un'autentica giustizia, sono il frutto maturo di quanto la Chiesa sa offrire oggi alla sapienza umana nel faticoso cammino di ricerca della pace. Siano anche l'augurio per un anno di pace e di solidarietà.
Persone citate: Gesù, Giovanni Paolo Ii
Luoghi citati: San Paolo
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