La casa in roccia

La casa in roccia La casa in roccia o o a e o Uno strano invito, conden- '• sato in una lettera di dieci nitide pagine a stampa, è pervenuto qualche mese fa a un limitato numero di studiosi • tecnici dell'urbanistica, capitando pure, non so come, a me che non sono nè studioso nò tecnico del ramo, a meno che il cortese mittente non abbia voluto maliziosamente intendere come contributo al problema la fattura di qualche...» «mattone» professionale. Strano invito, ho detto, per la promessa dalla quale prende le mosse e parte, e per la conclusione cui perviene. Non può non parere strano, infatti, che, mentre si è In guerra guerreggiata, e l'anelito di tutti è volto verso la pace, uno dica: attenzione, .prepariamoci per. le future guerre; e come primo atto di questa preparazione, facendo tesoro della tragica esperienza che ci ha cosi duramente e sanguinosamente colpiti, indichi il mqdo di sottrarre le città all'offesa indiscriminata collocandole nelle viscere della terra E chi lancia questo invito ammonitore dalla risoluzione ardita non è un visionario nè un dilettante in vena di perdigiorno, ma uno studioso e costruttore, uso a camminare coi piedi ben piantati sulla solida terra e non a vagare con la fantasia sulle nuvolette delle chimere. « Dopo la tragica esperienza dell'attuale conflitto che ha investito in pieno tutti 1 paesi belligeranti — egli dice — sconvolgendo ogni settore della loro vita sociale ed economica, appare ovvio che domar ni non si tratterà soltanto di ricostruire bensì di costruire in maniera duratura e tale che nel caso di altre guerre la popolazioni civili siano garantite con almeno un minimo di difesa contro le offese belliche, e l'attrezzatura del paese la vitalità atossa della nazione ne subiscano il meno possibile 1 danni funesti. Vi è infatti qualcuno veramente persuaso che questa sia l'ultima delle guerre? ». tt d t è i gLo ammetto e credo: posta eoa), ex abrupto, oggi, una domanda come questa non è fatta per rendere tranquilla l'ora di sonno che riusciamo ad abbozzare tra due allarmi; ma chi guasda all'avvenire senza occhiali color di rosa, e vuole costruire, non può preoccuparsi, dico, del nostro sonno, ed ecco che Eugenio Bravi nella sua Lettera-invito, rincarando con severa logica la dose prosegue: « Non credo di errare partendo dall'ipotesi realistica che vi saranno delle altre guerre e che le guerre del domani saranno più distruttive di quelle del passato, sia per la crescente potenzialità dei mezzi bellici alimentata dallo stesso istinto inventivo dell'uomo nell'offesa e nella difesa, sia per lo stesso progresso Insito nella tecnica della guerra, sia per la già dimostrata insufficienza o debolezza dei freni che possono essere opposti dal diritto internazionale ». o i o Speranze (o illusioni) a parte che possano produrre dissensi alla prima tesi, nessuno, penso, oserà contrastare questa, mentre ogni giorno, si può dire, nuovi e più micidiali mezzi d'offesa e di distruzione compaiono sui campi di battaglia e le moltitudini attonite ne attendono o paventano altri; ed ecco sorgere il problema della difesa preventiva, che diversamente non si può risolvere se non con un ritorno ab initio, rintanandoci nelle caverne. Ma lo studioso che propone l'argomento, non pretende affatto di esaurirlo semplicisticamente consigliandoci di andare in massa alla ricerca delle abitazioni del nostri lontani progenitori, come pure han dovuto fare gli abitanti di alcune nostre infelici città (Napoli, Imola), riattarle e sistemarle alla meglio per averle, pronte in caso di emergenza; egli invita i tecnici del ramo a orientarsi verso la risoluzione di ben più vasto problema, a prepararci la casa in roccia, anzi addirittura città sotterranee, bene aereate e rallegrate di giardini, dove verranno permanentemente allogati gli stabilimenti ma vi potremo trovare conveniente dimora tutti in caso di bisogno. Sul pianori di queste città sotterranee, derivati dal materiale escavato, sorgeranno, in materiale leggero, le costru- c i! ^ aU'apèrtoVal che si possa e l -j senza troppi disagi di precarietà vivere tanto fuori che dentro: fuori se il tempio di; Giano mostra porta chiusa, dentro quando l'apre. In brevi termini, se ho ben compreso l'assunto, si tratterà di « sfollare » in caso di guerra, dentro (e quindi vicini ai posti di lavoro) le nuove città mentre dalle vecchie, da queste città di oggi tonto — e tanto inutilmente — devastate... si andava, diremo allora, fuori. Incubi d'un preoccupato o sogni d'un visionarle? Non oso addentrarmi, e non sarebbe il caso qui, nell'analisi tecnica dell'ardito e fascinoso problema che pure il proponente affronta più col rigore scientifico dello studioso che con l'ardore dell'appassionato; forse qualcuno potrà sorridere davanti all'impostazione medesima: ammesso. Anzi confesso, ho sorriso anch'io. Ma presto, da sorridenti, si diventa pensierosi. L'antiveg-

Persone citate: Eugenio Bravi

Luoghi citati: Imola, Napoli