Ritratto d'un epicureo

Ritratto d'un epicureo Ritratto d'un epicureo . i i o e a i o e i , ù i a o i i à a o p ei o, si an ti iarineili e o ril nie lil a el n te s ain no o onhe vne e hni a a e, ai nan ra re pne lte rCome II fiore dell'agave nasce tardi in cima all'alto suo tirso, come le dalie e i crisantemi s'aprono splendidamente al tepidi soli d'autunno, cosi per lui l'amore, il più bell'amore, era venuto tardi, al limite estremo della maturità. Gli avevan predetto una volta: « Un grande amore nella tua vita». Aveva creduto che questo fosse l'amore per la donna con la quale aveva vissuto molti anni. Ora s'accorgeva che non era stato cosi, che tutti gli altri suol amori apparivano pallidi e torbidi In confronto di questo che era il più tardo, quasi prefiguraa'onl della cosa vera che sarebbe venuta. E non sarebbe potuto avvenire altrimenti, l'autunno essendo la sua stagione di grazia. Polche egli aveva prediletto sempre 1 climi calmi, saturi di sole declinante, i paesaggi sereni, le ville palladiane biancheggianti in fondo a un giardino o sull'alto d'un colle boscoso, i grandi parchi il silenzio dei cui viali era solo interrotto dal frullo dei fagiani e dal correre delle lepri all'avvicinarsi dell'uomo, le parate di dalie nei giardini coi loro rossi e 1 loro gialli sulfurei, che a lungo rimanevano Impregnati di luce anche dopo il tramonto del sole. Il largo era, dei tempi musicali, quello che di solito più lo commoveva. Negl'istanti di felicità balenavano alla sua mente, come Immagini concrete di quel suo stato di grazia, solenni prospettive di quiete strade, di giardini silenziosi, di sontuosi appartamenti deserti — appartamenti come quelli di cui si legge ned racconti delle fate, In fondo al quali si trova una bella, ed è addormentata. Da bambino aveva avuto una vera passione per le bambole, cosi placide e perfette, che non mutavano otte di vestito — e quanti vestiti capricciosi e di gala avevano le sue bambole1. — mutavano di vestito, e non d'umore, e quando, alzandole, riaprivano gli occhi azzurri, essi apparivano estatici d'immutabile serenità. Non condivideva il ribrezzo di molti per le cere, certi ritratti in sera parendogli cogliere il fiore stesso della vita, e conferirle quella fissità che l'incantava. In tutto ciò ch'egli amava era qualcosa di fermo, di radioso di calmo. Delle case in cui aveva vissuto, aveva lasciato il cuore soprattutto in una, ed era una casa straniera dove aveva soggiornato una astate. Di quella casa ricordava con nostalgia soprattutto una stanza, il bagno, odorosa di sapone e di essenze, coi verdi alberi del parco che occupavano tutta la finestra come un arazzo vivo, e le pitture su vetro con le effigi delle Stagioni che erano appese al candidi pannelli di legno delle pareti, e 11 crocidare delle cornacchie che solo Interrompeva di tanto in tanto il silenzio, come il loro volo nero traversava il tenero azzurro. Di paesaggi tranquilli che aveva adorato glie n'eran rimasti parecchi nella memoria, e nulla l'estasiava quanto una vista del tetti e dei fastigi dei monumenti d'una città antica e silenziosa, senza che alcuna strada apparisse, o l'odioso febbrile viavai della gente. Perciò egli amava più d'ogni altra veduta di Roma quella da una alta finestra di palazzo Altieri, con la mole del Collegio Romano severa e imponente come un Escurlale, l'orologio di Montecitorio che emergeva tra onde e onde di pietra grigioangentea, quieta dominazione di linee orizzontali senza traccia d'uomo. Gli era rimasto impresso un quadro del viennese Karl Sterrer, che mostrava dall'alto un promontorio dirupato che si spingeva nel mare, una penisola tutta di lamine di roccia, e le sterili scaglie delle rocce s'allineavano parallele all'orizzonte, innumerevoli come le onde d'un mare pietrificato, e si sentiva che quell'angolo della terra era affatto deserto. Amava anche una veduta del porto di Rochefort, del Corot: dietro un terrapieno, un manipolo d'alberi di navi, qualche pianta, e a destra le case del villaggio e 11 campanile; il piccolo porto era suggerito soltanto, ma in quel gruppo di alberi di navi e di sartie egli sentiva non sapeva che poesia di silenziose navigazioni. E amava un angolo di giardino In un quadro di Telemaco Signorini: tra gli alberi del giardino negletto, col suo tavolo di pietra, una vecchia villa toscana di cui si scorgeva solo un canto con quattro finestre dalle persiane chiuse; e in quella casa dallo spigolo a bugne gli sembrava d'esser vissuto sempre, tanto pareva la quintessenza di tutte le case fiorentine in cui aveva- abitato. L'innato desiderio di calma aveva ricevuto in lui nuovo alimento dalle circostanze pubbliche e private tra cui l'aveva balestrato la sorte. Fatto per vivere nel giardino d'Epicuro o nel riposato ambiente d'una villa vittoriana, era venuto al mondo proprio nel più turbolento periodo della storia, tra guerre, rivoluzioni, invenzioni apocalittiche e universale orgasmo, come se a ogni pie' sospinto ti mettessero sotto le nari un brandello di carne corrotta ingiungendo: « Sei uomo, ricordati che sei uomo ». L'agitazione del mondo era penetrata tra le sue stesse par»*! <*->-

Persone citate: Altieri, Karl Sterrer, Rochefort

Luoghi citati: Roma