Il grande appello

Il grande appello Il grande appello E' giunto 11 momento di lanciarlo, con qualche speranza di vederlo ascoltato? Credo di si. E credo Inoltre, o m'illudo, che autorizzato a lanciarlo sia lo sconosciuto figlio d'Italia che — già anziano, non iscritto mai, a partiti ma fedele alle grandi idee, combattente, non senza traceie nelle carni e sul petto, della guerra 1915-1918, con una non superficiale esperienza di vita — tutto ha sacrificato, dopo l'orrendo 8 settembre 1943, alla causa dell'onore e della redenzione nazionale, tornando soldato, e cercando nell'ardimento paracadutistico la via dell'espiaiione e del riscatto: in. più-.Drcvi. parole, colui che ora scrive. Si tratta dell'appello alla concordia fra gli italiani. Non stupisca il sentir parlare di concordia in un'Italia divisa dai dissensi, dilaniata dagli odii, Insanguinata dai mutui eccidll. E' ovvio, anzitutto, che di concordia si parli quando essa manca; e se il parlarne è vano là dove non sussista possibilità di ristabilirla, ben diversa è l'attuale condizione del nostro Paese. Generale ed immensa, per vero, la stanchezza, e sempre più diffuso l'orrore per il cieco baratro in cui — per tante ragioni che non si vogliono qui rienumerare — siamo precipitati. Spas nodica l'aspirazione ad uscirne. Ma da questa constatazione generica non sarebbe forse ancor scaturito l'Impulso al presente appello, se alcuni mesi dedicati — per doloroso dovere — alla guerra antiparttglana non mi avessero dimostrato che nello stesso campo contro il quale si combatte esistono le premesse per la pacificazione, o quanto meno per una distensione degli anlml. E' bestato, il più delle volte, che alla fatale Intransigenza della guerra combattuta si sostituisse, casualmente o di proposito, il contatto, ed 11 conseguente scambio di Impressioni e di pensieri, perchè molte nubi si dissipassero molti dubbi si chiarissero, o perche addirittura sorgessero, dagli abissi dell'incomprensione e del rancore, le chiare Isole dell'adesione e della simpatia. Nessuno, che non abbia provato, potrebbe credere quanto spesso un colloquio con par teggisnti, o «partigiani», o capi di partigiani, si concluda con espressioni di questo genere < Ah se ci fossimo conosciuti prima! ». « Ah .se si fosse saputo! ». « Ah se non fossero state seminate tante menzo gne per gettarci gli uni contro gli altri! »... Non sono soltanto le dlffl colta dell'inverno; non sono soltanto le delusioni per l'en damento della guerra, tanto diverso da quello promesso ed atteso; non è soltanto lo scon certante contegno assunto, in più di un'occasione, dai sedicenti (c liberatori »; non è soltanto il peso di una vita dura e continuamente minacciata — che agiscono; è anche ia progressiva coscienza dell'inanità della lotta iniziata, o per lo meno della paurosa, delittuosa sproporzione fra le cause che l'hanno generata e l'estensione che essa ha preso, fino a diventare martirio ed incubo per intere popolazioni, e motivo di compiaciuto sogghigno per ogni nemico. Nessuna divergenza di idee, per quanto profonda, potrebbe giustificare la lotta fratricida, incominciata fra noi sotto l'impulso dell'odio cieco, e nel presupposto di una immediata soluzione. La necessità della concordia — necessità resa ancor più manifesta dalle esecrabili esperienze della discordia — è di intuitiva evidenza, soprattutto per una nazione povera come fu sempre, e semi-distrutta come è oggi l'Italia. Ma giova subito aggiungere che, sullo stesso terreno delle idee, le distanze sono assai meno astronomiche di quanto supposto. Messi da un canto i criminali, i facinorosi, gli odiatori del genere umano In veste di apocalittici suoi riformatori, e generalmente quella minoranza di abnormi e di spostati, che immancabilmente si annida in ogni fila, un largo terreno d'intesa esiste: ed è quello della buona volontà e della buona fede, rivendicate « nino inde » come patrimonio esclusivo, nella fallace opinione che dall'altra parte vi sia solamente corruzione, prepotenza, abominio. Che cosi non sia; che nessun dei contendenti vada esente da peccato, in un tempo di imperversante rilassamento morale; che, per converso in ogni gruppo militino, armati o non, cittadini generosi ed integri, animati da una sincera aspirazione di rinnovamento certamente più vicini (salva la pregiudiziale del t radi ni or o e delronta, che nessuno noi potrà mai avallare, .ntre troppi italiani sembranti esservisi acconciati) agli onesti del campo avverso che ai disonesti del proprio — tutti ormai l'hanno compreso. E la conclusione da trarsene è quella già trattane da migliala e migliaia di fratelli che, dalle montagne e dalle valli insanguinate ci sono venuti e ci vengono incontro. O figli della slessa madre, che ancora non abbiate inteso, intendete! Se qualche perplessità è ancora in voi, non avete, per superarla, che da cercarci e da conoscerci. Cadranno allora, come per incanto, le viete prevenzioni, alimentate da una interessata propaganda, cadranno le stolide favole delle « belve umane », delle < iene reazionarie », delle « camere di tortura », e di altre congeneri amenità, che fanno ridere (o piangere) di compassione o di sdegno i nostri generosi fratelli paracadutisti, crociati di una cau¬ saprfedil'atoch—nemmreatmluspdizimginlindgrovblil'vrncpnupfciltptcprbleranmspbrcupvgddpsncsndscisccgmgpnnbsmpmsosepsstmlrmrsl — à o e o e , e à à a , sa cui nessuno cserà negare il pregio delle cause d'onore. Ogni possibilità è stata offerta a renitenti, a sbandati, a disertori, a « partigiani ». Sull'altare della pacificazione, tutto s'è voluto dimenticare — anche il troppo sangue sparso — nella convinzione che il beneficio della concordia e inestimabile, e che l'olocausto dei morti è da consacrarsi nella redenzione, piuttosto che da attizzare nella vendetta. Sia, finalmente, la pace, almeno tra noi. Cada, con il lutto della duplice guerra, lo spettro della perpetua discordia interna, destinata a deliziarci, se oggi non la si elimini, pur dopo la fine della guerra tra le nazioni, facendo in tal caso di noi il più infelice e maledetto dei popoli. Avrà, la guerra dei continenti, il suo corso. Noi confidiamo nella vittoria del bisogno sulla opulenza, del lavoro sull'oro, del sangue sul privilegio, della giustizia distributiva suir egoismo monopolizzatene. Ma qualunque sia l'esito dell'immane partita, la via della salvezza, e del minore disastro, sarà per gli italiani una sola: quella della concordia. Adoperiamoci a realizzarla prima che sia troppo tardi; se non nella forma integrale di una vera e propria' unità di pensiero e di propositi, nella forma elementare della rinuncia alla violenza interna, con il trasferimento delle eventuali contese ideologiche, dal piano atroce della guerra fratricida al piano della normale competizione civile. A ciò si deve provvedere prima che la ritornante pace renda all'Italia le regioni abbandonate, la violata capitale, gli innumerevoli prigionieri consegnati dal tradimento al nemico; affinchè la Nazione ricostituita possa pacificamente affrontare, col concorso di tutti i suoi figli, e indipendentemente dagli inevitabili dispareri teorici, lo smisurato compito pratico della ricostruzione. Tutti coloro che avranno un'onesta parola da dire, la potranno dire; mi. nessuno dovrà dimenticare quella che già ho chiamata la «necessità» della concordia, e cioè che i dissensi ideologici, i contrasti programmatici, possono si giùstificare la discussione, ma non mai il negativismo eoe ciuto, il rovinoso secessioni smo, la sedizione, il partigianesimo, l'abietta invocazione dello straniero. Se l'orrenda lezione di questi ultimi anni non fosse ancora bastata a convincerne gli italiani; se neppure ora avessimo appreso quali sono i sacrifici che la convivenza sociale e politica esige dai singoli per offrir loro i benefici materiali e spirituali di un organismo nazionale in sicura e progressiva ascesa, il destino di quello che fu tra i più nobili popoli della terra sarebbe segnato, e il libro della nostra storia potrebbe definitivamente chiudersi sulla pagina più nera. Voglia il cielo che il supremo appello lanciato da questo giornale che già tanto ha operato negli stessi sensi, sia seme destinato a germinare ed a fruttificare, di là da ogni prevenzione, da ogni scettici smo, da ogni fuorviante pas sione di parte. Ciò che impor ta, è il formarsi del convinci mento che la pacificazione, o la distensione, sono necessarie e realizzabili; quanto ai modi per incontrarci e per riconoscerci fratelli, sono già stati trovati e si troveranno. Per parte nostra, noi chiediamo soltanto che ci si lasci combattere sino alla fine, perchè il nome sacro di Italia non sia confuso, nel mondo, con il nome vituperoso del tradimento. Gino Bonola

Persone citate: Gino Bonola

Luoghi citati: Italia