Solo tu! di Francesco Argenta

Solo tu! XI prooosso «fella oamera ardente Solo tu! Con questo grido disperato, Ciano si volge a Cianetti dopo la sentenza. E' cereo, stravolto e come squassato da un tremito convulso vi. o a i a a 1 . . o i o o e, i - n li n Gli applausi han risuonato due volte nella tetra sala di Castelvecchio ed han fatto trasalire anche noi — spettatori agnostici e spassionati —, han dato anche a noi come un senso di sbigottimento e di 'pena, di sospensione e di ansia, per quello che la diana delle ovazioni poteva, forse, significare; per quello che di drammatico, nella già intensa drammaticità dell'ambiente, poteva ancora verificarsi. Anche te « claque» Tanto in un caso che nell'altro l'intenzionalità, era manifesta, smaccata. Gli applausi, di una tonalità frenetica, quasi rabbiosa, non sono scoppiati a scena aperta, per sottolineare con l'impeto della spontaneità un qualche momento culminante della vicenda; sono scrosciati, come per un comando, dopo le deposizioni di due testi, Buardo e Fratturi, i quali non erano i testi pia importanti del processo, ma soltanto i più ligi alla tesi dell'accusa, i pia aadomesticati. Il conte Suardo si avanza tontamente, col pacato incedere dei grasso mercante di campagna, la gran massa della persona ondeggiante, U ventre serenamente ballonzolante, ed agli accusati che guardano a lui fissamente, quasi mendicando un segno di conforto, di umana solidarietà, volge uno sguardo in tralice, ma con una ccrt'aria di disdegno e di corruccio, come se a quei posti, sedessero degli ignoti gaglioffi sospettati di avergli trafugato I-argenteria. Di sensazionale, l'ex-presidente del Senato non rivela nulla. Aveva sottoscritto l'ordine del giorno Grandi; ritirò l'adesione allorché, dopo i discorsi Grandi e Bottai, ebbe la impressione che si andasse « manipolando »... Che cosat — vuol sapere Vecchini. Il teste risponde, ma è una risposta a posteriori la .sua. In realtà, allora non capi perfèttamente quel che si volesse, quel che si andasse « manipolando ». E fu per questo che si astenne dai voto. — B che cosa avreste votato? — chiede ancora Vecchini. , ■ Oh! — esclama Suardo. conformista sino all'iperbole — qualunque proposta che fosse piaciuta ai duce, che fosse stata da lui accettata! Scorza, che è detenuto a Pa dova (dovrà ancora comparire a giudizio) giunge a capo chino, scortato da quattro agenti. E' imbarahzato e poco loqua ce, ma conferma una circo Cqssspqcsioigstgcspsstanza preziosa: da tempo egli insisteva, a nome del partito, perchè Mussolini abbandonasse i ministeri militari. E non una, ma due volte gli aveva scritto a questo scopo. Ma Mussolini era tetragono. Ed - ecco, dopo Galbiati, melenso e timoroso, l'ex-presidente della i i ò a e a n , i . e e e . Confed. agricoltori, Frattari, il quale ai abbandona ad una sparata accusatoria: — Dopo la ripresa, la discussione.in seno al gran consiglio assunse un tono anche più aspro e Bottai ne fece una questione d'onore, sostenendo che coloro che avevano sottoscritto l'o.d.g. Grandi avevano il dovere di votarlo. Mussolini osservò ancora una volta che in seguito ad un voto di tal genere avrebbe dovuto andarsene ed io insorsi contro l'atteggiamento del gran consiglio, esprimendo in tono accorato ed appassionato il mio stato d'animo. Frattari dice tutto ciò impetuosamente, come se sedes se ancora al tavolo di palazzo Venezia, ed è il tono con cui parla, oltreché la sostanza di quello che dice, che accende di entusiasmo la claque, la quale 10 accompagna con un'ovazione mentre esce dall'aula. Gli altri testi, Farinacci, Buffatini-Ouidi e Biggini, come si sa, han preferito tenersi lontani e Vecchini, nel dar atto che la loro assenza è giustiftwita dalle prerogative connesse con le cariche che rivestono, intraprende la lettura dei documenti. E' una miscellanea curiosa cotesta. Per intelaiare e sostenere l'accusa, si sono introdotti nel processo documenti ed atti che non hanno alcun riferimento coi fatti di causa. Ma è la tesi del complotto che si vuol sostenere e per questa ogni cosa è buona. Ecco un documento neZ quale 11 gen. Ambrosio manifesta la opinione che la gtierra è irrimediabilmente perduta; ecco una lettera in cui il giornalista Benedetti informa Badoglio sulla discussione del gran consiglio, in base a dettagli fornitigli da Mastromattei; ecco, infine, il memoriale che il maresciallo Cavallero dettò al gen. Carboni, il quale, per incarico di Badoglio, si era recato ad interrogarlo, il 87 agosto, nel forte Èoccea. —delamsitrnoselurialvenolocha revcoLcrlopri , n a a d e a . a a si n alra il ire a ie di odi iha aeano ai o ri to rdiLa malattia di Mussolini fl memoriale non ha nulla a che vedere eoi processo: è l'autodifesa di Cavallero contro l'accusa di filofascismo che si elevava contro di lui nel ',s giorni. Il documento fu trovato, dopo l'8 settembre, sul tavolo ai Badoglio, in una cartella che recava sul frontespizio quest'annotazione : « Documenti Cavallero », ed ai neofascisti non 6 parso vero potersene impossessare per agitarlo come una prova che 11 complotto era in atto da tempo. In realtà il documento non prova nulla, che la sua attendibilità, fra l'altro, è ancora da dimostrare, ma Vecchini insiste e, leggendone i brani che oli fa ti comodo, ti collega e Ti illustra con rapidi, ma tendenziosi e velenosi, commenti. Il memoriale del defunto maresciallo avrd il maggior risalto anche nel resoconto ufficiale, ma con l'omissione di un particolare, tuttavia, quello che si riferisce alla malattia di Mussolini. Scriveva Cavallero; « Nel novembre 1948, quando Mussolini si ammalò gravemente e tutto faceva pensare che la catastrofe potesse verificarsi da un'ora all'altra, il problema della sua successione s'impose... », ed ecco che il cronista ujffietale salta a pie pari il particolare, in obbedienza al vecchio e tante volte ribadito principio che Mussolini, immortale come l'idea che impersonaval non poteva mai ammalare: Alti e bassi di Ciano à o mso a be tti mini no ne lo nn na, ra ha ne, he no — nu< n», te al of ot le Conchiusa la lettura degli atti (sono fra-questi anche la note con cui Badoglio ri/lutava all'ambasciatore tedesco di far visita a Mussolini, durante la prigionia; si inisia la discussione che fila rapida e spedita. Il dramma, intanto, matura. Come appaiono oli imputati f II loro umore e cambiato dopo la prima giornata. Erano giunti al processo con molte illusioni, l'atteggiamento del tribunale le ha fatte svanire. Ma, al termine della seconda giornata Ciano appare come trasfigurato: ha smesso il fiero cipiglio della mattina e del giorno innanzi, il viso è spianato alla serenità ed al sorriso, lo sguardo sfavillante. La trasfigurazione si è compiuta dopo il colloquio che ha avuto nell'aula, durante la breve sospensione pomeridiana, con una giovane signora che accompagna i due ufficiali deUe S.S. tedeschi, che assistono al processo e prendono appunti su appunti. Si dice che la signora fosse interprete all'ambasciata tedesca e che egli la conoscesse da Roma. Certo è che l'incon tro gli ha ridato la serenità, gii ha fatto rinascere la speranza, La mattina, in camera di sicurezza, aveva amaramen te celiato con De Bono: — Vedi — aveva detto accennando ai giovani universitari che montavano la guardia —, questi bravi ragazzi finiranno per metterci qualche pallottola fra capo e collo. — Non saremo noi — era intervenuto un ragazzo. — E' già giunto il plotone incaricato di questo... Ciano si era illividito, era rimasto senza parola. Ma a sera, rientrando in carcere dopo il misterioso colloquio, il suo stato d'animo è ben altro. B sente il bisogna di farlo sapere. Al commissario di P. B. che lo scorta: — Beh, — dice, non appena sono in macchina — che ne pensate, ci fucileranno? Il funzionario si stringe fra le spalle ed allarga le braccia; napoletano, non saprebbe rispondere più evasivamente, ma neppure più eloquentemente. — No, — soggiunge Ciano pmtssrmnvsrvsmtapfaLsEcsosagccpprss«nlp n i l — da stasera sono ottimista, decisamente ottimista! — E' la vigilia, la vigilia del dramma, ma ottimista egli rimane sino al momento /atale. Quattro ore, quattro ore che paiono eterne, dura l'attesa della sentenza, mentre le sirene ululano in continuità e la città rimane permanentemente in allarme. Attorno al Castelvecchio, le misure d'ordine sono indiavolate; entro il castello, è un diluviare di armati che, a una cert'ora, si danno a divorare panini imbottiti, recati da camerieri su grandi vassoi, come noi del pubblico non ne vedevamo da anni. L'attesa, intanto, scatena il chiacchiericcio e, come in un rigurgito frenetico e pettegolo, affiorano particolari ed episodi intomo alia vita carceraria degli accusati. a è e s 1 o a è a n e d l n , l e a i a o i li a di na e uuaa. n nLe lettere di Edda L'ultima volta che Edda si presentò agli Scalzi (fu ai primi di dicembre) venne respinta. — Perchè? — aveva chiesto indispettito. Non le era stato risposto ed ella si era rivolta al prefetto: — Se sono i tedeschi che me lo impediscono, non ho nulla da opporre. Ma se siete voi, avete torto. Sapete benissimo che mio padre è al corrente di queste mie visite. Cosmin, il fascis-tissimo avventuriero che la sera dell'8 settembre aveva scacciato armata marni it prefetto mandato da Roma e si era insediato al suo posto, ottenendo poi il plauso di Mussolini, s'era infilato il soprabito e l'aveva accompagnata egli stesso. Ltncontro, come al solito, era stato affettuosi&simo. Ma di Edda si racconta anche quel che scriveva al marito. Bnon sono sempre particolari intimi o r1 :canti, sono, talvolta, spun.t curiosi: «TI popolo, ah, che roba.' — scriveva un giorno, r nareggiata per un certo afj onto che le era toccato —. Verrebbe voglia di pestargli la testa e poi di compiangerlo! ». In un'altra lettera In cui, accennando alle spese fatte pei figli, effondeva le sue nostalgie per la felice vita di un tempo, esclamava: « Beati i tempi in cui pensavo che il danaro /lorisse fra le rose! ». Ma le rievocazioni sono bruscamente interrotte dall'annuncio che il tribunale sta per rientrare. L'atmosfera è altamente drammatica. Benanche la sentenza non è percepita; a Vecchini, in questo estremo momento, è mancata la voce e che i 18 siano condannati a morte Io si comprende solo allorquando, rialzando di poco il tono di voce, Vecchini annuncia i SO anni inflitti a Cianetti. La scena che segue è di una drammaticità senza pari. Cereo, gli occhi sbarrati, il corpo squassato da un tremito convulso, la bocca spalancata come in un urlo di strazio, Ciano si volge a Cianetti: — Solo tu.' t- grida disperato, mentre Marinelli si rovescia sulla sedia, semisvenuto, e De Bono china mestamente il capo. Il pubblico rimane in silenzio. Ma non sanno tacere i militi che affollano l'aula. E quello che ci sospinge fuori, annuncia lietamente e fragorosamente al compagno: — Stasera mi bevo cinque bottiglie... fl resto e noto: gli spari che hanno echeggiato tutta la notte intomo agli Scalsi, le proteste di Ciano quando lo si portava al supplizio («quel pagliaccio finirà peggio di noi!»), la serena esortazione di De Bono al carnefici: « Via, fate presto, ho ■ freddo ». La cronaca dell'epilogo è superata dalla fotocronaca che ha riempito di giubilo gli uomini di Salò e che oggi è divulgata da tanti, troppi illustrati. Francesco Argenta 11 processo dì Chiavari

Luoghi citati: Chiavari, Roma, Salò, Venezia