Italia una

Italia una Italia una rlaSi è scritto all'estero: « Il pericolo che l'Italia possa diventare una pura espressione geografica sussiste ancora ... Affermazioni come que3te mettono scompiglio n«i cuori degli italiani soprattutto quando non si comprende bene se l'Italia stia per ritornare I nuna mera espressione geo-j grafica per decomposizione tinteriore o per imposizione cI splnudSzpdurnftaltrui, Di una decomposizione interiore dell'Italia non si veggono ancora, grazie a Dio, segni che possano giustificare il pessimismo, a meno che non si confonda la crisi degli organi statuali con una crisi nazionale, come purtroppo capita o per animo pavido o per scarsa meditazione. Una nazione è tenuta insieme non da' organismi o finzioni giuridiche e neppure da soli interessi; è tenuta insieme da quel complesso di forze morali che vien detto il sentimento nazionale, la cui forza appare nei momenti cruciali della vita di un popolo: come dopo Caporetto e, specialmente, nei giorni gloriosi del giugno 1918, così dopo tanti anni di sonnolenza, dopo l'8 settembre 1943 la nazione è insorta contro le • forze interne e straniere di dissoluzione. Oggi, il problema è: sentono gli italiani l'unità nazionale o sono di fronte ad essa stanchi, delusi, disinteressati? La risposta sarebbe difficile a chi credesse che a problemi simili si risponda con dati statistici come al problema della disoccupazione, mentre a problemi simili non sono possibili risposte scientifiche; si danno solo impressioni fondate su dati di fatto. E il dato è questo: l'Italia quasi senza governo, senza forze armate e quasi senza polizia, miserabile, senza più commercio internazionale, disprezzata; l'Italia che ancora attende, come un secolo fa, qualche parola buona dagli stranieri, che la dicano viva e non terra di morti (le parole del generoso capitano inglese in lode dell'Italia che ai suoi ordini fu combattente così come un secolo fa combatteva l'Italia mazziniana ci hanno tanto confortato come le parole di Gladstone confortarono i nostri nonni) ; quest'Italia, non lo stato ma la Nazione, ha reagito con unanimità alle minacce di separatismo e ha mostrato il sno lutto per gli ultimi disgraziati casi della Venezia Giulia. Potremo azzuffarci tra noi per molto meno che una secchia rapita, ma l'insegnamento unitario mazziniano non l'abbiamo più dimenticato. Dietro ai separatisti non c'era la crisi della Nazione: c'era la reazione di un popolo politicamente poco educato a una stolta politica di accentramenti e di fiscalismi, reazione che è andata troppo oltre. Molti temono per la violenza delle lotte di parte: sarebbe indubbiamente preferibile che le lotte si svolgessero su un piano di tolleranza e di comprensione tra i vari partiti; ma non bisogna esagerare Oggi, la lotta politica per la molteplicità degli interessi contrastanti e per il gran numero di persone impegnate non si può svolgere idillicamente. Lotte politiche aspre e violenze ritarderanno, forse, la ripresa italiana, ma non intaccheranno l'unità nazionale Comunque, è ancora troppo presto per accorgersi del gran bene che ha fatto all'Italia la guerra partigiana, irregolare non per i risultati immediati che ascoltavamo commossi dal bollettino serale, ma per la partecipazione che alla vita nazionale cui ha costretto gli elementi estremisti, prima estraniati dalla vita della Patria. Chi penserebbe più oggi come Marx che i proletari non hanno patria? Resterebbe da esaminare la possibilità della riduzione dell'Italia a espressione geografica per volontà dei vincitori, contro il corso degli anni e del fato, contro tutta la rivoluzione nazionale dell'Ottocento: è possibile anche se per ora non ci siano fondati timori A parte le conseguenze culturali, sulle quali non indugiamo per la loro evidenza, i vincitori non potrebbero distruggere'altro che lo stato italiano, non la Nazione che è immortale Dall'unità nazionale fatalmente deriverà l'unità dello stato italiano. Anche l'hitlerismo è fallito (ed aveva usato la tecnica più perfetta) nel tentativo di distruggere le altre nazioni. Indubbiamente, una crisi che forse sarà salutare all'Europa, travaglia questo vecchio Continente; gli stati che organizzano giuridicamente le nazioni europee, vengono lentamente perdendo le loro indipendenze: il concetto di sovranità assoluta di uno Stato entro i • confini della Nazione, viene sIczritmsLngcPsdc terdipendenza tra giep£| ridici ma etici dello Stato: la sua libertà e la sua unità I nazionale j Bisogna battersi con tut te le nostre migliori armi di civiltà e umanità e con la I saggezza politica per non perdere nè indipendenza nè libertà: senza indipendenza nazionale e senza libertà la unità nazionale troppo tarderebbe a rifarsi unità di Stato. Gabriele Pepe riveduto di in rate' ffSSXS ia za degli ideali federalistici e internazionalistici e la for- za delle cose, specie ì rap- porti economici. Ma l'inter- dipendenza, la rinunzia a un antiquato concetto giù- ridico della sovranità nazio- naie non tocca i due carat- f_„: „v,Q n«n m°, ter che non sorto pili gm-

Persone citate: Gabriele Pepe, Gladstone, Marx