Situazione morale e situazione politica

Situazione morale e situazione politica Situazione morale e situazione politica I dirigenti della vita politica italiana, nei partiti organizzati, nei Comitati, al governo, nell'amministrazione stessa di cui si dice troppo male, sono — salvo inevitabili mediocri scarti — onesti, intelligenti, laboriosi; alcuni sono suscettibili di divenire veri uomini di Stato (questo rango misterioso, ma pur reale, in cui il talento conta meno di talune doti psicologiche, prima fra esse il disprezzo del plauso immediato). E quando si pensi che tutti costoro sono stati tenuti per molti anni lontani dalla vita pubblica, non si può non constatare con gioia che, malgrado tutto, la pianta uomo getta ancora in Italia dei ben robusti polloni. In Italia viviamo fra strani miracoli, e non ce ne accorgiamo : abbiamo tutti dimenticato che prima di costoro chi reggeva l'Italia, cioè chi la saccheggiava, era una banda di ladri e di « pulcinella fatti re » ; e il fascismo pare a tutti lontano, tanto lontano cha in buona fede ci immobilizziamo in situazioni che possono alla lunga screditare la ripresa di una sana vita democratica.. Una disinteressata voce d'allarme può non essere disutile; è ormai tempo di rettificare le nostre rotte politiche e di allargare il nostro pensiero. E' bensì vero che mai rivedremo niente che somigli anche da lontano al fascismo; questo almeno è sicuro: che certe onte e cèrte malattie morali non si ripetono. Ma è anche vero che si sta accentuando una crescente silente" scoraggiata sfiducia del popolo italiano verso ciò che si fa o si dice a Roma; e con gli stessi sin tomi e sentimenti da Torino a Bari ; il che del resto smentisce i piagnoni che nella secchezza dei loro ouo ri non sentono quanto sa era sianper tutti la nostra unità. Lo si vide bene quan do, a est e a ovest, dei no mi sacri alla nostra storia — Trieste e Aosta — parvero posti in discussione; salvo un paio di dimostrazioni per Trieste in cui tutto non fu sincero, la condotta del popolo italiano fu degna di un gran popolo: dignitosa, prudente e fiera ad un tempo; senza vocìi incomposti 'fece sentire una unanimità nella quale entrava anche il dolore di tutti noi che nubi potessero sorgere fra popoli che pe.l bene dell'Europa debbono marciare la mano nella mano. Cento altre prove potremmo citare della disciplina naturale, del buon senso, del desiderio ardente di lavoro da parte di questo nostro popolo che venti anni di turoitudim fasciste e tre anni di una <nierra terribile (anche perchè contraria ai nostri interessi) avrebbero potuto fiaccare. Ma è appunto perchè fiaccato non è, e appunto perchè lo sentiamo ovunque guarito di ogni illusione circa i regimi di fittizia autorità, che dobbiamo non prendere alla leggera questo fatto innegabile: che "li italiani, gli italiani che lavorano e sperano e penano (non l'abietta frangia degli ex profittatori fascisti) sono scontenti e disillusi della loro classe politica, dei loro governi, di Roma stessa. La cosa è grave: ma sarebbe ancor più grave non rendersene conto — come i politici del 1922 non si resero conto che il fascismo era men che nulla ma che l'irritazione e il disgusto del Paese per una crisi ministeriale di una durata mai vista erano molto, moltissimo. La vecchia storia si sta ripetendo, identica; e con quest'aggravante cui nessuno pone mente: che i pericoli di incomDrensione fra la massa italiana e la classe politica son oggi senza paragone più gravi e acuti che allora; allora non c'erano che poche regioni del Veneto devastate, e oggi devastata è tutta l'Italia; allora non c'era un problema di ~ carbone, petrolio e altre malterie prime, e oggi c'è e la chiave per risolverlo è una sola: la collaborazione fiduciosa degli Alleati; allora c'era un Parlamento aderto, ove chi aveva ragioni vere poteva farle valere, mentre opbì non c'è nenpure una modesta e pur da tempo annunziata Assemblea Consultiva; allora tutti i giornali raggiungevano o°ni borgo d'Italia, in vai d'Aosta come in Sicilia, mentre oggi le nostre polemiche si fermano alle porte di Roma. La stasi governativa era sembrata in principio prossima a soluzione quando da Milano, con gesto fresco e audace, si lanciò il nome di un uomo alieno dalla politica attiva, ma di cui o"ni atto e pensiero rievocano i più puri eroi del Risorgimento; il nome di Parri avrebbe dovuto divenire un sotsvttaRcmpapvccdcldulcdcdpzimSamnSmruTsszmccsvrqtlatldl segnacolo di unione: unione oer tutto ciò che ranpresenta e perfino noi po' che possa ancora mancargli. Ma invece si continuò a mercanteggiare. Per fortuna, l'intesa finì per farsi; ma avrebbe dovuto farsi prima. Ricordino i politici che se continuassero ad agire così, mostrerebbero di non aver percenito che l'Italia è ora al bivio più tragico del dopoguerra: da un lato il lavoro che può ricominciare col generoso aiuto economico e tecnico degli Alleati, dall'altro una crisi d'arresto che può significare un milione di operai sul lastrico: da un lato la via aperta a una lotta sia pur aspra ma leale per la vittoria di concezioni politiche diverse, dall'altro la guerra civile che basterebbe un po' più di disillusioni per far divampare; da un lato Pelimina- zione di tutte le formule di. incertezza e di confusione mentale, dall'altro il cristal-1 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIII IIII

Persone citate: Assemblea Consultiva, Parri