Situazione drammatica a Carbonia di Enrico Emanuelli

Situazione drammatica a Carbonia Situazione drammatica a Carbonia Crisi e battaglie della " Carbosarda ", che costa ogni anno centinaia e centinaia di milioni allo Stato; ma se l'impresa andasse all'aria sarebbero in gran parte compromessi fortuna e avvenire della Sardegna (Dal nostro inviato speciale) CARBONIA, dicembre. Carbonia è un brutto posto. Non è sorto a poco a poco, secondo l'amore, i sentimenti, le proporzionate necessita degli uomini, ma l'hanno costruito in maniera burocratica, freddamente disegnato sulla carta da chi sa quali architetti. Doveva essere una cittadina modello, tanto che in certe strade, inutilmente lunghe e monotone, ci hanno messo le buganvillee. I minatòri che ci devono vivere non l'hanno mai amata e ' mai si sono sentiti a casa loro. Dietro la piazza, disposta con un ordine da manuale accademico, qua il municipio, a destra la chiesa, più in là il cinema, dall'altra parte l'albergo, la posta, la banca, sorge il malinconico paesaggio dei casamenti popolari. Scatole grige, collocate &u un terreno brullo, con strade appena segnate; e di fianco, contro ogni piano regolatore, ma guidati dalla fantasia e dal bisogno, gli speculatori ed i commercianti hanno messo le loro baracche fatte con lamiera di fortuna e con legno di casse d'imballaggio. Mi fermai un mattino a guardare, perchè questa non è la Carbonia retorica degU architetti. Uno di quei mercanti volle stuzzicarmi: « E' come Bdangai* disse. Io non ho mai visto Sciangai. Ila quel brulicare di piccoli affari sul bordo della strada melmosa, quelle botteghe precarie, quel senso di umanità non felice eppure viva, ltlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll mi fece rispondere: «SI, come Sciangai». La cosa può anche essere inesatta. Altri infatti dicono che qui si respira aria di pionieri del FarWest; ed altri, altro ancora. « Si va b rovina » Sono le sfortune che rimangono addosso ai luoghi nati secondo una vanità e con troppa furia. Tra la vanità e la furia, allora molti ■speculatori seppero fare personali ed ottimi affari. Adesso, tra tanti misteri che cadono, si sa quel che pensavano gli speculatori: « Questa è una ^avventura, non durerà eterna ». Ci misero le buganvillee per compiacere l'occhio, ma in fondo ai pozzi cacciarono macchinari antiquati, di seconda mano, che compravano con poco danaro dalla Germania. Nel 1948 /ini la prima parte di quell'avventura; oggi si vive la seconda parto. Oggi, anche, le ragioni dei minatori e degli industriali si sono cosi sovrapposte, i motivi economici e quelli politici cosi pasticciati, che non è facile uscirne fuori. A Carbonia lavorano tredicimila minatori; con le loro famiglie gli abitanti diventano quarantamila. I sardi sotto in minoranza. Il grosso della popolazione è fatto di siciliani, di napoletani, di settentrionali venuti o mandati o spinti dal bisogno in questo angolo di terra. Le miniere di carbone, gli uffici, gli impianti, le case della cittadina, tutto appartiene ad una società che . sbrigativamente in Sardegna chiamano la Carbosarda, Si tratta di un'azienda nazionalizzata se non di nome, certo di fatto; ed allo Stato, alla fine di ogni-anno, costa centinaia e centinaia di milioni. In tempi di autarchia anche il carbone Sulcis, quello che si estrae a Carbonia, andava bene; e andava bene anche quando non se ne trovava altro. Ma da qualche tempo in qua a Milano, a Ger.ova, a Torino è possibile comperare carbone americano od europeo a prezzo inferiore a quello del Sulcis. Cosi a Carbonia, da un paio d'anni, si estrae un carbone che è difficile vendere. Resta fermo sui piazzali di miniera. Nella piana attorno a Carbonia vi sono montagne di carbone, dai fianchi escono colonne di fumo, come se ognuna fosse un Vesuvio in miniatura. Mi dissero: *E' lo sterile, che potrebbe servire ancora a molte cose; invece è qui e va in autocombustione ». Ed i tredicimila minatori, attraverso i loro rappresentanti, dicono: « Di questo passo andiamo alla rovina». Dicono gli industriali: € Naturale, si va in rovina ». Dollari in vista Da un pezzo in qua, minatori ed industriali, sanno che esiste una sola via da percorrere: si tratta di costruire una centrale termoelettrica, bruciarvi il carbone del Sulcis, avere cosi l'energia per sè e fornirla a tutta l'isola; si tratta di costruire determinati stabilimenti per ricavare, da questo carbone che non si .vende, materie azotate, materie coloranti, prodotti farmaceutici, il cemento, la calce, eco. A questo punto i tredicimila minatori e gli industriali, già d'accordo sul disastro attuale e sulle c uniche » possibilità future, si sono poi trovati in contrasto. Dopo mesi di lotta entrambi si avviano ad una triste fine d'anno. « Mangeremo l'erba, ma non cederemo » dice un portavoce dei minatori; ed un portavoce degli industriaZi risponde: €Non vi lasceremo strozzare l'azienda ». Ma dove e perchè si sono impuntati1; Bisogna allora sapere che l'E.R.P. ha avuto l'idea di stanziare cinque milioni di dollari proprio per la costruzione della centrale e degli stabilimenti; ma, a questo punto, il nostro Governo ha detto una parola anche lui: ha detto che i cinque milioni di dollari arriveranno a Carbonia quando la Carbosarda dimostrerà dì saper sanare il proprio bilancio e di non aver più btsoano delle sovvenzioni oovernative. (Qualche cosa ci sfugge in questo cavilloso ragionamento, ma pazienza). La direzione della Carbosarda si mise al lavoro per raggiungere un bilancio passabilmente sano. Cominciò col dire che poteva fare a me..o di quattromila minatori. Con i novemila che rimanevano, organizzando meglio la lavorazione, sarebbe riuscita ad avere centomila tonnellate di carbone ogni mese e darle a mille lire meno ogni tonnellata. Poi disse che sarebbe stato utile rivedere alcune tariffe di beneficio di cui godono i minatori. A Carbonia ogni minatore, dal 1938, paga di affitto 21 lire mensili per camera, ha diritto all'energia elettrica pagandola una lira e cinquanta al chilowat e può portarsi a casa, ogni anno, sessanta quintali di carbone a dodici lire il quintale. Ragionò l'azienda: adesso i salari sono aumentati, rispetto al 1938, quasi sessanta volte; vediamo di aumentare anche questi prezzi di favore fatti ai minatori. L'affitto, propose, sia di 41 lire; ogni chilowat costi dieci lire; il carbone lo si paghi trecento lire e ci si accontenti di trentasei quintali. Gli operai risposero che non era questo il modo di impostare il risanamento dell'azienda. Dissero: «Seno palliativi di poco conto ». Di licenziamenti non era il caso di parlare; il più per l'affittò, l'energia, il carbone avrebbe dato non molto. Meglio era capire, una volta per sempre, che la Carbosarda era abituata ni pigri sistemi del tempo autarchico, che bisognava riorganizzare la tecnica dei lavori, sbarac¬ care troppa burocrazia, valorizzare meglio le sue colonie agricole del basso Sulcis ed infine, ottenere subito i milioni di dollari per cominciare a costruire la centrale e gli stabilimenti. Tutti i sardi sanno La Camera del Lavoro di Carbonia ha « perduto », in pochi mesi, due segretari. Il primo, Giardino, è stato arrestato perchè durante uno sciopero sconfinò nel codice penale; il secondo, Sellati, è latitante per gli stessi motivi. Gli industriali hantw « perduto » l'ing. Rostand, exdirettore, travolto da fatti superiori forse alle sue capacità. Oggi, la segreteria della Camera del Lavoro è nelle mani nientemeno che di un senatore, Velio Spano. Dicono i suoi nemici: « E' chiaro: se vi hanno messo un senatore comunista vuol dire che si intende condurre una lotta esclusivamente politica ». Oggi la Carbosarda è riuscita a far nominare direttore un ingegnere, lo Spinoglio, che proviene dalla Montecatini. Dicono i suoi nemici: « E' chiaro: la Montecatini non vuole che si producano materie azotate, coloranti, ecc. e riesce a sabotare le iniziative attraverso quel suo rappresentante». Cosi la vita, già poco felice a Carbonia, diventa sul finire di quest'anno drammatica. Oli ope¬ rai non scioperano. Velio Spano ha portato l'arma della non-collaborazione. E che cosa è avvenuto? Dopo due mesi di non-collaborazione il carbone estratto è diminuito del quaranta, del cinquanta per cento; ed anche le paghe sono diminuite di altrettanto. Un minatore, oggi, che si vede pagato per quello che produce, porta a casa ogni mese poco più di Quindicimila lire. « Mangeremo erba, ma non cederemo » dicono; gli rispondono: *Non strozzerete l'azienda ». Decisamente Carbonia non ha fortuna, non la conosce. nemmeno la sua squadra di calcio. La squadra della Carbosarda giuoca in serie C e nessuno batte le mani per lei, neppure se la partita si svolge sul proprio campo. Allora vuol dire che se giuoca con il Piombino, i minatori toscani che lavorano a Carbonio fanno il tifo per il Piombino; e se giuoca il Tivoli, quelli del Lazio che lavorano a Carbonia fanno il tifo per il Tivoli. Gli altri stanno indifferenti. Nessuno è a casa sua a Carbonia; eppure tutti i sardi sanno che da Carbonia dipende gran parte del loro avvenire. Si tratta di fare un passo veramente in avanti o di tornare 'indietro di cinquanta anni qualora tutto dovesse andare all'aria. Enrico Emanuelli

Persone citate: Carbonia Crisi, Rostand, Spinoglio, Sulcis