La romanzesca vicenda delle azioni Marmi d'Italia

La romanzesca vicenda delle azioni Marmi d'Italia La romanzesca vicenda delle azioni Marmi d'Italia Un grappo francése ne reclama la proprietà - Un colpo di forza di Renato Ricci, allo papanerò fascista -1 trapassi sul filo delle parentele - Una sentenza del tribunale di Massa (Nostro servizio particolare) Roma. 30 novembre. La. proprietà' del più rilevante gruppo dell'industria marmifera italiana si dibatterà in questi giorni dinnanzi la commissione internazionale di conciliazione, istituita dagli articoli 78 e 83 del trattato di pace sottoscritto dall'Italia. La spinosa vicenda Sulla questione, la quale coinvolge le sorti di uno dei rami più importanti dell'attività nazionale, viene chiamato a decidere l'ente preposto alla risoluzióne delle controversie tra uno Statò estero facente parte delle Nazioni Unite lo Stato italiano, mentre, 48 ore addietro, al riguardo si è pronunciato il Tribunale di Massa, dòpo una càusa nel corso della quale sono stati scrìtti volumi e si 6 discusso durante otto udienze. H Tribunale ha meditato dal 81 gennaio ad òggi, respin>, dopo nove mesi di sfolla domanda di un gruppo "," ohe rivendicava la azionaria della Anonima Industria Marmi d'Italia. Dopo il Tribunale di Massa, dovrà interloquire la Corte di ptijfpello di Genova. Frattanto continua 1 suol lavori, come iilllllllllllilllllliinilllllllllillllllilllllllllllllHIS si è detto, la commissione di conciliazione. Viene a profilarsi così un conflitto tra la giurisdizione ordinaria e quella internazionale, ciò che rende ancor più complessa la spinosa vicenda, la quale si ricollega all'attività di Renato Ricci quando era ministro delle corporazioni. A Renato Ricci si addebita, infatti, di avere, avvalendosi dei poteri di cui disponeva quale membro del governo fascista, spossessato del pacchetto azlonario della Società Anonima Industria Marmi d'Italia (S.A.I.M.I.) coloro che dei titoli erano broprietari fin dalla costituzione dell'Importante azienda. La S.A.I.M.I. venne costituita nel corso degli anni 19361937 col ccqiferimento, per la maggior pari* del capitale sociale, di vasti terreni marmìferi, .di una segheria, di un raJazzo in Carrara e di altri beni immobili di proprietà della signorina Jeanne Dervillé. Il capitale sociale era costituito da duemila azioni e 1720 dì esse vennero appunto attribuite alla Dervillé quale corrispettivo delle attività apportate. Le resìdue 280 azioni erano sottoscritte per duecen to da Giovanni Marchetti e per quaranta ciascuno da' due azionisti, come la Dervillé, di nazionalità francese: ring. iiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin Jean Majoulet e il conte Bernard du Barrai. In un mese imprecisato del 1939, le 1720 azioni già appartenenti al gruppo francese figuravano intestate al barone Luigi Parrilli, dopo che una ?arte di esse, in numero di 00, erano state in precedenza passate dal gruppo francese a due cittadini olandesi. Sostengono la signorina Dervillé, ring. Majoulet e il conte Du Barrai, di avere appunto trasmesso, « con opportuni accorgimenti >, il loro pacchetto azionario al barone Parrilli soltanto per sottrarlo ad un probabile sequestro da essi temuto nell'eventualità, poi verificatasi, di un conflitto armato tra Italia e Francia. Speculazione personale Il barone Parrilli ammétte tutto ciò, ma sostiene di non essere più in grado di resti» tuire le azioni della società marmifera per esserne stato a sua volta spossessato in circostanze per le meno singolari. — Nonostante che io apparissi titolare delle azioni, ha riferito in sostanza il barone Parrilli, 11 governo Italiano aveva messo, nell'agosto del 1940, l'azienda sotto sequestro. Ministro competente era Renato Ricci che, essendo carrarese e genero di uno dei maggiori industriali del marmo, iiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniitiMiiiiiiiiiiiniiiiiiiiii aveva sempre mostrato un farticolare interessamento per e cave di marmo. I due reclami al ministero per ottenere la revoca del sequestro erano stati respinti, mentre il sequestratarlo faceva apparire deficitaria la società, la quale Invece era tutt'altro che in passivo. Il Parrilli ha espresso l'opinione che il ministro Rìcci volesse effettuare una speculazione personale: dapprima con blandizie e promesse cercò di persuadere il Parrilli a disfarsi delle azioni cedendole a terzi, poi passò alla mm accia di far liquidare l'azienda e di far arrestare luì sotto imputatone di essersi accordato con cittadini nemici per eludere le leggi di guerra. Il Parrilli afferma che fu cosi costretto a vendere 1 titoli ad una persona indicatagli dal ministro Ricci, il rag. Giovan Battista Rosa, n compromesso di vendita Venne concluso il 3 febbraio 1942: dopo solo cinque giornate, un decreto interministeriale revocava il sequestro della S.A.I.M.I. Le azioni così passate da Parrilli a Rosa vennero successivamente trasferite da Rosa al signor Ermanno Rivetti, noto industriale di Biella, suocero del signor Giulio Fi gaia, alla bus volta cognato di Renato Ricci. E Rivetti divise il pacchetto tra la figlia Bianca e il genero Giulio Figaia, 1 quali due sono appunto gli attuali possessori del tìtoli. Dopo il 25 luglio 1943, 11 barone Parrilli presentò una denuncia alla pubblica sicurezza contro Ricci e contro Rosa. Quest'ultimo venne arrestato. Ma l'8 settembre Rosa fu messo in libertà e Parrilli cercò di non avere guai facendo scomparire dagli uffici della polizia, con la complicità dì un funzionario amico, la denuncia. Soltanto il 15 aprile 1946, la signorina Dervillé, l'ing. Majoulet e 11 conte Du Barrai citarono dinanzi 11 Tribunale dt Massa 11 barone Parrilli; il rag. Rosa, l'ex-ministro Renato Rìcci, 11 signor Ermanno Rivetti, il signor Giulio Figaia e la signora Bianca Rivetti In Figaia, nonché l'ex-sequestratarlo della S.A.I.M.I., Ing. Gino Baratta, e infine la stessa S.A.I.M.I. Chiedeva il gruppo francese che l'autorità giudiziaria dichiarasse la nullità di tutti 1 passaggi del pacchetto e di r nseguenza ordinasse la restituzione del titoli; domandava anche la condanna di tutti, e specificamente di Renato. Rìcci, con esclusione del solo Parrilli, al risarcimento dei danni. Il Tribunale di Massa ha accolto le eccezioni del possessori italiani: non c'è dubbio — hanno sostanzialmente risposto 1 giudici — che le 1720 azioni costituenti quasi l'intero capitale della S.A.I.M.I. sono state fino al 1939 di proprietà del gruppo francese; ma i non megWo precisati «opportuni espedienti» in base al quali 11 pacchetto è passato al Parrilli non permettono di stabilire se Dervillé, Majou let e Du Barrai abbiano conservato o meno la disponibilità dei titoli e soprattutto se possano tuttora vantare il di ritto di proprietà nel confronti di terze persone. Depositario passivo E' anche sembrato al Collegio che il barone Parrilli, il quale non ha contestato il diritto dei rivendicanti le azioni, sia rimasto depositarlo passivo, per tanti anni, dì sei mi lioni del 1942, da lui ricevuti quale corrispettivo delle azìo ni, 1 quali sei milioni, se pure — come si sostiene — erano lontani dal valore effettivo del titoli, rappresentano pur sempre, ragguagliati alla svalutazione della moneta, una somma assai rilevante. Si dice. che durante 1 nove mesi trascorsi tra la discussione della causa e la pubblicazione della sentenza il Tribunale non si sia Indugiato soltanto a soppesare la ragione e il torto. Avrebbe dovuto preoccuparsi di resnlnsrere un intervento del Ministero degli Esteri. « Questa sentenza non si deve fare! » avrebbe ammoni to II Ministero, in quanto il gruppo francese, dopo essersi in un prillo tempo rivolto ai magistrati di Massa, aveva poi indotto il governo del suo Paese ad adire la commissione Internazionale. La sentenza del Tribunale, nonostante tutto, è stata pronunciata, ed ha aperto al soccombenti la vìa della Corte di Appello. Ma Intanto la commissione di conciliazione continua a discutere, per quanto si sia eccepito che la commissione stessa ha il compito di decidere controversie tra Stati, non tra privati: Le ragioni dello Stato italiano sono sostenute, alle udienze di Roma, dal sostituto avvocato generale Agro, che ha nominato suo consulente giuridico il prof. Candlan. La Repubblica francese è rappresentata dal suo agente. 11 cui consulente giuridico è l'aw. Ercole Graziadei, Non è escluso che l'autorità giudiziaria giudichi bianco e la commissione internazionale giudichi nero. Una ipotesi di questo genere rappresenta, per gli studiosi di diritto, « un caso iteressante »; ma rende asaai ardua la risoluzione degli interessi In contrasto, i quali, in questo caso, per la portata e la natura, toccano da vicino un ramo della nostra economia Arturo Orvieto

Luoghi citati: Biella, Francia, Genova, Italia, Roma