Noi e i tedeschi di Ugo Zatterin

Noi e i tedeschi Noi e i tedeschi Come ci vedono, cosa pensano (Dal nostro inviato speciale) DUSSELDORF, novembre. A Dusseldorf abbiamo avvicinato, un mio amico e lo, due ragazze di un caffè notturno. — Siete americani? — ci interrogarono subito. — No — rispondemmo. — Slete inglesi? — No. — Francesi, allora? — No. Continuammo per un pezzo. Le ragazze citavano tutte le nazionalità, della terra e sempre si dimenticavano quella vera. — Veniamo dalla luna — disse scherzando il mio amico. Io borbottai: — Non riescono proprio a capire —. Suesto lo dissi in italiano, e lora le ragazze scoppiarono in una grande risata, gonfie di sorpresa. — Capire — ripeterono, sillabando. — Sie slnd Italienischon —. Ci fecero tante domande da affogarci dentro. Credevano che l'Italia fosse distrutta, una terra bruciata come lo sono certi quartieri di Dusseldorf. La notizia che la Germania stava peggio, molto peggio, fece sgranare i loro occhi e fu per Umidezza certamente che non se ne rammaricarono ad alta voce. Non si può nemmeno dire che gli italiani siano odiati, in Germania. Un certo rancore sussiste nel popolino, nei camerieri dei bar, negli autisti di piazze, negli uscieri degli uffici. Per costoro noi siamo semplicemente dei «traditori», cosi gli hanno detto fin dal primo momento, ed è difficile spiegare loro come sono andate le cose. Per gli altri, per gli intellettuali, per 1 nuovi dirigenti, per la gente che ci riflette sopra, gli Italiani sono stati soltanto dei furbacchioni che hanno saputo cavarsi in tempo fuori dalla carneficina. Ufficialmente gli uomini politici della Germania democratica ostentano simpatia per la democratica Italia. Il signor Knappstein, un componente del governo, al abbandonò ad un fervorino molto caloroso. « Speriamo — egli dichiarò — che i rapporti tra i nostri due popoli possano rientrare nell'alveo della millenaria amicizia ». A que¬ sto punto si accorse di avere lievemente forzato la realtà storica, e precisò sorridendo: « E' stata forse un'amicizia un po' strana, ma non è detto che in seguito non ci si possa intendere meglio». Un ragazzo, da poco entrato nel giornalismo, mi sussurrava, in un angolo del salottino dove il console italiano a Francoforte ci aveva raccolti: « Riusciremo mal ad essere amici? ». Sembrava veramente angosciato da questo interrogativo e si rispose subito Ja se stesso, quasi per impedirmi di rispondergli con qualcosa di convenzionale: x Tutte le volte che lo siamo stati sono accaduti dei guai». E' cosi, e non c'era niente da aggiungere. Soprattutto, la gente tedesca si è quasi dimenticata dell'Italia. Pochissimi, per dire, sanno che nel nostro Paese non c'è più la monarchia ed è sorta la Repubblica. In passato c'erano due nomi che rappresentavano ad ogni istante l'Italia nel cuore dei tedeschi: Mussolini e Beniamino Gigli. Oggi, dei nostri uomini politici conoscono soltanto Togliatti. Ma non vogliono abbinare il suo nome al pensiero dell'Italia; ed in mancanza di un grande tenore, resta la nostra musica, che tiene sempre il primo posto nei cartelloni dei pochi teatri d'opera in attività. Noi, a nostra volta, guardiamo i tedeschi che passano per la strada e sono, ottanta su cento, vestiti con un pezzo della divisa di guerra. I loro stivali pesanti, il berrettino calcato sulle nuche rasate, i giacconi mimetici dall' aria spaccona, muovono un mare di reminiscenze. Ti stupisci che non portino ancora il mitra scheletrico delle S.S., ma talvolta è come se lo portassero. Muovono pietà, i tedeschi, con gli occhi strabuzzati davanti ad un piatto di patate scondite, col capo chino negli antri freddi e desolati, sottratti alla casa distrutta. Ma l'interrogativo assilla sempre: « Riusciremo mai ad essere amici ? ». Ugo Zatterin

Persone citate: Beniamino Gigli, Mussolini, Togliatti

Luoghi citati: Francoforte, Germania, Italia