Una strada favolosa

Una strada favolosa IL SEGRETO DEL GIAPPONE Una strada favolosa La "Ginza,, di Tokyo fu costruita da una strana gente cerimoniosa che coltiva fiori e uccide uomini con la stessa morbidezza nervosa (Dal nostro Inviato speciale) TOKYO, novembre. Ecco la Ginza, ecco la Broadway di Tokyo. Ecco la « Unter den Linden », la « Via del Tritone », la « Ramala » di Tokyo: è la Ginza, gigantesco t Corso », colorata «Avenida», inedito € Boulevard». Chi non ha visto la Ginza ha perduto qualche cosa nella sua vita. Chi non ha centellinato' passo passo i chilometri e chilometri deU l'arci-strada di questa arci-città arci-lontana dalla nostra terra occidentale, ha perduto un paesaggio memorabile fra quanti ne hanno* fabbricati gli uomini. .Di dove vengono queste canzoni cantate a pieni polmoni, sorrette da orchestre robuste, queste poderose canzoni che a folate musicali, simili a folate di vento, echeggiano ai crocxcchi e mettono attorno un sentore quasi frivolo di arte varia? Vengono dalle radio. Un mondo di fantasia Ecco, ecco la Ginza, larga cinquanta metri, lunga dieci chilometri, strada giapponese, strada cinese, strada americana, strada europea, strada di villaggio, strada di metropoli; palazzi massicci di cemento, di pietra, di marmo, di vetro; palazzi bianchi, palazzi neri, palazzi rosa, perfino palazzi rossi; e casettine di legno fra quei pachidermi, qualcosa come abitazioni da bambole, baracche da tirassegno, teatrini da marionette, con la lanterna di carta, a pallone ovale, penduta dal oornioioncino, col mazzo di crisantemi oltre la porta. Ecco i merletti, gli arabeschi, i fiorami, le cristallografie della più bizzarra scrittura fra le scritture; quei caratteri lunatici tutti scalette, ragnatele, figurine geometriche, crocette che sembrano volta a volta gigli, inferriate, alberelli, altarini, calici, i caratteri importati dalla vecchia Cina, i caratteri di un mondo ultraterrestre, di un mondo da scoperta planetare, o da viaggi di Gulliver. L'hanno fatta questi piccoli passanti che si affollano sui marciapedi, la Ginza; questi dalle gambe corte, dagli occhi le cui mandorle, verso la tempia, vanno in su; l'hanno fatta con le loro mattine signori dalle spallucce tozze, pazienti, attive e anche sapienti. Sembra impossibile che omèttini così strani, i quali incontrandosi si inchinano fino a terra tre quattro dieci volte, abbiano potuto mettere insieme tanti bulloni, tanti alberi d'acciaio, tante tonnellata di pietra, precisamente come gli uomini dagli occhi orizzontali, dalle gambe lunghe, dalla scrittura latina. Guardiamoli in faccia Quésti ometti che hanno empito gU edifici della Ginza di ascensori elettrici, di impianti di termosifoni, e di radio, e di motori per l'aria condizionata, e di apparati automatici antincendio: hanno una espressione enigmatica, ma soprattutto disciplinata; nei loro occhi senza palpebra, dalla brillante pupilla nera, si legge 'una. parola pacata e definitiva: " Ordine l". Ci trovi di tutto E, appunto, la Ginza è ordinata: è un bazar, ma contegnoso; una fiera, ma beneducata; una babele, ma inquadrata in un sistema. La musica irrora l'aria, la fòlla trabocca, mille mercanti offrono la loro merce al pubblico; ma palpita nell'atmosfera la presenza di un autocontrollo severo, di un limite prestabilito, d'una misura calcolata al millimetro. Migliaia di negozietti ambulanti si seguono in prolissa teoria lungo i bordi dei marciapiedi senza soluzione di continuità, due interminabili siepi di carrettini mutati in calottini dai piccoli tetti di legno, con i loro banchi di vendita, con le loro vetrinette, colle loro tendine. Oh, i piccoli furbi, matricolati, cèrimonievoli commercianti della Ginza l Essi possiedono tutte le mercanzie del mondo. Alla Ginza puoi trovare di che metter su casa, di che vestire i tuoi figli, di che rovinarti per una donna, di che fondare un laboratorio scientifico, di che trasportare in Europa gli oggetti-ricordo che meglio ti piacciano, banali o raffinati, piatti di ceramica o scrigni di lacca, fermacarte con la veduta del Fuji Ban, o piccole geishe di feltro sotto campane di vetro, chimere di bronzo o libri di antica religione scintoista; e paralumi, e paraventi, e ventagli, e kimono, e sciabole da samurai, e ombrelli di carta o di seta, e obbiettivi fotografici, e salame, vermouth, crema per barba eccetera eccetera. Io penso che se mi recassi da un bottegaio della Ginza e gli chiedessi un dirigibile, ecco, egli si inchinerebbe fino a terra quattro volte, mi presenterebbe le sue più umili scuse e 7ni darebbe il dirigibile. Nella Ginza il frastuomo è silenzioso, la confusione è ordinata. E' nella Ginza il segreto del Giappone: questa attitudine a modulare il sistema nervoso sulla lunghezza d'onda di una ben determinata disciplina; e questa capacità sbalorditiva di mescolare il sacro con il profano, la tecnica con l'arte, la meccanica con il cerimoniale, il mito con l'aritmetica, le armi con gli inchini, l'occidente con l'oriente; e queste quasi scimmiesche abilità e agilità nell'assorbire tutto quel che vien di fuori come fosse cibo tradizionale. E' cosi che, vendendovele, il negoziante ambulante della Ginza maneggia con la medesima abilità le bacchettine per mangiare come la cellula fotoelettrica per la vostra macchina fotografica. Quel venditore è il "giapponese" per eccellenza, è il Giappone tutto intero. E' quello stesso giapponese che si schiacciava il cranio contro Il 1111111111 j I < ì 1111 k 1111111 r t M * 11111 ! 111 111Ele corazzate americane scagliandovisi contro con il suo piccolo apparecchio suicida; per la disciplina, per l'ordine, per un sistema; quello stesso che prima della guerra inondava il mondo di tazzine da tè, di lampadine elettriche tascabili, di camicie di seta o di cotone, di orologi da tasca o da polso a cinque lire il pezzo, indifferentemente; quello stesso che non ha dato noia agli occupanti, che perduta la guerra ha cercato di eccellere nel modo di recitare la parte del vinto: persona diligentissima, pedantissima, formalissima in tutto, non importa se si tratti di costruire corazzate o di disporre fiori in un vaso, di uccidere un uomo o di dipingere un pannello. E' una interessante persona, quei giapponese, è un interessante fenomeno umano, una interessante macchina mentale. Ebbene, quel giapponese, se volete vederlo, se gli volete parlare, se lo volete toccare con un dito, lo potete trovare li, nella Ginza. Fenomeni contraddittori Mi sorprende di questo popolo l'inimitabile, cheta, forse tarda, forse anche un poco cieca versatilità collettiva, formale e sostanziale, che compone in esso mille fenomeni contraddittori, che sposa il fiore alla mitragliatrice, la cerimonia del tè al varo della corazzata, la brutalità più rozza alla umiltà più mansueta e mortificata. La sua coerenza nei confronti di un mondo prelibatamente illogico, la sua fedeltà ai più opposti " credo " messi insieme, m'appassionano appunto perchè sono così lontane dalle caratteristiche della nostra razza e della nostra terra. Mi appassiona la Ginza appunto perchè è così meravigliosamente un'altra cosa da Piazza San Pietro, da Place de la Concorde, da Trafalgar Square. Chi non ha visto la Ginza ha perduto qualche cosa nella vita; ha perduto la più elementare volgarizzazione delta natura di una gente, delle possibilità di una gente, della destinazione di una gente. Chi non ha visto quei lunghi tranvai verdi incrociare i rich-shows dall'omino-cavallo; chi non ha visto rinascere nel cuore d'una metropoli di cinque milioni di abitanti, nella Ginza dico, sulle macerie di un palazzo spiaccicato da qualche quintale d'esplosivo, la casetta di Butterfly; chi non ha visto la lanterna di carta colorata, con la candelina dentro a fianco alla pubblicità luminosa al neon, nella Ginza; costui non potrà mai spiegarsi perchè il Giappone, messo a fronte della grande catastrofe della guerra perduta, abbia fatto profonda riverenza, abbia chiesto umilmente scusa al vincitore, e ora, col sorriso sulle labbra, tragga fiori dalla martoriata terra di Hiroshima, Virgilio Lilli 11111111111111S111LI [ ! 11111111111M11 i 111131111111J11 r ■ 11111

Persone citate: Fuji, Linden, Ramala, Virgilio Lilli