Cuori di fuoco

Cuori di fuoco CENTENARIO DI EUGÉNIE DE GUÉRIN Cuori di fuoco Una domenica della scorsa t)9tate Francois Mauriac andò al Cayla, la vecchia dimora dei Guérin, a commemorare il centenario della morte di Eugenia. Già dieci anni prima l'eminente romanziere, il più degnò di questi pellegrini gueriniani, aveva inaugurato il museo delle reliquie del fratello e'della Bore Ila ormai famosi, il cui ricordo poetizza e profuma tutta la Linguadoca e allora come adesso egli fu certo accompagnato, in ogni paese, in ogni cittadina dove il culto dei Guérin è sempre vivo, dalle ombre invisibili di Maurizio e di Eugenia che sembravan dargli la mano come gli arcangeli accanto a Tobia, nel suo lungo viaggio. Quest'estate, come dieci, come cent'anni fa, la cicala cantava nella pianura grigia, e ardente, cinta in lontananza dai monti azzurri, il paese selvaggio era sempre lo etesso e in quell' immobilità, in quella pace «6embrava — dice Mauriac — che i rami degli alberi scambiassero saluti tra di loro, e, sotto le nubi rapide, continuassero quel sussurrio di cui Maurizio aveva penetrato il senso eterno ». Ci sarà ancora, fra quegli alberi, il grande maestoso castagno che Eugenia diceva bello come un monarca orientale, quando, investito dal sole, raggiava di mille frecce rosate? Sotto quel castagno sua madre aveva passato i caldi pomeriggi dei suoi ultimi mesi, e Maurizio, piccolo, biondo, fragile, aveva mosso i primi passi della sua breve vita. Lei, Eugenia, seduta sul terrazzo, in quell'estate del 1848, lo guardava con tenerezza, ma non si sentiva più la forza di arrivare fino alla sua ombra. Ormai era alla fine. Aveva quarantatre anni e moriva, consumata dalla tisi, com'era morta, giovane ancora, sua madre, com'era morto Maurizio, nella primavera del '39. Nove anni addietro e pareva un'eternità. Sì, pensava Eugenia, era veramente ora, per lei, di andare a raggiungere quel fratello-figlio, quel cuore di fuoco gemello del suo, due cuori uniti in una sola fiamma. E nell'attesa chinava il magro capo sul petto, si stringeva lo scialle sulle spalle aguzze. Le donnette che passavano nella stradetta sotto il terrazzo, la guardavano con pietà. Pauoro doumaìzelo, dicevano, sospirando, nel linguaggio del paese. Povera signorina! Perchè dava una così mesta impressione di abbandono, di soli tudine, pur avendo alle spalle la casa, il nido, come lei l'aveva sempre teneramente chiamato, coi cari familiari, il vecchio padre tanto buono, la sorella Maria, attiva come un'ape e tdolce come un angelo, il fratello Erembèrto, con la moglie e le figliolette? Forse perchè ella era già staccata da quei cari vivi, tutta protesa verso il cimitero di Andillac, dove dormivano la mamma e Maurizio, in quell'angoletto tra il cipresso e il muro, su cui le rose fiorivano nella buona stagione. Certo, il passato era morto. Un silenzio funereo, pesante come una pietra tombale, era caduto su di esso e soffocava tutto. Sembrava che nessuno più ricordasse Maurizio, nè lei, nè il Cayla, quella povera, terra di una famiglia antica, ormai priva di beni di fortuna, ricca soltanto della sua fede religiosa, delle sue tradizioni legittime, di dignità e d'onore. Ma lei, in quegli ultimi giorni, per quanto si sforzasse a non ricordare troppo per non soffrire, non poteva fare a meno di vedere con gli occhi della memoria la magra adolescente ' ch'era stata, con le trecce castane, gli occhi scuri che guardavan piante e farfalle con gioia ineffabile e dentro il cuore l'ardente desiderio di farsi suora carmelitana. Ma come appartarsi dal mondo respingendo le braccine del fratellino Maurizio allacciate intorno al suo collo? La mamma, morendo, glie l'aveva lasciato, tutta la famiglia guardava a lui come all'ultimo pegno d'amore della santa creatura, come al tesoro di tutti. Ma lei, più di ogni altro, la sorella-madre, aveva preso il fanciullo per mano per accompagnarlo su nel cammino della vita, dividendo le sue emozioni, scoprendo il suo genio poetico, lei la poetetv i delle cose umili e quotidiane che sentiva l'incanto di un gorgheggio d'usignuolo come quello del pigolìo del pulcino entrato in cucina, dove Maria tuffava le braccia nella farina per fare la pasta. Su, su nel cammino della vita con Maurizio che, dopo un po' di tempi» trascorso in Seminario, non aveva voluto farsi sacerdote, ma, andato a Parigi, era diven¬ tato giornalista, istitutore, soprattutto poeta. Per lui ella aveva scritto il suo Journal e innumerevoli lettere, per lui, con fede sublime, aveva mormorato in ginocchio, infinite preghiere. Su, su, sostenendolo nei suoi dubbi, soffrendo per le sue passioni, godendo dei suoi trionfi, l'aveva creduto in porto, il '38, l'anno del suo matrimonio con madamigella Caroline de Saint-Gervais ed era andata a Parigi per la grande occasione (quattro giorni di diligenza, miei cari !) sfoggiando un abito di taffetà verde scuro e una capote a nastri, nuova di zecca. A Parigi, dove aveva conosciuto il grande amico del fratello, il dandy e poeta Barbey d'Aurevilly e la fiammeggiante passione di Maurizio, quella romantica, capricciosa, malata immaginaria, irrequieta e seducente baronessa Marie De Maistre, che, per inebbriarsi di sacrificio, spingeva il giovane e riluttante amico a quel matrimonio destinato all'insuccesso. Ma che importanza potevano avere ormai trionfi e insuccessi, se otto mesi dopo le nozze Maurizio tornava al Cayla, alla dolce casa, per morire, a ventott'anni, fra le braccia della sorella? Era spirato quieto, rassegnato, guardando un piccolo rosaio che un giorno la baronessa aveva regalato a Eugenia, per ricordo. Giusto una rosa era sbocciata, in quel mattino di giugno... Caroline, la piccola vedova, si era recisi i capelli e li aveva messi nella bara dello sposo. Poi, dopo qualche anno, si era rimaritata. E tutto, al Cayla, era stato silenzio e cenere. Nes suno si occupava più della gloria di Maurizio, per quan to Eugenia facesse; quei po veri Guérin parevan dimen ticati da tutti ; non più una lettera, da Parigi, in risposta alle sue, era arrivata da anni, al Cayla. Silenzio... Tutto è vanità, diceva ora Eugenia, chinando il capo accettando, arrendendosi. Il mondo aveva mentito, solo restava quel che Dio aveva costantemente promesso a quella vera cristiana : una buona morte. Ella non prevedeva allora ohe, col tempo, Maurizio sarebbe stato riconosciuto co. me uno dui più squisiti poeti francesi, e che lei, col suo Journal, tutto profumato di lavanda, come dice Mauriac, e le sue lettere, sarebbe sta ta l'amica adorata di mi gliaia e migliaia di creature sparse iu tutto il mondo attraverso tutti tempi, creature dolci, incomprese, incapaci di esprimersi e che trovano nel suo cuore di fuoco il conforto di una fratellan za d'amore. Carola Prosperi iimiiiiiiiimiimiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Gale Storm, giovanissima stella hollywoodiana, ha una bella voce e una disinvolta recitazione

Luoghi citati: Linguadoca, Parigi