Irresponsabilità burocratica

Irresponsabilità burocratica Irresponsabilità burocratica L'assidua campagna che alcuni giornali finanziari e non pochi quotidiani conducono contro la burocrazia, con il doppio scopo di tentar di sfrondare l'enorme ammasso di leggi, disposizioni, circolari, lasciatoci in eredità dal corporativismo 6 dai suoi epigoni, e di metter in chiaro che una politica d'in tervento statale nell'econo mia richiede ben altra preparazione tecnica di quella di cui danno giornalmente prova gli uffici, deve essere appoggiata e sviluppata nell'interesse generale.' Non intendiamo ricominciar la disputa fra liberismo e dirigismo: anche rassegnandosi, entro i più ristretti limiti possibili, a qualche intervento statale, il paese ha tuttavia il diritto di pretendere che questo avvenga con criterio, e per opera di competenti, ciò che oggi non accade se non per eccezióne. E' un problema di sensibilità economica, di pratica di affari, e queste due doti non sono connaturate ai burocrati. Per considerare qualche esempio, documentabile a richiesta,'come giudicare quei servizi che, da un giorno all'altro, senza preavviso prima, nè richieste di trattare poi, modificano, in vista di opportunità politiche, condizioni di pagamento concordate legittimamente, chiedendo, per esempio, rilascio di cambiali per miliardi di lire, senza neppur pensare cos'è la spesa dei bolli per cambiali di tale importo? Oppure altri uffici che, sempre dispoticamente, impongono di colpo a industrie ritiri di materie prime per centinaia di milioni pagabili ipso facto, senza preoccuparsi menomamente dei piani finanziari in base ai quali lavorano le industrie stesse, e che uon sono alterabili, nè modificabili di punto in bianco, nelle attuali difficoltà di mercato e di rendimento, e con l'alto costo del credito bancario? Non parliamo della persistenza di prezzi ufficiali, basati sopra aliquote di altri prodotti a prezzo ormai sbloccato, e oggidì molto inferiori, per le condizioni di mercato, a quelli che hanno servito di fondamento ai primi. E di certi contratti politici internazionali, di cui tutta l'industria .paga le spese (o — ciò che fa lo stesso — le sopporta il Tesoro a carico della comunità) perchè chi li stipulò, non sentì il dovere elementare di farsi assistere dai competenti del ramo, e di consultarli, ed accettò condizioni tecniche e di prezzo che qualsiasi commerciante avrebbe ricusato? Che dire poi della immortalità di Enti, Commissioni, Comitati, che non si riesce a sopprimere, e che assorbono contributi ingentissimi pur non avendo più nè scopi, nè funzioni, se non quelli di albergare impiegati e di assicurare emolumenti — anche modestissimi —, gettoni di presenza, quote di partecipazione, a burocrati che molti sarebbero lieti di pensionare, e che stando a casa in panciolle farebbero risparmiar centinaia di milioni all'economia nazionale? Tutte le critiche che da Matteo Pantaleoni a Giustino Fortunato, si sono fatte al regime burocratico, sono oggi vive, attuali, pungenti. Unico rimedio sarebbe la ascesa ai posti ministeriali di capaci amministratori (razza assai rara, tra gli uomini politici) i quali mettessero, per condizione ad accettar la carica, di aver mani libere nella riforma degli uffici e nella scelta delle persone, come fa qualsiasi amministratore delegato di società per azioni. Alcuni ministri, a quel che si dice, compiono orari prolungati, sono attivissimi: a che prò, quando il loro lavoro si insabbia nella fase di esecuzione, e basta un funzionario rond de cuir a renderlo vano, a ritardarne, ad annullarne gli effetti? Chi scrive ha assistito or è qualche settimana a una scenetta caratteristica: due archivisti che, apertamente, beffavano un funzionario, non gli trovavano i «precedenti» di certe pratiche. E quel povero diavolo a levar gli occhi al cielo, giacchè egli non poteva — come qualsiasi privato amministratore — sbarazzarsi dei due gaglioffi, licenziandoli. Come si può pretendere, da gente che, dal ministro all'usciere, lavora — per qualche ora al giorno, soltanto! — in queste condizioni, di saper rendersi conto dei delicati congegni economici, di capire il peso di certe decisioni o provvedimenti, sui bilanci industriali? Unica preoccupazione, è per loro, di mettersi a posto secondo il regolaménto, evitare grane, mantenere certe posizioni precostituite (un ministro mi raccontava i lagni dei suoi dipendenti per aver egli abbandonato il controllo di certo prodotto, controllo che « c'era il rischio passasse ad altro ministero! ») e .se in questa lotta d'influenze, i privati e .ì consumatori pagano, -non- importa! Non è un segreto per nessuno la fièra rivalità tra dicastero e dicastero, per non lasciarsi sfuggire, o per metter le mani, su certi organismi e materie prime, o enti di acquisto e distribuzione, perpetuando un vincolismo che è costato — e costa — al Paese, dei miliardi. Contro questo stato di animo e di fatto, oltre che la riforma della mentalità dei capi, e la pubblica e sistematica segnalazione — con critiche e consigli — di ciò che accade o si teme, non v'è rimedio positivo all'infuòri della chiamata in causa, della responsabilità legale, di tanti burocrati a cui vent'anni di fascismo hanno inculcato la credenza — falsa — che essi possono fare, impunemente, ciò che vogliono, dietro il paravento di una legislazione caotica ed oscura. Quando qualcuno di costoro si sentirà afferrato, personalmente, nelle morse di una procedura, si comincerà a persuadere alfine che in regime di democrazia l'irresponsabilità bu-J rocratica non ha ragione di1 essere, e che i funzionari sono al servizio del pubblico, e non viceversa. Acj.

Persone citate: Giustino Fortunato, Matteo Pantaleoni