Lotte in Emilia

Lotte in Emilia Lotte in Emilia ■ s » Ma dove nel passato il conflitto agrario e sindacale fu sempre violento ma leale, oggi minaccia di degenerare nell'insidia nell'imboscata BOLOGNA, novembre. Da dove vogliamo spedire questa scabrosa lettera emiliana? Da San Giovanni in Persiceto, dove hanno ammazzato a colpi di lina e di spranga il giovane Fanin che pedalava, e in tasca teneva invece della pistola un candido fòglio, adesso rosso di sangue, su cui aveva fissato, dopo gli esercizi spirituali, i proponimenti del buon cristiano"! (Ho veduto su quel foglio di carta e sulla polvere della strada, il sangue di Fanin: è un sangue rosso cupo, assai resistente, a Persiceto l'avranno negli occhi per un pezzo). Oppure da Reggio dov'è scoppiata la bomba? O anche da Dozza Imolese, dove non volevano che la levatrice entrasse in una casa « segnata », a far nascere il figlio del capolega crumiro? O magari da Ozzano, dove il segretario del Sindacato libero fu raccolto sanguinante, dopo l'imboscata? Oppure da Castel S. Pietro, dove han gridato « vogliamo tagliare il collo a Fin », indicato in certi manifestini come « fanatico organizzatore dei sindacati neri », traditore e servo della reazione? O da Castel d'Argilè dove quel nero, o bianco, capolega fu percosso tre volte in quattro giorni? Oppure da Argelato, da S. Agata, da Lagosanto nel Ferrarese e da molti altri paesi e casali e crocicchi, insidiosi in queste serate di nebbia, i quali sembrano ridiventati, come al tempo che d'Azeglio girava la Romagna, « officine di violenze » ; e non più dei papalini contro i liberali, sibbene il contrario e con una nuova confusione di termini politici? Meglio farla partire, questa lettera, da Bologna. Non tanto perchè la principale officina si troverebbe, secondo alcuni, proprio qui e da qui si diramerebbero le violenze in provincia,'secondo un disegno rivoluzionario prestabilito; quanto perchè dalla mag- giore citta emiliana è forse più facile abbracciare con occhio tranquillo le campagne circostanti. < La boi ». I/Emilia, e adesso il Bolognese più del Modenese, pare che torni a bollire come già il Mantovano alla fine del secolo scorso. A causa della lotta agraria e sindacale che le nuove c leghe bianche», secondo l'estrema sinistra, minaccerebbero di ricondurre alle vecchie trincee dell'Ottocento. Così si divide la classe lavoratrice, dicono costoro, e V « agraria» torna a stendere le sue mani adunche sulle campagne (la prosa dei volantini d'oggi non differisce infatti da quella di cinquanta e più anni or sono). Così tornano a veri/ioarsi le defezioni operaie da una parte e le manovre padronali dall'altra. Attento dunque, proletario dei oampi, ai servi, ai traditori, ai crumiri/ Ora, in nessun'altra regione queste accuse spaventano tanto e danno un malessere fisico, come una rogna, una infezione schifosa. Il crumiro in Emilia non è soltanto un contravventore allo sciopero ma un barabba spregevole, fra la spia e lo «chiavo il traditore di un patto sociale conquistato a prezzo di una lunga lotta contro le corvées, la pellagra e le cariche della cavalleria; un mezzo uomo colpito da una maledizione popolare nella quale affiora, direi, come un senso di orrore religioso. E' proprio in queste circostanze che la nuova «morale operaia» di SoreZ sembra sostituirsi alla vecchia morale cristiana. Abilissimi nel raccogliere l'eredità dei socialisti, i comunisti non hanno tardato a afruttare l'effetto psicologico di tali accuse infamanti, dentro e fuori l'ambiente dei secessionisti; nè cessano d'insistere sull'affronto ohe il Governo arreca al popolo lavoratore trasferendo ad alcuni burocrati l'ufficio del collocamento della mano d'opera, ossia proprio il primo blasone e lo strumento più ambito della politica operaia. I Sindacati liberi inoltre, costituiti inizialmente sulle fondamenta o con l'aiuto delle «Adi», possono essere tacciati di clericalismo, il che basta a conferirgli impopolarità in queste campagne e a far perdere di vista i motivi reali che ne hanno provocato la nascita: la difesa .del lavoratore « libero », non inserito cioè nell'intransigente complesso organizzativo di un partito che è l'unico arbitro in quasi tutti i paesi. In realtà le € leghe, bianche » non sono sempre bianche, ma vanno raccogliendo i delusi e i colpiti dalle faziosità paesane, i quali se entrano nelle nuove associazioni sindacati, spesso restano col' cuore nelle vecchie. Tanto pud la forza dei ricordi e dei sospetti, lasciando a un osservatore spassionato il dubbio se non sia stata prematura la scissione che ha messo allo sbaraglio codesti lavoratori pressoché isolati nei ■paesi. Nati prima neRa Bassa, ossia nelle plaghe più turbolente, i Sindacati Uberi si sono poi estesi alla montagna, dove il settarismo è minore e l'ordine pubblico pia garantito. Il rapporto degli iscritti alle * leghe bianche'» con quelli delle « leghe rosse » e di 1 a 10, di 1 a 60, se non più; ma è chiaro che non è tanto 111111 1111111111 )( r 1111 ) ! 1111111 n 1111 ■ 11111111 ( 111 [) il numero che conta, quanto il poter resistere sulle posizioni, vincendo la- battaglia della paura e della violenza. Dall'altra trincea, le « leghe rosse » sono quindi impegnate a contrastare la lenta avanzata dei «bianchi». In certi suoi aspetti la lotta odierna rinnova i caratteri delle antiche lotte padane. Basta vedere, ad esempio, le contadine comandate a occupare una terra o a sorvegliare una strada: avvolte nei mantelli dei loro uomini, esse vegliano tutta la notte, e, cantando e facendo la calza, sfidano le intemperie e la Celere, con la spavalderia delle tricoteuses, di una rivoluzione che intuiscono appena agli inizi. Sarebbe sciocco non valutare lo spirito combattivo, la disciplina e anche la buona fede di questi battaglioni rurali; ma è, per così dire, l'ultimo accento romantico nel coro proletario ohe si espande per le risaie, i canapai, i campi di grano e i frutteti emiliani. Oltre a questo infatti un metodo di lotta, subdolo e gelido, si va facendo strada con la forza oscura delle novità importate: è il pedinare l'avversario, Z'avvertirne ipocritamente i familiari che sarebbe bene mollare, è il chia¬ iiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiMiiiiiiiiii marlo fuori per « parlare » e poi percuoterlo, il creargli il vuoto attorno con le calunnie e le minacce e cosi via. Non c'è da stupirsi se alla fine questa tattica d'astuzie, genera anche i fanatici che a un crocicchio buio uccidono con le lime e le sbarre di ferro, — le armi silenziose e sicure. La lotta agraria e sindacale in Emilia fu sempre nel passato violenta, cruenta ma leale, consona all'indole di questa gente. Ora invece, se non intervenga una tregua per controllare le armi, essa minaccia -di degenerare nell'imboscata; e non saranno i bianchi, o i rossi, o i grigi a uscirne sconfitti alla fine, anche se cadranno morti e feriti sul campo. Anzi, proprio per questo. Giorgio Vecchietti Un curioso cappello premiato a una sfilata di modelli organizzata dal New York Times 1111 m 11111 ; 1 ] m ; : ; 1111111111 l 1:11 m 11 i 1 m 111111111 11 Le bimbe del Lo Verso: Linuccia di anni 8 ed Eliuccla di anni 6. Sotto: l'imputato e l'ex-suora che ha deposto ieri iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiniiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiiiin

Persone citate: Fanin, Giorgio Vecchietti, Lo Verso, Mantovano, Ozzano