Il premio Nobel a Thomas S. Eliot

Il premio Nobel a Thomas S. Eliot UNA VITA DI POETA Il premio Nobel a Thomas S. Eliot Stoccolma, 4 novembre. Il premio Nobel 19^8 per la letteratura è stato assegnato al poeta T. 8. Eliot. Thomas Stearns Eliot, nato 11 20 settembre 1888 a St. Louis nel Missouri, di famiglia inglese da lungo tempo stabilitasi in America, ebbe la sua prima impronta dall'ambiente intellettuale di Boston, fece gli studi universitari a Harvard, indi si trasferì in Europa e nel 1911 frequentò corsi alla Sorbona e ad Oxford; per qualche tempo fu impiegato di banca a Londra, poi si dedicò alla critica e alla poesia. Nel 1922 fondò la rivista « Criterion » che venne pubblicata dall'editore Faber, presso il quale l'Eliot esercita tuttora funzioni direttive. Nel 1927 si naturalizzò suddito britannico e aderì al ramo anglocattolicc della Chiesa anglicana. Questi 1 principali dati esterni (a cui si dovrebbe aggiungere la triste storia del matrimonio con una inglese malata di nervi, spentasi or non è molto) di una vita tutt'altro che esuberante, anzi ripiegata su se stessa, ma cosi densa di sviluppo interiore, da passare per estreme esperienze e assurgere a simbolo di tutta un'epoca. Eliot è l'americano che ritorna alle origini europee, seguendo la stessa parabola di Henry James e di tanti personaggi di questo romanziere; è il verso liberista sulle orme dei poètes maudits, supremi esponenti dell'individualismo romantico, che reagisce poi a un secolo di confessioni e d'intemperanze sforzandosi di tornare a un ideale classico, obiettivo dell'arte. Torna al Paradiso di Dante giungendovi però non dall'Inferno dello stesso'poeta, ma da ben più lontano, dalla SoIsoji en enfer del Rlmbaud. Più che di Rlmbaud, tuttavia egli risentì all'inizio della sua carriera poetica l'influsso di Laforgue, in cui su un piano filosofico (il Laforgue si era profondamente nutrito di Schopenhauer e di Hartmann) il decadentismo giunge a una lucida coscienza di sè, e risolve la vanità del mondo in un amaro divertimento. Nel 1927 il punto estremo di questo stato d'animo è toccato nel Frammento d'un agone (da Sweeney Agonistes, frammenti d'un melodramma aristofanesco), ove la fondamentale constatazione della futilità del processo «nascita-copula-morte» si adagia nelle forme grottesche d'un'operetta da musichall. Nel 1922, in The Waste Land (La terra desolata), un poema composito che, pur rasentando il pastiche alla Hans Emi, riesce, a un'opera di genio, il poeta aveva dato espressione al consapevole disorientamento di un'epoca che, iniziatasi colla prima guerra europea, può dirsi duri tuttora e non si saprebbe meglio definire che col titolo d'un volume dell'Auden, The Age of Aitateti/, l'epoca dell'ansia. The Waste Land chiudeva il suo barbarico edificio con alcuni frammenti di poeti del passato, vestigia di una nobile e secolare tradizione di cultura, e con la dichiarazione: «Con questi frammenti io ho puntellato le mie rovine », e con l'accenno alla figura del forsennato Hleronimo del dramma del Kyd, che puntellava con citazioni del classico Seneca la sua disperazione- di barbaro. The Waste Land voleva essere insomma un edificio di bassa epoca deliberatamente eretto sull'Ultima Thule del pensiero europeo, proprio al limite della desolazione incombente che minacciava di travolgere ogni traccia d'una cultura secolare: il più cospicuo documento di uno stato d'animo espresso anche da altri poeti occidentali, come Milosz (La Charrette) e Montale. Non a torto un critico russo, il Mirskij, volle vedere in The Waste Land e nel Fragment of an Agon uno stadio estremo, di completa consumazione della poesia di una élite intellettuale ormai decidua e pronta a cedere 11 terreno al « nuovi barbari ». Ma nella coppia di citazioni che servono di epigrafe al Fragment può vedersi un'erma bifronte, che con un volto guarda allo sviluppo passato del poeta, con l'altro a quello futuro: una sottolinea l'Inevitabile conclusione di morte ohe incombe sul poeta come le Furie su Oreste; ma la via d'uscita ultrateVrena è indicata dalla seconda citazione, di S. Giovanni della Croce: «Onde l'anima non può essere posseduta dall'unione divina finché non si sia spogliata dell'amore delle cose create». Tuttavia non è attraverso al mistico spagnolo, ma attraverso a Dante che Eliot è giunto a una nuova concezione letteraria e religiosa. La storia del progressivo accostarsi di Eliot a Dante è stata da me tracciata altrove (in un saggio raccolto nel volume Machiavelli in Inghilterra): in Dante l'Eliot vide, in contrapposto all'arbitrario individualismo romantico, il tipo perfetto del grande poeta, colui che esprime «la più grande intensità emotiva del tempo suo, basata su quello che costituisce il pensiero del suo tempo». Grandi poeti in questo senso «metafisico » (pensiero divenuto emozione, emozione stimolata da un sostrato filosofico) erano stati anche. John Donne, esponente del travaglio secentesco, combattuto tim una teologia in procinto di disgregarsi e lina scienza in rapida crescita, e Jules Laforgue che esprima .la crisi del pensiero e della società della fine dell'Ottocento. Ma Dante era colui che aveva meglio d'ogni altro soputo dare espressione suprema a una esperienza di carattere universale. Anche l'epoca di Dante assisteva alla disgregazione di un mondo: il disfacimento dell'Impero, l'ascesa della borghesia. Dante vedeva la salvezza in un restaurato prestigio della potenza Imperiale, in un Papato veramente illuminato circa la propria missione in terra. Sebbene il parallelo tra la posizione sociale di Dante e quella di Eliot non sia 11 più ovvio a risaltare dallo studio del due poeti, cionondimeno si va delineando sempre più: giunto all'estremo limite della disgregazione pessimistica (The Waste Land), vedendo l'anima umana debole, contaminata e impotente, Eliot ha trovato che solo la guida d'una autorità sovrumana può-salvare la civiltà: «E* dubbio se la civiltà possa durare senza la religione, e la religione senza una chiesa». Il nobile tentativo di salvare il salvabile tra 1 valóri occidentali insidiati dà una nuova barbarie ti è espresso in opere drammatiche (The Rock, Murder in the Cathedral) è più ancora nelle liriche meditative di Ash-Wednesday e dei Four quartets: In queste opere il poeta non esprime più 11 sentire comune dell'età dell'ansia ao dell'angoscia, ma cerca di riportare nel mondo alcunché della luce lavata del Targatorio e della luce immacolata del Paradiso di -Dante, intonando anche li suo verso sul canone della piana e solenne affermazione dantesca: «e 'n la sua volontade é nostra pace». Pei" questo l'opera di Eliot è, più di quella d'ogni altro moderno scrittore, meritevole del premio Nobel che l'ha oggi coronata. Eliot è più noto in Italia di quanto non ci si attenderebbe dal carattere spesso astruso dei suoi versi. Quando il poeta fu tra noi nel dicembre 1947, era sorprendente vedere che folla assistesse alle sue conferenze e letture, e quanto fosse 11 desiderio di persone di tutte le classi sociali di far firmare al poeta copie dei suoi libri nell'originale o tradotti. L'unico volumetto italiano che contenga una scelta di poesie di Eliot è quello di Luigi Berti, purtroppo deturpato anche nella seconda edizione (1947) da grossolani errori (il Berti ha tradotto anche il saggio di Eliot su Dante). Le versioni di Eugenio Montale, un poeta che presenta certe affinità con l'Eliot, soprattutto del periodo della Terra desolata, sono state raccolte nel montaliano Quaderno di traduzioni (edizioni della Meridiana, 1948); la mia versione della Terra desolata usci in « Circoli » del luglio-agosto 1932, quella del Frammento di un Agone nel num, 2 di «Letteratura» (aprile 1937); Sergio Baldi In «Frontespizio» 1937 tradusse Mercoledì delle Ceneri, e presto uscirà una versione dei Quattro Quartetti a cura di Emilio Cecehi. Il più notevole saggio apparso tra noi sull'opera di Eliot è quello di Luciano Ancesch), a introdu¬ vs1ulizopmppTtitiiiiiiiiillillllllllllliiiniiM:i!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii zione della sua versione del volume di critica di Eliot II bosco sacro (Mirano, Muggianl, 1946); di' Assassinio nella Cattedrale esistono due versioni, una di C. V. Ludovici (Roma 1940), l'altra di Alberto Castelli: entrambe sono state messe in scena. Mario Praz Gioachino Zopfl (in maniche di camicia) racconta al liberatori come fu rapito e tenuto prigioniero dieci .giorni llfiritlIIIMttl[tllll<llllMIM!lIlltl]lIlllllii]IMilllllllDrllljll1IMIIIItlIIllMIt(! lt!Mlrlll!liriIirillllt[IIM

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