Tramonto di Truman di Italo Zingarelli

Tramonto di Truman Tramonto di Truman Dalla penombra in cui vivono i vice-presidenti degli Stati Uniti, Harry Truman avanzò alla ribalta luminosa della presidenza' in morte di Roosevelt, per caso; e stando sulle creste dei cavalloni della tempesta che flagella il mondo, per tre anni è apparso una figura di primissimo piano. Ma per essere riconfermato nella carica, la più alta fra quante ne esistano, avrebbe dovuto far dimenticare il senso di sbigottimento col quale i concittadini avevano appreso il suo avvento: « Mio Dio, mormorarono, mio Dio!... ». Lo videro installarsi alla Casa Bianca assai perplesso, solo sperando in un ripetersi del miracolo americano della funzione che forma l'individuo. In tempi normali, il miracolo avrebbe magari potuto rinnovarsi ; però i nostri tempi normali non sono; e per tenere il timone di una nave carica dei destini degli Stati Uniti e dell'umanità occorrono mente e braccia non comuni. Truman non poteva nemmeno limitarsi alla parte di fedele esecutore testamentario di Franklin Delano Roosevelt, in quanto Roosevelt aveva commesso errori che era indispensabile correggere. Far la pace è più difficile che far la guerra, e a Truman la sorte aveva riservato di dover scegliere fra la pace e una nuova guerra. Così, a poco a poco, la sua rielezione aveva finito col dipendere dal modo in cui si sarebbe comportato di fronte all'ima n all'altra fnrmii. la. Cattiva stella, una visione incompleta del grande quadro internazionale e la influenza esercitata sui suoi atti dal desiderio di venire rieletto, gli hanno invece fatto prendere nel campo internazionale e nell'interno, cantonate che ormai garantiscono la successione del repubblicano Dewey. L'ultimo colpo al suo pie destallo l'ha vibrato l'infelice idea di mandare a Mosca il giudice Vinson a tratta re direttamente con Stalin sul controllo della bomba atomica, proprio nel mo mento in cui Marshall, il se' gretario di Stato, per la centesima volta, se ne occupa' va a Parigi, all' ONU. Chi non ricorda che due anni ad dietro, il predecessore di Marshall, Byrnes. mentre anche lui si sforzava a Pa xigi di convincere i se-vieti ci della fermezza dell'attitu dine americana, si sentì colpire alle spalle da un discorso, di ben contraria tendenza, pronunciato in patria da Wallace, allora membro dei governo di Washington e collaboratore di Truman? Quella volta fu Wallace a doversi ritirare dal potere e stavolta sarà Truman, condannato dalla New York Herald Tribune — interpre tando il pensiero comune — con un verdetto assai severo: «I tempi, in cui l'improvvisazione brillante, sincera o politicamente fondata, poteva essere un tollerabile succedaneo dell'accorta evoluzione e della diligente condotta della politica estera, sono passati da un pezzo, e il signor Truman non è il tipo di presidente le cui repentine ispirazioni destino fiducia ». Sbagli dovuti a repentine ispirazioni Truman ne ha accumulati. L'onestà delle intenzioni non li scusa, e il dirlo duole soprattutto a un italiano non ignaro dei benefici che il proprio popolo ha ricevuto dall'America governata da Truman ; a chi per caso ci volesse rimproverare di ingratitudine che Talleyrand definiva cinica «indipendenza dèi cuore », risponderemo che l'indipendenza per noi si limita al pensiero. Non è stato Truman a compromettere la faccenda della Palestina, sino a provocare una situazione non ancora sanata? Prima mandò a monte l'accordo raggiunto a Londra con l'Inghilterra dai suoi plenipotenziari, favorì quindi il piano di spartizione della Palestina approvato dall'assemblea generale delle Nazioni unite, salvo a dichiararlo subito dopo pericoloso e inattuabile, e, scoppiata la guerra in Terra Santa, riconobbe in fretta lo stato d'Israele, — dunque la spartizione — sebbene Marshall e il sottosegretario di stato Lovett lo pregassero di attendere; non bisognava per lo meno informare il governo di Londra e altri ancora? I grandi elettori avevano tuttavia spiegato a Truman che, non mutando rotta in Palestina, i voti degli ebrei di New York gli sarebbero venuti a mancare, così Truman volle pure ricevere Chaim Weizmann all'insaputa di Marshall, il quale invano l'avev/. messo in guardia sui pericoli della sua posizione politica. I voti degli elettori italiani di o a o l o r i , l o a I i ti 111 i i ■ i : 1111:11 r 11111 [ 11 i i J11 r [ 11 j 111111111111111New York viceversa Truman se li è tranquillamente giocati a profitto di Dewey, rifiutandosi dì condividere il £unto di vista del candida> repubblicano che le colonie debbono ritornare all'Italia. E s'è pronunciato all'ultimo momento, proprio mentre la questione delle colonie faceva rifiorire in Inghilterra repressi sentimenti italofobi nocivi, impolitici e inopportuni. Se all'interno Wallace non è diventato un serio competitore di Truman non è merito di Truman bensì colpa di Wallace stesso e dell'Unione Sovietica; se Dewey ha guadagnato sempre più terreno, non è perchè egli abbia promesso cose diverse, nelle linee generali, da qtaTorpcspcpdnvscaTmgs 11111111111111 )■ 11 ■ 11111111 i i [ 111111 i 111 ti 111J1111 r i j 1111 uquelle che si sarebbero potute attendere dall'attuale amministrazione, ma perchè Truman, esitante, instabileoggi aggressivo e domani remissivo, ha perso le simpatie,dogli stessi democratici. Non chiude in bellezza il suo giro elettorale, contemporaneo al giro ben più felice: dell'avversario, nè un presidente uscente avrebbe dovuto attaccare di continuo l'avversario anziché rivendicare i propri meriti e stare lui a rintuzzare critiche; Dewey s'è mantenuto al disopra della mischiaTruman si è confuso; dalle mischie si esce pestati. Il ciclo è chiuso, e l'epilogo scontato. Il peso passa sulle spalle di Dewey. Italo Zingarelli