Una crisi permanente? di Panfilo Gentile
Una crisi permanente? Una crisi permanente? Ai nostri comunisti si può rimproverare tutto meno che di non avere una politica propria: precisa, coerente e metodica, che, come tutti sappiamo, consiste nell'accettare l'autorità ecumenica di Mosca e nel voler quindi trasformare l'Italia in una provincia ideologicamente e politicamente annessa a Mosca. E non si tratta di posizioni puramente teoriche e distaccate dal piano politico di attualità, ma di posizioni incidenti con virulenta energia su tutti i problemi rche stanno all'ordine del giorno della vita nazionale, f Un'alleanza societaria coi ... <*mraisti..^in^d^^ Quella contenuta nel Patto di Unità d'Azione, dovrebbe logicamente implicare un fondamentale consenso con questa politica, perchè è evidentemente assurda una alleanza tra partiti che perseguano due politiche diverse. Fin tanto che il Partito Socialista è stato diretto da Nenni, questo consenso esisteva. Pietro Nenni, comunque lo si voglia giudicare, ha certamente il gusto delle posizioni nette e delle affermazioni perentorie. Se vi sono state in lui, in qualche momento, delle riserve autonomiste, queste non hanno però mai investito i criteri di indirizzo politico generale, rimasti comuni con quelli adottati dal Partito Comunista. Senonchè col congresso di Genova le cose sono cambiate. L'attuale direzione non sembra affatto condividere la condiscendente fraternità nenniana. E' una direzione uscita da un congresso, in cui si è fatta sentire con una certa energia, per quanto con estrema confusione di idee, l'esigenza di restituire al Partito Socialista una accentuata autonomia ideologica e politica. Di qui le speranze rinate nelle confessioni socialiste dissidenti del P.S.L.I., di Unità Socialista, e di SiIone, che ha voluto deliberafamente restare indipendente appunto per poter esercitare al momento opportuno l'ufficio di intermediario, le speranza, dicevamo, di ricostituire un'unità delle sparse forze socialiste sotto la vecchia insegna del P.S.I. Ma l'ottimo Lombardi, che del suo passato azionista ha conservato il gusto funesto delle formule complicate e contraddittorie, le formule da tavolino, ha spento sul nascere queste speranze, replicando che la unificazione delle forze socialiste deve passare di rigore attraverso il Patto di Unità d'Azione. H che è appunto l'assurdità sopra accennata di volere una politica diversa da quella comunista e ciononostante voler essere alleati dei comunisti. Il che rassomiglia a quei due che volevano ognuno prendere un tram in direzione diversa, e volevano nel tempo stesso fare la strada assieme. Politica socialista e Patto di Unità d'Azione potrebbero coesistere a una sola condizione: che cioè il partito socialista potesse illudersi di dettare esso le condizioni all'alleato. Ma diceva Bismarck che in ogni alleanza uno fa da sella e un altro da cavaliere. E sembra estremamente improbabile che la parte del cavaliere nossa essere riservata al P.S.I. Se questa illusione poteva ancora essere autorizzata prima del 18 aprile, perchè il P.S.L aveva dietro di sè una lunga storia, e si sa che il prestigio della tradizione conta dappertutto, anche tra i proletari, nessuna illusione e più possibile dopo i risultati elettorali del 18 aprile, che hanno chiaramente dimostrato la prevalenza dello forze comuniste. La conclusione da trarre da tutto ciò è che il P.S.I., tra le contrastanti esigenze di una politica autonoma e del Patto di Unità d'Azione, resterà imbelle e paralizzato, in stato di crisi permanente. Il centrismo lombardiano è per l'appunto uno di quei cattivi centrismi, che non sono mediazione e conciliazione risolutiva di opposte tendenze, ma al contrario incertezza di idee e rinunzia alle decisioni. Esso farà scontenti tutti: autonomisti e fusionisti. Potrà reggersi col sistema classico di un colpo al cerchio e uno alla botte, fin tanto che al cimento dell'azione, bisognerà pure saltare in un senso o nell'altro, e il centrismo andrà in frantumi. Nè sembra che si debba attendere molto. L'on. Longo nell'intervista pubblicata ieri sull'Unità ha parlato chiaro, anche per l'on. Lombardi. I comunisti non hanno bisogno di discutere e di trattare con nessuno, per sapere quel che vogliono e per agire di conseguenza. Il comunismo è una chiesa bell'e fatta, coi suoi dogmi, la sua « regina fidei », le sue gerarchie. Agli altri, non esclusi i socialisti lombardiani, non resta che dire di si. Panfilo Gentile
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