L'ex-capo di Stato Maggioro ucciso mentre tenta la fuga

L'ex-capo di Stato Maggioro ucciso mentre tenta la fuga TITO LIQUIDA VOPPOSIZIONE L'ex-capo di Stato Maggioro ucciso mentre tenta la fuga Di notte al confine con la Rumenta — La figura del generale Jovanovic favorevole al Cominform ■ 111111 ri 1111 111111S11111 ! 1111111111111 > I ■ 1111 ■ 11111 ■ Il (Nostro servizio speciale) Belgrado, 18 agosto. Il comunicato ufficiale del governo jugoslavo relativo all'uccisione del colonii. generale Arso Jovanovic alla frontiera romena e alla fuga del colonnello Dapcevic, ha destato viva impressione negli ambienti occidentali di Belgrado, in quanto si tratta del primo sintomo di un'opposizione al regime nelle file delle aite gerarchie dell'esercito. Ecco il testo del drammatico comunicato del ministero degli interni jugoslavo. « Nella notte sul dodici agosto tre persone hanno tentato di attraversare la frontiera con la Romania. La sentinella al confine notava che tre persone si avvicinavano in fretta alla linea di demarcazione. Mentre la guardia provvedeva ad avvertire 11 proprio superiore, uno dei fuggitivi esplodeva contro di essa alcuni colpi di pistola. La guardia rispondeva difendendosi uccidendo due degli individui sul posto, mentre un altro fuggiva verso la linea, ma veniva catturato prima che toccasse U suolo romeno. Dai documenti trovati addqsso ai due morti è apparso chiaro che uno di essi era il colonnello generale Arso Jovanovic, e l'altro il direttore dei laboratori statali Sochita, e che quest'ultimo non era a conoscenza dell'intenzione degli altri di attraversare illegalmente il confine. H terzo catturato era certo Branko Petrlcevic, maggior generale dell'esercito. Sembra che vi sia uri quarto individuo, che è però riuscito a raggiun;ere il territorio romeno. Sì ratta del colonnello Vlado Dapcevic. «Per giungere ai possedimenti statali di confine, che fungono da riserva, le persone indicate hanno detto di voler compiere una caccia al cinghiale. Tuttavia, da confessioni ottenute sembra che essi avessero già concretato il piano di lasciare il paese, e a tal uopo avevano convinto il direttore della tenuta Sochita a compiere una ispezione notturna alia linea di confine per « misura precauzionale ». Sembra che il generale Jovanovic, dovesse diventare il comandante militare delle forze dette della «Libera Jugoslavia» le quali parteggiano per il Cominform. E' assai probabile che 11 Jovanovic volesse unirsi all'ambasciatore di Jugoslavia a Bucarest, Golubovic, il quale ha rassegnato le dimissioni alcuni giorni fa, dichiarando apertamente il suo dissenso dalla politica del maresciallo Tito. L'ucciso non faceva più da qualche tempo parte del circolo degli amici intimi di Tito, sebbene durante la guerra civile i due fossero quasi inseparabili. Il Jovanovic, ex-capitano dell'esercito regio della Jugoslavia, fu il primo ufficiale effettivo che ■ IIIIIIUtlllllllllCIIlIIIIMIIIIIIIflIIIIMIIIlllilillllllsi uni ai partigiani. Divenne consigliere militare di Tito e dopo la fine della guerra era colonnello generale. Nominato capo dello Stato Maggiore generale, egli era poi stato sostituito dal generale Koscha Popovic, comandante il I Corpo d'Armata dell'esercito di liberazione, vecchio comunista e combattente della guerra di Spagna. SI ritiene clie il Jovanovic, vista preclusa ogni via d'avanzamento, abbia cercato di cogliere l'occasione della disputa fra Tito e il Cominform per rinverdire i propri allori. Alla luce del drammatico episodio, si osserva ora, che già prima si erano avute avvisaglie di opposizione a Tito sia nel Paese sia nell'esercito. Colsi, l'annullamento di tutti i Eassaporii jugoslavi, le modiche nella compagine dei Governi montenegrino e bosniaco, e le dimissioni di vari di- ?tornatici jugoslavi all'estero, ra cui dodici funzionari dell'Ambasciata di Washington, potevano far supporre che anche nell'ambiente militare non tutto fosse chiaro. Jovanovic è rimasto ucciso, ed è logico e umano che su di lui converga l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale. Ma gli esperti balcanici occidentali sono di un altro avviso. Chi ha seguito dawicino gli eventi degli ultimi anni, e conosce cose e persone, della nuova Jugoslavia, è incline a credere che la fuga di Dapcevic sia assai più importante, non foss'altro perchè essa può essere indicativa dell'atteggiamento verso Tito del fratello, generale Petar Dapcevic. L'avventurosa figura di Petar Dapcevic, soprannominato « Peko », ha attratto per considerevole tempo l'attenzione degli osservatori politici alleati nei Balcani. Per parecchi anni, a lui sono stati affidati i compiti più azzardati e difficili. Alla fine della guerra, egli era al 'comando della Quarta Armata Jugoslava che occupò lllllll IlIIItllIIIIIIIIIIIIIIIllIIIIIIIlilllllIIIIMIIIla Venezia Giulia. Più tardi, da parte occidentale si avanzò il sospetto che egli avesse il compito di dirigere le operazioni di aiuto ai guerriglieri greci. Tutti gli ufficiali alleati che hanno avuto contatto con lui esprìmono la più alta stima delle doti militari del generale, e per molti egli sarebbe un comandante in capo ideale' per l'esercito di Belgrado. Negli ambienti jugoslavi all'estero si era parlato, tre settimane or sono, di Peko Dapcevic quale probabile candidato del Cremlino alla successione di Tito. Allora, negli stessi circoli occidentali della capi tale jugoslava non si attribuì eccessivo credito alla voce, che ora appare peraltro abbastanza fondata, dopo la drammatica fuga del fratello di Petar. Si era anche sussurrato che Dapcevic ai era recato a Mosca, dopo la rottura di Tito con il Cominform, accampando la giustificazione di studi militari. Sta di fatto che oggi negli ambienti governativi jugoslavi si afferma di ignorare dove si trovi il generale, e si asserisce vagamente che egli « da qualche tempo non aveva alcun comando effettivo, ed era probabilmente addetto allo Stato Maggiore ». In attesa degli sviluppi del caso — e dato che Belgrado ha atteso sei giorni prima di emanare un comunicato, è da tener per certo che essi saranno molto interessanti — non rimane dunque. da osservare che questo: ciò che il dramma della morte fa apparire a molti come un « caso Jovanovic », può trasformarsi drammaticamente in una questione Dapcevic. E forse il vero protagonista non è nemmeno da ricercare tra gli uomini che cercavano di superare la frontiera romena. Se poi si trattasse di iniziative individuali o di un autentico « putsch », è ancora troppo presto per avanzare ipotesi. A. Lee eh