Respiro della scultura nuova di Alberto Rossi

Respiro della scultura nuova AX,r,A BIENNALE 131 VENEZIA Respiro della scultura nuova Un'aspirazione cosmica diffusa - Moore, artista "filologico» - Le tre M italiane - Donna sott'acqua eli 3Iartini e sorriso leopardiano di Manzù (Dal nostro inviato) VENEZIA, agosto. Il prestigio di alcune « personali » di primissimo piano, come quella di Henry Moore,0 quelle delle tre grandi M della scultura italiana, Martini Marini Manzù, — e mettiamoci pure quella dell'austriaco wotruba — troppo facilmente fanno dimenticare lafjresenza di talune opere isoate, ma di valore assoluto come le tre di Aristide Maillol che presenta la Francia, oppure di vivissimo interesse quali esponenti delle più notevoli e originali tendenze moderne: 1 nomi di Laurens, di Zadkin, di Lipschltz, di Brancusi sono nomi famosi eli protagonisti, in tale campo. E tali presenze permettono osservazioni e ragionamenti di portata un poco generale. Consigliamo dunque ai visitatori che sono soggetti (come a me succede) seguendo con l'occhio torno torno sulle pareti i dipinti, a non vedere le sculture di fare uno sforzo " in favore di queste. Punti di stacco Indipendentemente, da particolari temperamenti, inclinazioni, problematiche, quali tendenze si possono rintracciare nella scultura più viva degli anni ora trascorsi? Se ■munti iiiiiiiyihiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii per un Maillol si potrebbe stabilire un punto di ascendenza iniziale nel Renoir più classico e denso, dal quale egli sia partito per giungere a sintesi sempre più evidentemente stilizzate di linee e volumi, come In quel bronzo * Ile-de-France » che qui si protende vittorioso, per gli altri più giovani e « attuali » il punto di stacco evidente è nelle ricerche del periodo cubista, che anche nella scultura immaginò uno sviluppo di forme astratte nello spazio: ricerche in cui i nomi di Picasso, di Archipenko, di Laurens, e perchè no, di Boccioni sono di prammatica, quali iniziatori. In tutti costoro, si osserva un graduale svolgimento dal meccanico e dal geometrico nelle forme, verso una monumcntalità più libera, e un'assunzione di significati più umani, pure nell'accanirsi della ricerca formale. Sotto questo aspetto sono preziose le due opere, del periodo più tardo e maturo, di Laurens, come pure l'« Arlecchino » di Zadkin, dei 1935, che testimonia di quella originale ricerca per rendere i vuoti con i pieni, e viceversa, che sarà poi tanto felicemente assunta dal Moore nel suo operare. Il quale Henry Moore è veramente, anche in tal senso più esterno, quella « formica » iiiiiiii luminimi mmiimmiiiimim cui lo assomiglia l'Argan, nel saggio introduttivo al bel volume sul Moore ora uscito a cura delle edizioni De Silva di Torine (molto utile a chi voglia avere di questo artista una informazione più vasta e documentata) a paragone di Picasso — che sarebbe la cicala. Egli è infatti uno di quegli artisti « filologici » come mi accadde di definirli una volta, esploratori di linguaggi, vuoi remoti vuoi attuai), dai quali prudentemente assimilano quel che a loro può essere giovevole nutrimento. Cosi, se per Picasso l'esotismo, il nerismo è stato pretesto a ineite variazioni formali, per il Moore fu motivo di sottili e meditate assimilazioni. Nella sua opera si possono egualmente riscontrare le tracce di certo Picasso, di certo De Chirico, di Zadkin o di Laurens, non meno che degli artisti di civiltà antiche, europee o esotiche, che egli studiò: ma in espressione coerente, unitaria. Forme nello spazio In Moore, le iniziali squadrature astratte si sono piegate a ritmi più organici, più interni, o come egu ama dire, più «vitali». C'è in lui un passaggio quasi insensibile dall'oggetto naturale — una pietra levigata dall'acqua, un osso, e simili — alla «forma» dell'arte. Cosi le sue opere assumono quel particolare aspetto di cose espresse dal seno stesso della terra, non sono isolate, respirano di una calma vita cosmica. Per questo, forse, 1 suoi corpi spesso terminano in teste piccole, quasi insignificanti, come per il riassorbirsi di una forma nello spazio. Questa aspirazione, questo afflato, se Moore ne è l'espressione più notevole, si nota un poco In tutta la migliore scultura nuova. Se ne ebbe già una prima manifestazione indistinta con l'impressionismo di Medardo Rosso (donde la sua importanza storica): il quale però troppo spesso — non del tutto, vedi la «Rieuse» — vi sacrificava la forma. Di 11, a un certo momento, è partito Manzù, con una succesaiiiiimimiiiiiiiiuimmmiimmmiimiimimiii va integrazione di elementi formali: e non si capisce davvero l'avversione di troppi all'opera di questo artista, considerata come troppo « naturalistica», «veristica» alla maniera di cinquantanni fa. Che è considerazione ben malintesa della sua libertà formale: forse che per un rigorismo ascetistico, si dovranno apprezzare solamente gli sforzi, 1 tentativi su vie nuove, e non le opere facilmente (in apparenza) maturate? Credo di aver dato abbastanza prova di apertura mentale verso ogni forma di novità, per avere il diritto di parlare a questa maniera. Il che non significa che in qualunque istanza, un lontano pericolo del genere, per Manzù, non si manifesti. Ma non è gran cosa di fronte all'altezza, allo splendore di vibrazione poetica, che le sue opere migliori rivelano. E fuori di strada ci sembrano coloro, che — vuoi a lode vuoi a biasimo — gli attribuiscono'intenzioni e risultati di caratterizzazione psicologica individuale. H suo genio mi sembra risiedere al contrario in quella facoltà di assunzio ne di ogni creatura come mero frammento, scheggia di vita cosmica, indifferenziata, su cui trema, dolcissimo, il sorriso della finale vanità leopardiana. Altro il caso di Marino Marini, plastico di doti perspicue, di alta sensibilità e vasta cultura. In lui l'aspirazione allo stile si fa evidente, senza rinuncia alla «rappresentazione»: e giunge talvolta, questa doppia ambizione, a opere fuse e stupende, come quella « Figura » in bronzo; mentre in altre, non riesce ad annui lare del tutto un certo senso di dissidio. Ma egli è comun que artista di primissimo piano, da cui è lecito attendersi le prove più superbe. Livello confortevole E giungiamo alla terza M, cui era forse -dovuta la precedenza: non ci avesse guidati altrimenti la logica del discorso. Martini è qui magnificamente presente con poche, sceltissime opere: dalle quali non esce alterata la conclusione già tratta a suo tempo, essere il suo limite in certa immediata, feconda felicità piastlcatrice, per cui le sue opere danno un poco l'impressione di somigliare più a certe improvvise, esplosive crescite naturali, come quella dell'asparago, che non alla lenta concrezione delle cose- fatte per durare. A questo ha talvolta felicemente ovviato per lui la difficoltà imposta dalla materia, marmo, pietra dura, come nella «Donna che nuota sott'acqua» esposta qui . al centro della sala. Ora che Martini non c'è più, chi prenderà il suo posto, nella terna delle « M. » ? Ma strojanni, Mazzacurati? Tutti e due sono ricchi di doti: confesso tuttavia che la loro recente conversione alle forme astratte non mi pare essere uscita ancora da una fase di ricerca generica. Altri hanno imboccato, più o meno arditamente, la stessa via, di uria ricerca'modernizzante: alcuni, specie gli anziani, per evidente concessione alla moda: altri, con altrettanto evidente sincerità di impegno. Tra questi, un premio ha segnalato l'opera di Alberto Viani, tutta tesa a un assoluto rigore di depurazione della forma femminile, sino ad archetipi levigati e sensibili. Nel complesso, la scultura italiana manifesta un livello confortante, e le personalità promettenti non vi fanno difetto. Alberto Rossi

Luoghi citati: Francia, Venezia