L'apoliticità dei sindacati di Panfilo Gentile

L'apoliticità dei sindacati L'apoliticità dei sindacati Le recenti agitazioni e gli aspri dissensi derivatine in seno alla C.G.I.L. hanno riproposto in tutta la sua attualità ed aggravato il problema circa la natura, i compiti e i limiti delle organizzazioni operaie, problema che investe la possibilità stessa della sopravvivenza dei liberi ordinamenti democratici, perchè ovviamente non esistono più nè libertà nè democrazia se viene ammesso che le organizzazioni sindacali possano esercitare una pressione politica al di fuori e contro gli organi costituzionali : Parlamento e Governo. Senohchè ci sembra che nelle discussioni di questi giorni siano riaffiorati vecchi e illusori luoghi comuni cui è forse utile contrapporre qualche considerazione più realistica anche se meno consolante. Uno di questi luoghi comuni è la cosiddetta apoliticità dei sindacati. Se per apoliticità s'intende che là iscrizione a un sindacato non comporta l'obbligo di una tessera di partito, è codesta una apoliticità cui nessuno attenta, nemmeno l'on. Di Vittorio, il quale non pretende affatto, per gli iscritti alla C.G.I.L. la tessera del partito comunista. Ma se per apoliticità si intende, invece, la neutralità confederale in tutte le questioni politiche, allora si afferma una esigenza, magari teori-. camente apprezzabilissima, ma praticamente assai difficilmente realizzabile per ragioni subbiettive e obbiettive. Dal punto di vista subiettivo è chiedere troppo alla natura umana che più individui associatisi, sia pure solo per determinati fini particolari, riescano a professare senza infrazioni la castità politica. In una maniera o nell'altra si fa della politica nei circoli di divertimento, nelle società sportive, in quelle ecclesiastiche e culturali. Come riusciremo mai a vietare di far politica a centinaia di migliaia o a milioni di operai nei loro sindacati? Dal punto di vista obbiettivo poi sussistono serie difficoltà per segnare con un taglio netto il confine tra materia sindacale e materia politica. Se a un estremo è facile riconoscere ciò che è puramente economico, ad esempio una vertenza salariale di semplice categoria, e a un altro estremo è altrettanto facile riconoscere ciò che è pura politica, ad esempio, la formazione di un certo Gabinetto, tra i due estremi corre tutta una gamma lungo la quale la distinzione non è più cosa agevole; le organizzazioni sindacali, ad esempio, si riconosceranno competenti, anzi, lo riterranno un loro specifico dovere, nell'interloquire in materie di politica economica. E poiché questa alla sua volta è spesso subordinata a determinati interessi Ideologici, segue anche l'inevitabile nesso dei sindacati nei confronti dei partiti che difendono l'indirizzo preferito. Giova quindi, piaccia o non piaccia, accettare come un dato insopprimibile, la politicità delle organizzazioni sindacali e rassegnarsi al potere politico che esse de facto se non de jure detengono in ragione della loro importanza. Il vero nodo della questione a nostro parere sta nel sapere se quella qualsiasi politica che le organizzazioni operaie intendono far valere, vuole o non vuole restare nel « fair play » democratico, se quel potere de facto che le organizzazioni detengono, vuole o non vuole coordinarsi e subordinarsi ai poteri costituzionali e legittimi, se le organizzazioni vogliono essere dei sani « corps intermediaires», come li chiamava Tocqueville, o vogliono invece agire come uno Stato entro e contro lo Stato. •'■ La recente scissione confederale ha avuto origine da un caso clamoroso, in cui la C.G.I.L. ha innestato su una legittima prbtesta per l'insano attentato alla vita dell'ori. Togliatti, se non un vero e proprio conato insurrezionale, certo il tentativo di imporre attraverso un pronunciamento delle forze operaie organizzate, uh mutamento nella situazione politica consacrata dalla volontà parlamentare. Gli esponenti confederali democristiani si sono ribellati a questa particolare azione politica della maggioranza social-comunista deJa Confederazione. Ma anche al di fuori di codesti casi estremi, in cui viene concitata la piazza, ed è fatto il ricorso all'arma dello sciope ro generale, sussiste neUa Confederazione la tendenza a costituirsi-come una ape eie di potentato autonomo che scavalca gli organi rappresentativi legittimi del paese e che tratta col Go' verno, colla stessa arrogan za con cui i grossi feudatari pvtoilcloztlrcdnsbmddlbfcfsLc prima di Richelieu, trattavano con il re di Francia. Quel che si desidera è soltanto che i sindacati rossi o bianchi, uniti o plurimi, si inseriscano con lealtà nell'ordine democratico e accettino il parlamento come la^ sola sede legittima di ogni decisione, che la correzione possa essere ottenuta attraverso provvedimenti legislativi. L'on. De Gasperi ha promesso una legge che disciplini il così detto diritto di sciopero, e sta benissimo, tanto più che la. costituzione glie ne fa un obbligo preciso. Ma noi abbiamo scarsa fiducia nei rimedi puramente giuridici quando la pratica attuazione della norma giuridica resta subordinata a un rapporto di forze che in determinate circostanze può essere dubbio fra chi deve applicare le sanzioni e chi deve subirle. La parola risolutiva può essere data solo da una matura educazione democratica. Tutte le democrazie non si reggono perchè esistono delle leggi che le impongono, ma perchè esiste un generale consenso, una diffusa volontà a farle reggere, perchè cioè esiste uno spirito democratico popolare che le presidia. Oggi 'si tratta per l'appunto di ottenere che questa potenza ufficiosa, che la moderna società capitalistica ha accumulato nelle organizzazioni sindacali, sia penetrata dallo spirito democratico, e presti quindi un ossequio spontaneo alle regole che esso comporta. In caso diverso, con o senza scioperi, con o senza disordini di piazza, avremo uno stato di dedizione nermanente. Ciò equivale a dire che non esiste alcuna ricetta di soccorso immediato. Quando si fa appello alla educazione, infatti, significa rimettersi al processo storico sul quale non fanno leva specifici miracolosi di nessun genere, perchè la educazione generalmente si consegue solo attraverso prolungate e spesso costose esperienze. Tuttavia questa rassegnata conclusione è vera solo fino a un certo punto. In una certa misura la educazione può essere accelerata e coadiuvata e niente ci vieta di credere che la classe operaia, le sue organizzazioni e i suoi dirigenti, possano es' ere rapidamente portati alla convinzione, o la crisi in atto ne è già un sintomo, di dover usare del loro potere con moderazione, con saggezza e soprattutto mediante e non contro gli istituti democratici a loro disposizione, come sono a disposizione di tutti i cittadini. , Questo discorso, naturalmente, non ha alcun senso nei confronti del comunisti che si propongono deliberatamente la soppressione del regime democratico e intendono avvalersi delle organizzazioni sindacali come uno degli strumenti specificatamente diretti a questo scopo. Panfilo Gentile ■ Il MI MI II IM111M11111M UDÌ 11111 tilt 1 LUI IM11111

Persone citate: De Gasperi, Di Vittorio, Tocqueville, Togliatti

Luoghi citati: Francia