L'ergastolo a Kappler

L'ergastolo a Kappler L'ergastolo a Kappler Sentenza di assoluzione per gli altri cinque imputati Roma, 20 luglio. Il tribunale militare ha questa sera emesso la sentenza con la quale condanna il colonnello delle S. S. Herbert Kappler alla pena dell'ergastolo per omicidio continuato in relazione all'eccidio delle Cave Ardeatine e a quella di quindici anni di reclusione per la requisizione arbitrarla di cinquanta chilogrammi d'oro agli ebrei romani;' a quattro anni di isolamento diurno. Con la stessa sentenza il tribunale ha assolto, per avere obbedito a degli ordini, gli altri cinque imputati: il maggiore Borante Domislaff, il capitano Hans Clemens, i marescialli Johannes Quapp, Kurt Schutze e 11 sergente Karl Wiedner. Sei ore hanno discusso, nel chiuso della Camera di Consiglio, i sette giudici militari chiamati ad esaminare le responsabilità di Kappler e dei suoi compagni prima di emettere la sentenza; lunga e laboriosa è stata la decisione, cosi come lungo e laborioso era stato tutto il dibattimento. Erano le cinque del pomeriggio quando il Presidente aveva riunito intorno a un tavolo, nella stanza attigua a quella in cui per 34 udienze era stato celebrato il processo, i quattro ufficiali che, insieme a lui, dovevano decidere sulla sorte degli imputati. H Presidente, riassunti i fatti che erano oggetto del procedimento penale, dichiarò poi' aperta la discussione: «E* Kappler colpevole, e con lui sono colpevoli gli altri suoi compagni, per quello ohe è accaduto alle cave ardeatine, oppure no ? » Ripreso in mattinata dopo una settimana di interruzioni (dopo l'indisposizione di un difensore ci si era messo anche lo sciopero a rinviare il giorno della sentenza), in questi due ultimi giorni si era lavorato sodo a palazzo Salviati: lunedi udienza di cinque ore; oggi doppia fatica: al mattino e al pomeriggio con l'intervento dell'ultimo difensore di Kappler, avvocato Mundula, una replica del Pubblico Ministero e contro-replica dell'aw. Gelassi. Poi U Presidente, prima di dichiarare chiuso il dibattimento, aveva posto agli imputati la domanda di rito, e cioè se avessero qualcosa da aggiungere. Per tutti rispose Kappler: si alzò in piedi, si pose sulfatt \ti, e ad alta voce disse: «Come soldato tedesco e affido il mio onore nelle mani e i l n i , a , i o l n o i è e e o di soldati italiani e di giudici romani ». La sua voce «che, nella durezza, lasciava.'appena trapelare un leggero nervosismo che doveva travagliarlo, dentro, cadde nel silenzio più assoluto. Nessun grido nell'aula. Nessun commento. Solo il rumore dei carabinieri di scorta che si ponevano intorno al banco degli imputati nel timore che potesse accadere qualcosa. Qualche obiettivo acattò. Una lampada al magnesio si accese improvvisamente, per spegnersi subito. Il presidente salutò militarmente e, seguito dagli altri giudici, varcò la soglia della camera di consiglio. Kappler e gli altri imputati, quasi sommersi fra i carabinieri, in fila indiana vennero • fatti entrare nella camera loro destinata Si misero seduti su delle panche di legno e attesero che arrivasse Torà di sapere quale sorte era stata loro destinata. Il tempo passò. Trascorse un'ora, due, tre. I giudici chiesero dei caffè. Oli. imputati fumavano, nervosamente, sigarette su sigarette. Più cupo degli altri era Kappler. Sul suo capo sentiva pesare l'ombra di quello che doveva poi essere. Il pubblico cominciò ad arri- i vare, questa volta più cai mo e più tranquillo, quasi che sentisse come una serena giustizia fosse sufficiente a vendicare le trecento e più vittime giacenti ancora in quelle cave che videro il loro sacrificio. Altre ore passarono, altri caffè bevvero i giudici e, finalmente, squillò un campanello. Erano le 11 di notte. Il tribunale aveva deciso. Nell'aula vi fu un momento di confusione. Il pubblico si agitò un poco, gli imputati vennero fatti entrare, sempre sotto buona scorta. Infine, fece il suo ingresso il presidente seguito dai giudici. Non vi fu bisogno di interprete. Gli imputati compresero benissimo. Kappler contrasse, leggermente, la bocca in una smorfia che ad alcuni par ve un sorriso nervoso. Domislaff sgranò gli occhi in una espressione di meraviglia Qualcuno del pubblico gridò: « Bene! Bene: » quando il presidente lesse che Kappler era stato condannato all'ergastolo. Poi i fotografi smisero di far scattare gli obiettivi e fu la fine. H pubblico sfollò tran quillo. Solo qualcuno rimase fuori per gridare ancora contro Kappler. Poi a Palazzo Salviati tornò il silenzio. Giustizia, la più serena era stata fatta.

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