Chateaubriand di Ferdinando Neri

Chateaubriand NEL CENTENARIO DELLA MORTE Chateaubriand Tutti conoscono il bel nome «mante del Visconte, uno di quei nomi che solcano, a guisa di comete, il cielo romantico dell'Ottocento ; ma quan. ti fra noi leggono ancora, quanti hanno letto per intero, foss'-anche per ragioni di scuola e di studio, il Genio del Cristianesimo o i Martirio Il profilo energico, una certa posa statuaria dell'uomo, prevale sui ricordi dello scrittore, mentre oscuramente si sa che la vera e propria gloria tocca a Quest'ultimo. E allora., qualche immagine, esotica e dolorosa, risorge vagamento dalla trama di brevi racconti: Atala, René, Le dernier Abencirage... ma anche bu di essi persiste come una ombra l'idea ch'è pur sempre rimasta dell'uomo: una idea che non gli è in tutto favorevole. Nell'opinione comune su Chateaubriand, è l'eco sopita dei clamori che egli suscitò al suo tempo, a cui si mescola un sospetto legittimo di quanto in lui non era pienamente sincero, e la nota riposta, ormai segreta e lontana,'di una men nobile invidia e gelosia, che seguiva le sue fortune e la sua fama, per alcune parti usurpata, o ghermita con una splendida violenza. Chateaubriand fu lo scrittore dell'Impero, del primo impero: non già che l'abbia celebrato, s'intende ; ma fu il grande scrittore di quel periodo; poiché la Signora di Staisi, ohe gli si accompagna in un binomio consacrato dalla storia, è una figura notévole, un talento espansivo e operoso, soprattutto nel corso delle dottrine letterarie, ma non attinse mai le grand goiit e di rado i momenti felici dell'artista che crea le nuove forme e le nuove bellezze. Napoleone stesso intuì il valore di quell'emigrato selvaggio, che tornava dall'America e dall'esilio a rafforzare la pallida schiera dei suoi poeti, e indulse ai capricci di un a genio» che gli era ostile ma gli appariva capace di assecondare col pensiero i suoi vasti disegni: come appunto quello d'un ritorno, imperiale e fastoso, alle tradizioni cristiane. E d'altra parto è noto che Chateaubriand finì per elevare sul gregge, nella sua visione,— o immaginazione — storica, due «superuomini» (non c'era ancora la parola, ma la cosa, e il sogno, e l'inganno) : lui e Napoleone, con una superbia e fatuità, che divide fra i due, e più certamente su di lui, come uomo politico, un senso spettacolare e quasi istrionico. Il principio del secolo, com'egli lo dipinge, è senza dubbio, se lo confrontiamo con la storia, una tragicommedia, quale poteva giudicarla Pio VII, secondo l'episodio di Fontainebleau narrato da Alfred de Vigny. E quella che fu la politica di Chateaubriand, sia di contro a Napoleone, sia lungo tutta la Ristorazione, se ai suoi occhi si componeva nelle linee di un'ardita e immensa ispirazione, si ridusse in realtà ad una successione di grandi e vani atteggiamenti, seguiti da una serie di scacchi, da cui gli bastava di salvare l'onore : cioè uno spirito personale e cavalleresco, di fedele tradizione e di ombrosa fierezza. Ma è innegabile ch'egli possedeva sommamente il « dono 1 dello scrittore: nell'immagine, nel ritmo, nella larga onda fantastica ed evocatrice. Solo che Chateaubriand si trovi di fronte a una scena della natura: il golfo di Na poli, le rovine di Roma e del la Grecia, la Gallia che risorge dalle impronte secolari della sua terra, ed ogni volta è rapito, e dispiega i suoi prodigi, le magìe di un va9to di segno e degli splendenti co lori, infusi d'un, fascino, di un segreto di poesia e di melanconia. Diversi da lui, talora op posti foto coelo nelle idee, nelle fedi, nei propositi, lo ri conobbero quale un maestro altissimo dello stile i maggio ri artisti francesi che vennero dopo di lui: da Hugo a Flaubert, da Michelet a Barrès (Un jardin sur l'Oronte, di cui ora ci è dato penetrare l'intima origine passionale, non è tuttavia che una ripresa e una modulazione del JDernier Abencérage) ; e una sottile affinità, ricca di sfumature, si scorge persino fra l'autore del Genio del Gritianesimo, sepolto sullo scoglio di Saint Malo, e l'altro grande brettone, che scrisse la preghiera sull'Acropoli, Ernesto Renan. Su quello sfondo, su quelle vedute liriche della natura, i rersonaggi di Chateubriand, suoi caratteri, vivono in quanto concordano con esse, e le compiono, rispecchiando un lato della sua coscienza, 0 delle creature amate da lui ohcoQlilusompptepqgsifimCdvl'dadloe qnl'CSgCingudedstnsbMpdvcratnemolvdMgSrfbuvtqlmcrplssmnttpzbmdvlgqldaCsdl i a oh'è un'altra dilatazione, o conquista, del suo lirismo. Qui sta la loro forza e il loro limito, come dimostrano, or luminosi, ed or gelidi, nel sontuoso apparato di un poema in prosa, lei Martyri. La critica militante, l'inter. prelazione aggressiva della persona e dell'opera di Chateaubriand ebbe il suo campione nel Sainte-Beuye j il quale conobbe da vicino il grand'uomo nel salotto della signora Récamier é lo vigilò fino all'ultimo con una sommessa diffidenza. Vivo ancora Chateaubriand, lasciò intendere ch'egli non ammirava veramente se non René, come l'espressione diretta e fedele di uno stato d'animo, della angoscia giovanile che precede l'esperienza stessa del dolore; il resto, compresi Atala e il Gènte, gli appariva tutto quanto viziato da una maniera ambigua e retorica. E l'anno stesso in cui moriva Chateaubriand, nel corso che Sainte-Beuve professò a Liegi, e da cui trasse il libro su Chateaubriand et ton gtoupe interdire, abbandonò la briglia a tutta la sua severità; usciti appena i Mémoires d'O ut re-tombe, li giudicò e li evalutò con asprezza in uno dei primi Limait. In questo come altre volte, quando si trattava di scrittori contemporanei — Sainte-Beuve non colse nè il vero nè il giusto (che sono poi, o dovrebbero essere, una cosa sola). Forse, ai primi lettori dei Mémoires era ancor troppo presente l'uomo, e li offendeva, li urtava tutta quella vanagloria politica, ch'era fa. cile confrontare con la storia recente; ma via via che gli anni si accumulano su que Ila tomba, la «questione personale» si attenua e si scolora, e lo scrittore si eleva. I Mémoiret d'Outre-tombe sono ormai collocati al vertice dell'opera di Chateaubriand; si vedano anche solo i due libri, di Jules Lemaìtre e di André" Maurois, che seguirono a lunghi intervalli quello del Sainte-Beuve e che raffigurano un equo bilancio della fortuna postuma di Cnateaubri and. Scorrono i Mémoires su di un tono più spontaneo, agevole, quasi familiare, al punto che può essere familiare quel superbo signore dello stile ; o quanto alla maggiore o minore veridicità, conviene considerarlo come un gran romanziere che delinea il suo personaggio centrale. Tutte le pagine sulla sua giovinezza sono di un'evidenza, d'una schiettezza, di un'armonia mirabili. Marcel Proust, che non abusa certamente di citazioni, ha trascritto per intero nel Temps retrouvi due passi dei Mémoires, dove lo zirliar d'un tordo su di una betulla e un delicato profumo d'eliotropio che muove dagli umili campi su di un vento td'aurora» ridestano la memoria improvvisa, integrale di vaste zone di vita : quella ch'era, secondo Proust, l'origine psicologica e la condizione essenziale dell'arte. (L'evocazione di Combours[ aveva preceduto quella di Combray). E a dominare i ricordi di una sì lunga e prodiga esistenza sorgono nel_ pensiero dello scrittore i nomi ed i volti delle donne meravigliose che lo amarono, tragiche o felici, da Paolina di Beaumont a Delfina di Custine, a Natalia di Noailles (la duchessa di Mouchy), fino alla bellissima Juliettè Récamier, ch'egli unico vinse e che fu poi la sua ideale compagna delle ore estreme. Ferdinando Neri flIlllllllllllllllllIMltlllinilllllllllItltilllllllllllll

Luoghi citati: America, Barrès, Grecia, Roma