CARLOTTA A WEIMAR di Panfilo Gentile

CARLOTTA A WEIMAR CARLOTTA A WEIMAR Dopo i Biiddenbrooks e le novelle, Tommaso Mann si è venuto sempre- più distaccando dal genere narrativo, inteso questo secondo le regole comuni, ed è venuto creando un suo proprio genere, nel quale i personaggi e la trama sono appena un pretesto per 'concedere all'autore l'occasione di conversare liberamente sii tutti gli argomenti che inquietano il suo spirito. Già la Montagna incantata era sostanzialmente niente altro che una polemica tra il positivista mazziniano Settembrini e il gesuita Galiziano Naphta. La trilogia : Giù' seppe e i suoi Fratelli era una digressione nel lontano mondo della Bibbia per conferirgli senso di attualità e trasporlo nella problematica del nostro tempo. E Carlotta a Weimar, della quale oggi Mondadori dà un'eccellente traduzione, a cura della Mazzucchetti, continua la serie: esso è un eaggio su Goethe, leggiadramente travestito in un delicato racconto di immaginazione. Carlotta Buff di Wetzlar fu l'amore giovanile di Goethe e insieme l'eroina del Werter. II Mann immagina che, passati parecchi decenni, la piccola, rosea Lotte di un tempo, diventata signora.anziana, vedova del consigliere di corte Kestuer, madre di ben undici figli, sia presa da! desiderio, facilitato dalla circostanza che una sua sorella abita a Weimar, di rivedere il suo antico innamorato. Uni diligenza la deposita all'albergo dell'» Elefante », e qui 10 scenario si apre su tutto quel piccolo e famoso mondo di Weimar: sfilano dinanzi ai nostri occhi il diligente e astioso segretario di Goethe: Riemer, la vivace Adele Schopenhauer, sorella di Arturo, 11 pittore e professore di storia dell'arte Meyer, il più antico amico del Poeta, che ai erano conosciuti a Roma fin dal 1786, Ottilia von Pogwisch, Augusto, figlio del Poeta. E intravediamo pure il duca Carlo Augusto, e la baxonessa von Stein, e l'ombra della povera Cristiana Vulpius, morta da poco. Nulla accade al di fuori di un pranzo, al quale Lotte viene invitata in casa del Poe. ta. Pranzo senza intimità, con sedici invitati, servito da camerieri in livrea, in una ricca cornice di sale nobilmente arredate, e nel quale Goethe con un'amabilità distante accetta di essere il dominatore regale, cui gli ospiti si inchinano con rispettosa cortigianeria. E a Lotte delusa non resta che constatare che il passato non la-scia tracce. Carlotta poteva scrivere a un suo figliolo queste righe tristi ma assennate: a Non vi ho ancora scritto nulla del mio incontro col grand'ugjno. Ma non c'è gran che da riferire. Forse ho fatto solo la nuova conoscenza di un vecchio, che, se non sapessi che è Goethe, ed anche sapendolo, non mi ha lasciato un'impressione piacevole». E questo è tutto dal punto di vista : romanzo, se così può chiamarsi l'opera di Mann. Tuttavia, come dicevamo, codesto è solo un pretesto. In realtà la piccola storia sentimentale della vecchia vedova del consigliere Kestler serve appena da spunto per un saggio, e meglio per una serie di saggi su Goethe e sul suo mondo. Noi conosciamo molti ritratti di Goethe, ma questo che ci dà Tommaso Mann è de: più precisi e lavorati. La personalità di Goethe apparve sempre sconcertante. Il cancelliere Muller, molto più penetrante di Eckermann e che guardò al grand'uomo con occhiò meno pregiudicato dall'ammirazione, già seppe colpirne certi aspetti problematici e Sgradevoli. E Mann procede senza indulgenza. Infido, indefinibile, ambiguo, Goethe sembra obbedire segretamente solo a un egoismo, mascherato dall'educazione, dalle convenienze e da una benevolenza sprezzante. La sua stessa tolleranza e indulgenza erano ingannevoli e scaturivano non da amore, ma da indifferenza e disistima, ed avevano qualche cosa di offensivo e di umiliante. La sua protezione non era concessa senza calcolo. I rapporti coi consanguinei e con la sua stessa madre furono sempre trascurati e freddi. Nei confronti dei suoi famuli, come Eckermann e Riemer fu esigente senza riconoscenza. All'agitata vita politica del suo tempo partecipò con guardinga cautela. Ammiratore di Napoleone e fautore della Lega renana, quando l'astro del despota tramontò, non esitò a trovare giustissimo, dinanzi ai fuochi commemorativi della battaglia c*i Lipsia, che « ripiombasse nel baratro chi dal baratro era temerariamente salito». Talvolta la sua freddezza distante andava oltre e si trasformava in perfida volontà di scherno. Nei suoi momenti di malumore, emergevano aspetti diabolici e crudeli. Tuttavia Tommaso Mann moralizza, per così dire, tali inquietanti caratteristiche, forse ricordando il detto dello stesso Goethe: «Che chi vuol fare qualche cosa per il mondo, deve guardarsi dal mondo ». L'egoismo goethiano era in servizio della sua vocazione, e questa vocazione fu da Goethe coltivata con intransigente devozione e inesausta energia. Egli perdurò eroicamente nella volontà di vivere e di creare. Soprattutto nella vecchiaia, ebbe la potenza di un rinnovamento perenne, trasformando la vecchiaia medesima in una prerogativa di sempre più matura grandezza. Se egli fu vigile nel proteggersi e nel mettere la sua esistenza al riparo da ogni disturbo e nel regolarla con piacevole uniformità, in questa gioia, apparentemente tranquilla e confortevole, infuriò per decenni una inverosimile tempesta di pene, di fatiche e di creazione. Ogni minuto di quella esistenza fu utilizzato con zelante avarizia, ad ogni minuto furono conferiti peso e I pienezza. La sua stessa imj passibilità fu virtù necessaria i al suo mestiere e corrispose alla catarsi dell'arte. Era la jneutralità, l'indifferenza assoluta dell'arte, la quale impone distacco e oggettività. Per modo che Mann in ultimo assolve il suo eroe, pur dopo averne fatto un ritratto esente da compiacenza. Non vogliamo dire che codesta assoluzione ci convinca del tutto. Essa è una pericolosa maniera di indulgere all'uomo j-per i meriti dell'artista, e i porta a quell'inaccettabile Iteoria delle morali d'eccezione. Certamente l'egoismo di j Goethe fu compensato dalle j [sue immortali creazioni, nv! non e detto che quello fosse in funzione di queste. Non troviamo per conto noj6tro nessun nesso necessario tra Le affinità elettive « il Guglielmo Meister* l'accorta prudenza con cui Goethe seppe scansare dalla sua esistenza ogni obbligo incomodo ed amministrare saggiamente la sua felicità personale. Non crediamo che fosse strettamente indispensabile il sacrificio dei comuni doveri umani e civili per ' rendere possibile l'adempimento del dovere superiore della creazione. Vero è soltanto che l'egoismo goethiano non fu puro fatto istintivo e naturale: corrispose a una decisa volontà di costruirsi una vita consapevolmente diretta. Fu uno stile e non un caso. E fu la pratica deduzione del suo fondamentale principio di un'umanità concepita come governata da una legge di sviluppo organico vitale in lotta contro le potenze negative del dolore e della morte. Panfilo Gentile niIIIUIinriMlMItlllIflIIIIIlItlMIllItlIlllllIllllllll Ragazze polacche in costume al festival popolare di Varsavia

Luoghi citati: Roma, Varsavia, Weimar