Apologeti di Robespierre di Luigi Salvatorelli

Apologeti di Robespierre Apologeti di Robespierre Anche a Robespierre si potrebbero applicare i versi di Manzoni su Napoleone: «segno d'inestinguibil odio e d'indomato amori. Sentir parlare d'amor» per Robespierre ai più riuscirà strano. Eppure, un vero culto di affetto per lui c'è stato, a cominciare dal giorno della sua tragica fine ; e ancora oggi non e venuto meno. Da Babeuf e Buonarroti a Mathiez, c'ò tutta una tradizione che venera in lui un campione, un antesignano del socialismo; e in nome di questa benemerenza gli perdona il Terrore (se pure non ne fa un precedente meritorio). Ecco, ora, la traduzione italiana (Einaudi) di un volume americano recente (del 1941), dovuto a Ralph Korngold, il cui titolo è già un programma : Robespierre e il Quarto Stato. Il Korngold è un seguace del Mathiez, cioè di uno degli storici che ai nostri tempi si sono più e meglio affermati nello studio inesauribile della Rivoluzione francese, e particolarmente di Robespierre. Contemporanea, mente, lo stesso editore Einaudi pubblica la traduzione di una delle ultime opere del Mathiez (morto una quindicina d'anni fa), La réaction thermidorienne. Questo libro fa dittico, diciam così, con quello del Korngold, o meglio ancora con gli studi robespierristi del Mathiez medesimo. Da una parte la rivoluzione culminante in Robespierre, dall'altra la reazione antigiacobina, che attraverso il Direttorio porta a Bonaparte, seppellitore della Rivoluzione. E' il rimpianto carducciano : < Maledetto «la, tu per ognt etade, 0 del reo tormldor decimo aol! Tu (augnigno ti affacci, e fredda cade la blonda testa, di Salot-Juit al tuoi. Maledetto ala tu da Quante «parta famiglie umane ancor pieganti al •»! Tu suscitasti in Francia il Bonaparte, Tu spegnetti ne I cor virtude e fe' >. Carducci era un poeta, e possiamo anche scrollare le spalle ; Mathiez, l'abbiamo detto, era uno storico, e uno storico serio. Che cosa dobbiamo pensare del suo robespierris no (in cui includiamo quello del minore Korngold) ? Secondo il Mathiez, Robespierre, col suo affine SaintJust, aveva nella sua politica terroristica un fine sociale. Il Terrore doveva servire allo sp oie c ss amento dell'aristocrazia. Le fortune dei ghigliottinati avrebbero- dovuto essere distribuite fra i patrioti san» culottes. Peccato che il Mathiez si sia scordato di compilarci una statistica economica delle vittime per provare che erano tutte ricche. Ma lasciamo andare le .statistiche. Diciamo piuttosto che una rivoluzione sociale non si compie massacrando un certo numero di persone e trasferendo i loro possessi ad altre persone : questa è opera da beccaio, non da rivoluzionario. La rivoluziono sociale vera era stata fatta con l'abolizione dei diritti/feudali, la nazionalizzazione e la messa in vendita dei beni ecclesiastici e di quelli degli .emigrati. In quanto al socialismo di Robespierre, esso si riduce, in conclusione, agli attacchi ai profittatori (ai «pescecani » si diceva da noi nel primo dopoguerra), a vaghe aspirazioni a una maggiore uguaglianza di fortune, a distinzioni — accennate in parole, ma non tradotte in fatti — fra la proprietà legittima « socialmente utile e l'altra, all'appoggio dato a misure (come ne abbiamo viste tante nella guerra e nel dopoguerra) per regolare i prezzi, gli acquisti di derrate e via dicando. Quale curiosa i'ìea doveva avere Matinee del socialismo per chiamare socialista Robespierre in base a un pot-pourri di frasi retoriche e di provvedimenti epiccioli, occasionali, presi sotto la pressione delle circostanze, e che non furono punto un prodotto esclusivo o preponderante dell'attività di lui! L'affermazione più ardita di Robespierre, quella che più si avvicina al socialismo, fu il diritto al lavoro (o alla beneficenza sociale per gl'incapaci, al lavoro) nel suo discorso dell'aprile 1793; ma — fosse o no una semplice manovra (tesi Aulard) per scavalcare i Girondini nella, corsa al favor popolare — essa non uscì da quel discorso per scendere nella regione dei fatti. Quando ora Korngold ci viene a dire che Robespierre avrebbe abbracciato il collettivismo se gli fosse parso praticabile, e che il suo appoggiarsi ai sanculotti equivaleva alla dittatura del proletariato, possiamo anche sorridere, e tirare avanti. Per il Terrore, si sa la giustificazione dei robespierristi : fu una fatalità imposta dalla guerra esterna intrecciantesi con la civile. Tesi ovvia, ma a cui porta un colpo mortale la constatazione che il Ter¬ rpssLtpctrdgRcsperefnngcel■ILi rore s'intensifica proprio dopo le vittorie, cioè quando, secondo la tesi stessa, ve ne sarebbe stato meno bisogno. L'iniqua legge di pratile (fatica particolare di Robespierre) e la sua applicazione coincidono con una ripresa su tutta la linea degli eserciti repubblicani. Nel suo ultimo discorso alla Convenzione, il giorno avanti alla sua caduta, Robespierre attaccava coloro che secondo lui davano eccessivo risalto alle vittorie repubblicane: evidentemente, egli temeva che gli spiriti si rassicurassero troppo. La verità è che il Terrore, e Robespierre con esso, non fanno parte della Rivoluzione, ma della Controrivoluzione. Sarebbe ora di distinguere, nella Rivoluzione francese, due correnti, mescolate e pur diversissime. L'una è la grande corrente individua- listico-umanitaria del Setter cento, che approda alla proclamazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, all'abbattimento del dispotismo, alla istituzione delle rappresentanze popolari, alla liberazione economica della borghesia e dei contadini, all'uguaglianza dei cittadini di ogni classe e di ogni culto davanti alla legge. L'altra è l'ideologia classicistica dello Stato-Moloch, in teoria emanazione della volontà popolare, nell'attuazione signore dispotico del popolo medesimo. In questa ideologia classicistica risorge la Ragion di Stato dell'Ancien Regime ; e perciò essa è effettivamente Controrivoluzione, nonostante le movenze e le vociferazioni rivoluzionarie. Il predecessore del dispotismo napoleonico non è Termidoro, ma Robespierre. Luigi Salvatorelli

Persone citate: Bonaparte, Buonarroti, Carducci, Einaudi, Girondini, Manzoni, Ralph Korngold

Luoghi citati: Francia