Il diplomatico che se ne va

Il diplomatico che se ne va Il diplomatico che se ne va Un po' di chiasso sulle dimissioni di Fransoni segretario generale al Ministero degli Esteri - Il troppo zelo fa sempre danno Come Mussolini imparò a mettere il cilindro e la velada Roma, 27 maggio. Le dimissioni dell'ambasciatore Fransoni dalla carica di segretario generale al Ministero degli Esteri sono diventate un caso, " il caso Fransoni ". Se ne occuperà il Co>isiglio dei ministri, ci saranno interrogazioni alla Cadmerà; dati i sistemi politici della nostra vita parlamentare, la proclamata ostilità al ministro Bforza dei partiti dell'estrema sinistra e l'alacrità oon cui cercano dappertutto motivi di scandalo, si farà molto chiasso che si sarebbe potuto evitare, non fosse' stato lo zelo eccessivo di persone che da quel chiasso non avranno nulla da guadagnare. I fatti sono questi. Poco dopo la nomina di -Venni a ministro degli esteri, fu nominato segretario generale del Ministero l'ambasciatore Fransoni al posto lasciato vacante da Renato Prunas, inviato ambasciatori:, ad Ankara. Francesco Fransoni è uomo universalmente stimato dai suoi colleghi della carriera per i suoi modi urbani, la sua eccellente educazione, la competenza professionale; non è un Talleyrand, va bene, ma ha sempre portato a buon esito le missioni che gli sono state affidate e ha lasciato buon ricordo di sè nelle varie sedi da lui occupate. (Si ricorda fra l'dltro che la primavera del 1943 fu incaricato dal sottosegretario Bastianini di andare in Portogallo, ove era stato ministro, per riannodare le relazioni con certi circoli alleati con i quali aveva già avuto contatti, cauti e delicati, durante la sua missione, ed esplorare le possibilità di concludere un armistizio sganciandosi dalla Germania). Fin dai primi aiorni del suo ufficio, fece lllllllltllIllllllIlll(lllllItllllllllIltllltllIllllllllltl sapere agli amici che avev» accettato l'incarico per disciplina di funzionario; ma non ne era molto entusiasta; e stava pensando di andarsene, dall'ufficio e dalla carriera; tanto più che ha soldi di suo e non aveva bisogno, come tanti, di sfruttare fino all'ultimo la carriera. Ai primi della settimana scorsa andò da Sforza e gli disse che intendeva dimettersi dalla carica e chiedeva di essere collocato a riposo. Naturalmente il Ministro lo pregò di pensarci sopra con parole affettuosamente cortesi: ma egli rispose che la sua risoluzione era ben maturata. Allora Sforza disse che la cosa non gli pareva co.'l urgente; tornasse intanto il Frgnsoni al suo ufficio finché fosse conchiusa la formazione del governo, e si fosse trovato un successore. L'ambasciatore Fransoni prese l'atteggiamento che corrisponde alla posizione di attenti presso i militari, disse che confermava le dimissioni e intanto tornava al suo ufficio, da funzionario disciplinato. "Reazione della burocrazia,, .Sfa, come avviene, la cosa si riseppe, e pochi giorni dopo se ne parlava nei circoli politici con commenti di vario genere; e subito negli ambienti del Fronte popolare si disse che le dimissioni erano indice " della reazione della burocrazia di Palazzo Chigi alV esautor amento delle sue funzioni per il Piano Marshall progettato da Campila e soci, ed espressione dell'ostilità della diplomazia italiana verso la politica di sentimenti e risentimenti inaugurata da Sforza". (Avanti! del 28 corrente). Gli ambienti di Palazzo Chigi furono abbottonatissimi, fecero capire tuttavia tIIItlllllllIllllllllltllIllIlllllllllllltlllIIIIIlllllllll che le dimissioni non avevano nulla a che fare col Piano Marshall, che Sforza era geloso delle prerogative del suo Ministero al Piano stesso; ma altre persone, forse seccate per l'interpretazione data dalla stampa di estrema o ansiosa che non si creassero imbarazzi al Ministro, affidarono ad un giornale del mattino "assai vicino al conte Sforza" la notizia ohe le dimissioni erano state date per motivi di salute. Il dimissionario prese cappello, e fece sapere ai giornali che sta benissimo, e la salute non (t'entra per nulla nella sua risoluzione. " Lo dicevano che c'era del marcio sotto " si grida all'estrema; queste dimissioni sono una prova di più " della consegna della politica estera nazionale nelle mani dei ceti affaristici" (Avanti! di stamattina,). L'ambasciatore Fransoni si è limitato a quelle due parole di smentita; ma indiscrezioni di amici e di bene informati hanno fatto capire che il Fransoni si è doluto che fra il suo ufficio e il gabinetto del Ministro si è creata una specie di frattura, che certe decisioni sono state prese senza consultarlo, ohe alcune carte non passavano più per le sue mani. Nuova ansietà di quei zelanti amici del Ministro; ohe ieri sera hanno fatto attaccare il Fransont da un giornale della sera anche questo definito ufficioso del Ministero degli Esteri; "se un segretario generale non sa nemmeno quelle cose che sanno le sue segretarie, fa benissimo ad andarsene ; non è il posto per lui". E cosi è nato il caso. Il Fransoni è seccatissimo, e non ne fa mistero. Il contrasto fra lui e il Gabinetto, a quanto è dato sapere, nasce appunto dallo zelo di alcuni giovani funzionari che forse non conoscono bene le funzioni e la competenza di un segretario generale; è avvenuto per esempio che essi hanno propalato alla stampa notizie di accordi di natura protocollare" con un'altra nazione prima che gli accordi fossero conchiusi, violando salde consuetudini di correttezza diplomatica; e la nazione interessata ha protestato. Competenza d'un segretario La carica di Segretario generale è propria del Ministero degli esteri, manca agli altri Ministeri. E' un ufficio di coordinamento, che rappresenta l'elemento tecnico in contrapposto a quello politico e, in un certo senso, la continuità della politica estera, o meglio dell'azione diplomatica traverso i mutamenti della politica interna e l'alternarsi dei Ministri in carica; e armonizza i varii rami della amministrazione (ufficio degli affari politici, degli affari economici, della emigrazione, ecc.). La stessa carica esiste anche prebso le altre grandi Nazioni; certi segretari generali, come il Berthelot al Quai d'Orsay, il Vansittart al Foreign Office, hanno dato il loro nome a una certa politica del loro Paese. Da noi il fascismo si affrettò a sopprimerla perchè vi trovò il principale ostacolo alla fascistizzazióne, della diplomazia. Quando Mussolini assunse la carica di Ministro degli esteri, si trovò segretario generale il siciliano Contarini, uomo intelligentissimo, abile, acuto, anche se giudicato un po' intrigante e campanibsta. (I diplomatici di origine siciliana se li coccolava come nipoti prediletto. / primi tempi, il Contarini fu il più utile collaboratore del dittatore ancora ingenuo e stupito della sua fortuna. L'obbligò a mettersi il cilindro e la velada, gli insegnò a trattare cogli ambasciatori secondo il protocollo, cercò di combattere certe sue pericolose improvvisazioni. S'era accorto che, con tutta la sua aria truculenta, quando si trovava davanti a un diplomatico straniero Mussolini finiva col farsi mettere nel sacco: e cercava quindi di farglieli incontrare il più raramente possibile. "Mussolini va adoperato come il sangue di San Gennaro, diceva; bisogna mostrarlo una volta sola all'anno e di lontano ". Il funzionario ribeile Il Contarini era uomo violento, terribile; una volta occolse oon ingiurie e contumelie un giovane funzionario, uno di quegli ufficiali di complemento che erano stati assunti temporaneamente al Ministero dopo l'altra guerra. Il funzionario si ribellò, "Non posso sopportare le sue parole, disse, per rispetto all'uniforme che porto". Il Contarini non replicò; ma il giorno dopo lo mandò a chiamare e gli disse in quel suo gergo italo-siciliano: "Andasse a mettersi in borghese che debbo parlarle". Nominato Sottosegretario degli Esteri Grandi, questi eliminò, appena gli fu possibile, il focoso funzionario, ohe (leggo l'aneddoto nel libro di Mario Donosti " Mussolini e l'Europa") non poteva soffrire la barbetta squadrista del Sottosegretario e si compiaceva di urlare ai suoi segretari, in m odo che la sua voce fosse chiaramente udita traverso le porte aperte nelle stanze contigue: " Ricordatevi che qua, colla barba 0 senza la barba, siamo tutti fessi". Ma alla fine Grandi fece fesso lui. Gli succedette per alcuni mesi il Bordonaro; e poi la carica di Segretario generale fu praticamente soppressa e ristabilita solo nel 1943, dal ministro Guariglia. Prisco giiitiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Luoghi citati: Ankara, Europa, Germania, Portogallo, Roma