La rivolta dei bravi ragazzi

La rivolta dei bravi ragazzi DISORDINI NE/I/ "SODRE,, O I STOCCOLMA La rivolta dei bravi ragazzi Si sentono tanto liberali che son già sovversivi - Costretti per legge ad essere virtuosi, sognano di poter cantare a gran voce, di bere a piacimento vino, alcool o latte perchè la vita "valga la pena di essere vissuta,, (Dal nostro inviato speciale) STOCCOLMA, maggio. Nella prima decade di aprile inusitati avvenimenti turbarono l'algida quieti ii Stoccolma, la pac ita e . orse anche troppe tediosa quiete di questa città modello, di questa città "prima delia, classe". La polizia in allarme Nel grande popolare quartiere del sud, detto " stìdre" ebbero luogo niente di meno che dei veri e proprli disordini (quando si dice " quartiere popolare" di Stoccolma non si immagini Trastevere, o Porta Ticinese, o Pallonetto Santa Lucia, prego. Non si pensi le strade ingombre di rifiuti, di carretti di venditori ambulanti, di suonatori di organuli, di mendichi, di donile piò o meno scapigliate le quali stendano panni al sole o cantino una qualche canzone sbucciando patate sulla soglia di casa, di ragazzetti sudici, i quali giochino a " ladri e guardie " o a" campana" nei larghi e nelle piazzette eccetera, eccetera. Quartiere popolare a Stoccolma significa quartiere periferico e niente di più; il popolo come noi lo intendiamo non c'è. Belle case, strade linde, ordine silenzio, gente assai educata e correttamente vestita la quale — appartenga pure alla classe degli operai o degli studenti o degli impiegati o addirittura dei facchini o dei marinai — non ha assolutamente nulla da invidiare nel contegno, perfino nello stato d'animo, agli abitanti dei rioni ricchi; la quale, dico,potrebbe benissimo figurare nel quadro di un ricevimento presso un'ambasciata o qualcosa del genere). Avvennero dunque dei disordini. (Ma un momento: anche la parola "disordini" in Svezia non ha il significato che ha da noi. In Svezia buttare il biglietto del tram sul selciato con un moIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIII to di rabbia questo è già un " disordine "; rivolgere la parola a un cittadino senza dire " var so god " — e cioè " prego " — questo è un altro " disordine "; profferire un grido in un locale questo è un " disordine " piuttosto forte; eccetera). Niente di meno, avvenne che gruppi di persone lanciavano sassi contro i treni, i quali giusto passavano attraverso il stìdre prima di arrivare alla stazione. E non solo sassi lanciavano i eruppi di persone, ma invettive, grida corali mentre taluno si permetteva fino di sputare o di fischiare. Tutte le mattine i giornali registravano " gravi disordini " nel stìdre per cui la popolazione, la polizia e lo stesso governo vennero ad essere allarmati. Al tramonto, per esempio, trecento persone avevano percorso non so . quale strada del stìdre cospargendola di carta di giornale. A mezzanotte, gruppi di giovanotti reclamavano che non so quale locale vendesse loro una bottiglia di vino o qualche bicchiere di snaps (che è acquavite; detto fra parentesi, deliziosa); in una trattoria, certi clienti avevano rifiutato di pasteggiare con bicchieri di latte e sollecitarono dall'oste bevande aXcooliche; finalmente su un muro era comparsa una scritta (in perfetto stampatello, dipinto con meticolosa maestria) nella quale si diceva: Signor Vigfors, prego, che cosa attendete per andarvene t (il signor Vigfors è il ministro delle finanze). Disordini a Stoccolma, nel stìdre, dunque. I comunisti non c'entravano Per una settimana la pubblica opinione pensò a comunisti. Si insinuò nell'animo della cittadinanza il sospetto (o la quasi certezza) che i comunisti volessero tentare qualche avventura sul modello di quelle che essi sogliono tentare in altri paesi. La polizia, la stampa, il governo, ognuno per conto suo iniziarono delle inchieste. Risultò che i « disordini » non provenivano dai comunisti, risujtd che i comunisti per la verità non c'entravano nà per diritto ne per rovescio. Per qualche giorno, la qualifica dei dimostranti rimase un mistero e ci si limitò a constatare che si trattava di sovversivi. Si notò che ogni manifestazione e contrasto sovversivo sottintendeva un atto di ribellione all'ordine costituito, un moto di insofferenza, una tendenza a rompere certi rigidi schemi dell'ordinamento sociale a ripudiare un vero e proprio sistema di vita; e null'altro. Finché si scoprì che { « sovversivi » erano nientemeno dei liberali. Si, sì, erano dei « bravi ragazzi > coloro che fischiavano per le strade, coloro che sputavano sul selciato, coloro che lanciavano sassi contro i treni, coloro che pretendevano di pasteggiare con bevande alcooliche, piuttosto che con bicchieri di latte, coloro che cantavano ad alta voce di notte, coloro che volevano imporre il d\ritto di pater ballare liberamente quanto e come piacesse loro a ogni ora del giorno e della notte, coloro ohe si ribellavano al pagamento delle tasse per il barnbidrag (per gli assegni familiari a chi avesse figli) eccetera eccetera. Erano bravi ragazzi stanchi di dover comportarsi per legge come « bravi ragazzi »; stanchi di essere sobri per legge, stanchi di dover essere educati per legge, stanchi di dover essere caritatevoli per legge; stanchi di dover essere soccorritori, risparmia¬ tori, ordinati, puliti, silenziosi, corretti, parchi, eccetera eccetera per legge. La rivolta dei bravi ragazzi partiva dal popolo, dai quartieri popolari, in un modo popolare; una rivolta non comunista, non socialista, ma anticomunista, antisocialista, una rivolta di individui che affermavano il diritto all'autonomia, alla liberta dell'individuo; una rivolta di liberali. Primi fra tutti gli operai; poi gli studenti, poi i professionisti. E in prevalenza giovani, gente delle nuove generazioni (strano fatto, fatto ammonitore, di questi tempi). Rivoluzionari alla rovescia Ed ecco, lo andai nel stìdre, presi a frequentare il stìdre per conoscere questi sorprendenti sovversivi alla rovescia, qualcuno di questi inusitati fautori della libertà dell'individuo contro la coartazione dello stato (mentre in giro per il mondo i cosiddetti Hbertarii fanno del sovversivismo per asservire l'individuo allo stato). E cosi, andando nel stìdre, conobbi alcuni sovversivi, alcuni " pericolosi sovversivi" svedesi e parlai con essi. Dicevo loro di essere un liberale italiano, spiegando loro che taluno al mio paese mi considerava un conservatore, un codino, un reazionario appunto perchè ero liberale, appunto perchè sostenevo il diritto dell'individuo contro le limitazioni dello stato all'autonomia dell'individuo. Ed essi mi guardavano sbalorditi. E mi dicevano che non riuscivano a comprendere come, da noi, i conservatori, i reazionari non fossero i socialisti e i comunisti. E io dice¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii vo: "Badate che, nei nostri paesi, i socialisti e i comunisti parlano sempre in nome della libertà, dell'emancipazione, precisamente dell'autonomia dell'uomo ". "Ma sono liberali allora?" — dicevano essi scuotendo la testa. " No, no — dicevo io — sono comunisti, sono marxisti". " E perchè parlano di libertà t " — dicevano essi. " Non so, non so — dicevo io — forse parlano della libertà della massa". "Ma è una contraddizione — dicevano essi — libertà e massa sono termini antitetici ". Uno mi diceva: € Perchè devo bere latte! Io odio il latte, io non voglio bere latte, se devo essere obbligato a bere latte per legge, la mia vita non vale la pena di essere vissuta. Io rispetto le leggi generali dello stato ma quanto a bere voglio scegliere per conto mio di bere quel che più mi aggrada birra o vino o vermout o cognac o acquavite». Altri mi diceva: « Io voglio costruirmi una casa con le mie mani, ecco ». E io dicevo: «Siete muratore f ». « No — mi diceva — non sono muratore ma so costruire case e mi piace enormemente costruire case. Sono ingegnere, ho fatto il progetto, l'ho fatto approvare, ho pagato la tassa necessaria ed ora voglio costruire questa tale casetta con le mie mani ». « E perchè non la costruite f >. « Perchè lo stato me lo impedisce — diceva — perchè Io stato non consente che io, iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii un non muratore, mi costruisca una casa ». «Siete dei rivoluzionari — dicevo io — siete dei sovversivi » e sorridevo, facendo intendere che anch'io mi sentirei morire se mi obbligassero a bere il latte o sia pure il vino. Ed essi dicevano: «Si, siamo rivoluzionari, siamo libeiali».

Luoghi citati: Stoccolma, Svezia