Molière comico farsa e dramma di Francesco Bernardelli

Molière comico farsa e dramma Molière comico farsa e dramma L'Ecole des femmes, nell'interpretazione di Louis Jouvet I moderni hanno sempre più avvertito nel grande comico Molière la dolente drammaticità di certi soggetti, ricorrenti e tenaci. Il Misantropo è per noi un dramma. E ovunque appaia la delusione d'amore, e gelosia e dispetto, ed anche nei temi più tipicamente ridanciani, di mariti cornuti e di donne scaltre, slamo pronti a sentire una sofferenza sorda tra le risate e gli scherni. L'esperienza umana di Molière, 1 suol eccessi di libertinaggio e di passione, l'amore per Armanda, agirebbero, con segreto strazio, entro le scene più vivaci, brillanti e ardite del suo teatro. Ma l'argomento della duplicità sentimentale nell'opera di Molière non è nuovo; e anzi fu messo Innanzi fin dalla prima rappresentazione di questa bellissima Ecole des femmes. Fu allora — 1662 — un grande successo e una grandiosa polemica. Tra l'altro qualcuno affermò. che questa commedia non tlen conto delle regole drammatiche e comiche, e che Arnolphe vt palesa 11 i immillili luminimi munì un amore furente, che lo spinge a domandare ad Agnès s'ella vuole ch'egli si uccida, il che è proprio della tragedia alla quale sono riserbate lacrime e gemiti. E così, mentre le commedie dovrebbero finire in modo allegro, questa finisce nella disperazione di un amante. E lo spettatore non sa se debba ridere o piangere. Vediamo. Che cos'è VEcole des femmes? E' una commedia di costumi e di caratteri. Con questa commedia Molière s'è proposto certamente, e innanzi tutto, di far ridere il pubblico. E cosi il pubblico lo intendeva, rilevando il ridicolo dei personaggi e delle situazioni. Ma non tutto quello che appariva ridicolo allora, appare ridicolo ai nostri occhi. Il vecchio Geoffroy, l'arclavolo del cronisti teatrali, nel 1806 già notava che i costumi essendo del tutto mutati il più delV E cole sfuggiva alla comprensione degli spettatori. Ai temdl Molière, se un uomo sul quaranta anni, e Arnolphe ne ha poco più, si innamorava, llMliillliliilililliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniii . e è o o e era senz'altro ridicolo. I moderni, con sempre più penetranti incisioni nella psicologia e nel dolore dell'uomo, hanno quasi capovolto il giudizio, e pensano che quanto più ci si inoltra nel tempo tanto più acerba e degna di pietà è la pena d'amore; e tutta una letteratura si aggira sul tema: Molière condivise veramente 11 concetto del contemporanei, si fermò al gioco buffo del tutore incapricciato della pupilla, o andò oltre, molto oltre nella realtà di ciò che è eternamente umano? Arnolphe è buffo non pel suoi quarant'annl che gli vietano l'amore di una pupilla che ne ha sedici, ma perchè con quella gran presunzione e pedanteria non capisce nulla della vita, e crede anzi di imprigionarla costringerla deviarla e ridurla ai suol fini; è buffo perchè prende una bimba di quattro anni, la fa allevare nel più stretto rigore, per ricavarne un campione di Innocenza, una tale oca che possa garantirgli un matrimonio senza 11 lepido disonore del cocuage, e non sa che la vita, l'amore, insegneranno In poche ore a quell'oca più ch'egli non abbia pensato e capito in tutta la sua triste esistenza; è buffo perchè nell'Intreccio galantissimo e brioso della commedia, che si svolge su un gioco di estreme e piacevoli confidenze, egli, senza saperlo, fornisce via via al confidente, il giovane, imprudente Horace, innamorato di Agnès, 1 mezzi e le occasioni a che 1 due giovani lo Ingannino, onde l'astuto carceriere, il cautlssimo tiranno sarà umiliato e sconfitto, con teatrale progressione di equivoci, dalla pupilla sciocca e dal giovane imprudente. Ma Arnolphe in questa avventura, come si è visto, soffre. Scopre, e non se ne capacita, che l'amore non si comanda e che nulla al mondo può forzare l'assenso di un'anima distratta o intenta altrove. Se le sue inutili precauzioni ci divertono, quell'affanno che cresce, quelle implorazioni, e le smanie, e il furore grottesco non ci rallegrano senza rimorso. 32 quasi sentiamo anche noi, come altri sentì, in quel fiore di giovinezza, in Agnès, che l'amore ha scaltrita e fatta donna, una sfumatura se non proprio di perversità, almeno di crudele indifferenza. E rleccc ci al problema se qui si debba ridere o no. Ebbene, si può ridere, si può piangere, questo non conta. Molière à un grande, Molière ti dà contemporaneamente quello che un uomo è, e quale può apparire, ti dà 11 risibile e 11 lacrimevole, la farsa e il do-! lore. La potenza del suo stile, afferra a un tempo la sostanza delle cose • la loro variazione secondo i variati umori, le fantasie, i capricci. Arnolphe è scervellato a pensare ad Agnès, a volerla per moglie, e quando manifesta con gran strepito il suo amore è amenisslmo. E Molière te lo fa vedere cosi, come tutti possono vederlo. Ma Arnolphe è nei tormenti, Arnolphe ama senza più speranza, e Molière ti dà anche questo. E te lo dà con una brutalità, mentre le risate scrosciano, da lasciarti interdetto. Molière era nato a capire, a sentire queste cose; e in ciò è modernissimo. Egli: era nato a sentire l'amarezza I Ineffabile dell'amore senza eco; quando la donna amata trova cosi facile, cosi naturale amare un altro. Senza cercare coincidenze tra la biografia di Molière e le sue opere si può dire, che egli certamente ha guardato in se stesso per scoprirvi 11 fondo torbido di quel . dolore. Ma, scrittore realista, ha poi guardato il mondo esterno, appariscente, con la mobilità delle espressioni drammatiche e buffe; e da quel meraviglioso artista ch'egli era ne ha tratto una palpitante unità di rappresentazione che sarebbe ingenuo voler scindere e sceverare. Diceva Lemaltre che la gran polemica, il chiasso secentesco attorno all'Ecole rivelai forse questo, che tutti ne ricevettero un'impressione troppo forte, e impreveduta. E la bellezza avventante dell'Scoie è ancor oggi qui; In quest'impeto superbo di un dramma riassorbito nell'allegria della farsa, in questo Arnolphe che sommuove il riso con le sue lagrime cocenti.' Jouvet ha risolto osiamo dire splendidamente la doppia situazione, 11 duplice aspetto di Arnolphe, impastando in una sola creatura di fantasia, e di scenica verità, l'uomo buffo e l'uomo piagato. Ha iniziato lo spettacolo con una dizione larga, cadenzata, quasi accademica, portando cosi subito l'uditore nell'aura antica e tipica del Molière tradizionale; ma ben presto da quel suono ampio e sicuro è germogliata la vita, il ritmo si è rotto al più vari accenti comici o patetici, si è fatto flessibile e pronto, in un fraseggio accortissimo, malizioso, affannato, suadente. Il gran personaggio molieresco campeggiò nel gesto lepido e fremente, nella maschera* profonda, '.lai tondi occhi carichi già di lontana malinconia. Il passaggio dal rldevole alla tristezza era sempre inavvertito, perchè con strenua sagacia, l'attore sempre trovò un'espressione ambigua che poteva essere interpretata nel senso della farsa, come in quello del dramma. Se appoggiò un poco, fu se mai sulla sorda tristezza. Magnifico stile. Il pubblico eccezionale che gremiva 11 « Carenano» fece allo spettacolo accoglienze ardentlsslme. Il capolavoro di Molière, fu come una cara rivelazione. E che dire di Dominique Blanchar? Attrice lieve e commovente, quando lesse le famose massime per le giovani spose, passò nel suo dire, trasparente e luminoso, l'a» nima vera di una fanciulla con la meraviglia e l'amore. Bravi tutti, anzi eccellenti; e la messa in scena chiara, lucente, su toni bianchi, tra mura civettuole, In un giardinetto breve e gentile. La commedia si svolse cosi, lietamente, con i suoi lazzi e la sua malinconia. Francesco Bernardelli

Persone citate: Attrice, Dominique Blanchar, Geoffroy, Jouvet, Louis Jouvet I

Luoghi citati: Agnès