Ritorno d'un romantico di Ferdinando Neri

Ritorno d'un romantico Ritorno d'un romantico «Facciamo almeno di non essere tristi ; questo è ciò che resta a chi ha errato il cam mino della vita...». Ma il consiglio non valeva per lui, ch'era tristissimo, e che sentiva sino al fondo tutto il suo dolore. Anzi, ivi è un certo conforto nel disperare affat to...». E l'immagine che sopravvive di Giovita Scalvini, che si delinea nel suo diario, nei Vaneggiamenti, nelle lettere, ci richiama ai penosi esemplari dei romantici, avvinti dal «mal del secolo*: quel male ch'è un tedio, e una stanchezza desolata, una angoscia delusa prima ancora che fiorisse l'illusione giovanile; alcuni suoi accenti somigliano, forse più d'ogni altro che sia risonato a quel tempo fra noi, e quelli delYOberman di Senancour. « Mi disprezzano perchè son timido, impacciato, fantastico » ; « non ho saputo farmi le mie sorti... L'ieri mi è slegato dall'oggi, e l'oggi dal dimani ; quello ch'io vorrei fare, è appunto quello ch'io non fo...»; «Il mondo mi si è al di fuori oscurato, come se io fossi indegno di vederlo » ; e presso a morire, come se già egli stesso fosse lontano e perduto: «Egli è cessato come un suono di cèmbalo... ». Ma come nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis alla sventura d'amore si unisce, a farne un libro del Risorgimento, il sacrifìcio della patria, così nelle pagine dello Scalvini, critico e poc'amico del Foscolo, l'intima afflizione e perplessità si adombra e si aggrava per la condizione dell'esule; poiché, imprigionato nel 1821, sebbene prosciolto fu indotto nel '22 a fuggire dalla sua Brescia e dall'Italia, e non, vi tornò, affranto ed infermo, che nel '39 per morire quattro anni dopo. Trascorse l'esilio soprattutto in Inghilterra e nel Belgio; ospite degli Arconati nella villa di Gesback, protetto e consolato dalla gentilezza di Donna Costanza, l'alta figura che splendette in tutta la sua purità sulle ansie e il tormento del suo intelletto, e fors'anche su di una passione infelice. Nella solitudine, nello scontento di sè, fra i balzi, ed i soprassalti, della vita errante abbandonò e riprese molte volte il suo lavoro ; riuscì a compiere — ed è l'opera che serbò il suo nome nel ricordo dei lettori — la prima traduzione italiana del Faust (apparsa nel 1835) ; d'uno stile agevole, schietto, nel fluire della prosa drammatica, variata di brevi trat ti rimati con brio ; per un secolo, si può dire, gl'italiani hanno conosciuto in quel libretto l'avventura di Fausto e di Margherita. Nel 1860, il Tommaseo, a cui lo Scalvini aveva lasciato morendo i suoi manoscritti, ne trasse un volume di versi, di saggi, di frammenti, dove s'intravvede l'evanescente profilo, più che un vero ritratto dello scrittore. Ed oggi, a cura di Mario Marcazzan, abbiamo dinanzi una ricca raccolta (ed. Einaudi, 1948) che s'intitola Foscolo Manzoni Goethe: Scritti editi e inediti; la fascia che l'avvolge annunzia il « Ritorno di un grande critico » ; e se la grida parrà troppo sonante, ingiusta non è, e giova a porre di fronte all'immagine dell'uomo sofferente e deluso quella di uno spirito ardito e sereno: l'immagine dello Scalvini, quale egli si lamentava nel suo diario di non poter rivelare appieno, e che veniva tuttavia disegnando negl'inediti, non tutti conclusi e « finiti », ch'escono ora finalmente alla luce. Aveva giudicato di sè: «Temperamento ostinato, stravagante, sensibile ; maniera di pensare ferma, libera, impenetrabile » (che intenderei qui per indomita, adamantina). Ed una vera fermezza, nell' ordine morale, si riconosce nei due saggi, già noti, Intorno alle ultime lettere di Jacopo Ortis e Dei Promessi Sposi: con un vigor di pensiero che s'inoltra nel campo più propriamente artistico con gli inediti scritti goethiani, probabilmente destinati ad accompagnare una ristampa della versione del Faust: un faggio Della poesia e del « Faust », che, movendo da un'indagine sull'oscurità di Goethe, si amplia in una larga trattazione sull'Arte e la critica, la critica e la filosofia e dimostra, e quasi presente, la posizione dei problemi che campeggiarono poi nell' opera del De Sanctis (tanto che il Croce v'ebbe a scorgere « lampi d'avvenire »). E negli appunti che seguono, dispersi, alla stesura iniziale, si vede com'egli provi e ritenti l'analisi dei due caratteri di Faust e di Mefistofele, con la familiarità del traduttore, che aveva a lun¬ gcegfiadgpbgalfscpeqdiFudtsflgdtulrtttLHdvztnCvhugnDrS go vissuto col suo testo, e con l'arguzia e l'ironia ch'egli esercita, persino con l'indulgenza del paradosso, su Mefistofele, e con inflessibile asprezza sul dottor Wagner ; dice di Faust, che per sfuggire a Wagner non doveva parergli troppo il gettarsi in braccio a Meflstofele. A Wagner non sta innanzi nessun abisso, egli non pericolerà nè la sua vita presente nè la futura. E Meflstofele «pare sempre esser vissuto nei crocchi degli uomini, averne imparate le beffarde argutezze e i crudeli motteggi, aver quasi più appreso la malizia dagli uomini che averla loro insegnata». E che follìa, di Faust, il dimandar beni a un par suo ? E qui tutta una digressione che, incominciata per scherzo sull'inconsistenza dei doni offerti da Meflstofele (e su qual sorta di giovinezza — poi che fu perduta una volta — possa restituirci il diavolo) fa capo a una grave considerazione sull'ammaestramento che si può ricavare dal Faust: «Che per tutta la felicità che ci è dato conseguire sulla terra ci dti 1111 f ì ■ 11 ■ i ■• 11 ■ 1111111111 ■ i ■ ■■ m ■ 111111 ■ i ■ 1111111111 furono pure insegnate le vie e compartiti i mezzi a conseguirla», che ogni bene che non è ottenuto per modo umano non è bene umano, è colpa e dolore » ; e se l'azione del Faust non ci appare, come dovrebbe, immorale, ciò accade perchè «una produzione poetica desta in noi assai meno la ragione, opera assai meno sopra di noi per essa che per mezzo degli affetti, delle immagini e delle ispirazioni del poeta » e perchè da ogni pagina, da ogni verso, da ogni parola traspare il dubbio dell'autore: e questo dubbio è nel distacco del poeta, dell'artista, dalla sua favola. Come la storia di Goethe sia in qualche modo quella del suo Faust, è un'interpretazione che Giovita si accingeva a spiegare con finezza, guidalo da un profondo interesse per la sostanza morale del poeta, e della poesia. Ed a noi è pur caro di raffigurarci il fratello di Oberman, alacre, attivo, mentr'è allo studio e al lavoro ! Ferdinando Neri 111 ri 11111111 ri t ■ 11 f r imi trtri r nr riiiirinriiia Josephine Baker prova un nuovo abito bianco. A Parigi corre voce che la bella negra si accinga a divorziare da Joe Bouillon, suo secondo marito da alcuni mesi,

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