Aura tragica

Aura tragica Aura tragica Al tempo della Regina Elisabetta il teatro fu un agitato vivente museo degli orrori. Inumane violenze, strepitoso linguaggio, urla e assassina; dal buio rosseggia il sangue, s'innalzano imprecazioni e lugubri inni alla morte, e alla desolazione del mondo. Basta nominarli, questi terribili «elisabettiani», questo corteggio di poeti selvaggi e ispirati che da Elisabetta a Giacomo I procede tumultuando, e tra loro sorge e va nella luce Shakespeare, basta dire Kyw, Marlowe, Champman, Johnson, Heywood, Tourneur, Webster, Massinger, Ford, perchè un grande brivido, e il fremito immane della follìa scendano sulla scena, e vi risuoni il grido delle colpe inconfessabili. La natura, antichissima, imperscrutabile musa senza pietà, soltanto la natura qui opera, e abbozza figure e mostri. E' l'idea di Taine, che la sovrapienezza di vita delle genti d'allora, l'eccesso di temperamenti ancor caotici e indomabili, siano sfociati necessariamente nella tragica pittura di ogni ferocia e lussuria, agonie senza fine, desideri estenuanti, atroci delitti. E le tragedie sfilano con il peso della loro terrestrità. Sono facilmente bestemmiatori, atei, questi poeti; sono crudeli. Le infamie dell'aereo di Molta, la barbarie di Tamerlano ; sevizie e sogni impossibili, fantasie di uno splendore accecante, e così carnali, nell'estasi, ohe non appena accennino a un preludio romantico, tosto vi ributtano nella turpe angoscia. Su. tutti, gigantesca, allucinante, l'audacia di Faust, il Faust di Marlowe che vuole violare la vita, che vuol essere mago e Dio potentissimo a qualunque patto, a qualunque rischio, mille volte dannato, per potersi saziare... E Taine osserva che gente simile non può esprimersi con discorsi, confidenze intime, abbandoni letterari; ma a grandi gesti, con strida acute, rappresentando il proprio mondo interiore in grosse immagini. Gli elisabettiani, dice Taine, squartano la vita rudemente ir episodi e scene, e a pez zi, ancor stillaptìe.p^aL^ipan ti, la buttano alla ribalta. Rappresentarli, oggi non è facile. T. S. Eliot, nei suoi Saggi elisabettiani, tradotti or non è molto per la colle, zione «Portico» di Bompiani, accenna al rischio di moder nizzarli troppo o renderli troppo arcaici. Bisogna tro vare un' intonazione total mente diversa da quella del dramma moderno, moralistico e psicologicamente costruito; e dare insieme la commozione di una vita reale, avvampante. Gli elisabettiani e noi; ogni meditazione sulla poesia antica si riduce, sempre, a questo segreto raffronto tra due espressioni, contrastanti e lontane, della perenne urna nità. Nel '33 Lenormand osservava che se Claudel e Mae terliuck avessero avuto un pubblico esaltato di tragicità (quale fu il pubblico di Sha kespeare e di Webster) avrebbero raggiunto, ben prima, eccellenza di maestri e dominio delle scene ; ma il pubblico preferiva gli spettacoli divertimento, e rifiutava gli orrori degli abissi e il delirio delle cime. Oggi l'anima del l'uomo c deserta. Siamo in uno di quei momenti storici devastati e avulsi, nei quali nulla più ci trattiene, del passato. Ogni legame mitico filosofia e religione — è rotto, e l'uomo perdutamente guarda in se stesso, nel mistero, senza fede o speranza di se stesso. Sarebbe il momento dei poeti cosmici, dei poeti che nascono con un sen so nuovo, primitivo e rapinoso, delle forze occulte, arcane, del mondo. Primitiva e rapinosa è la formula dei vecchi elisabettiani. Edmond Jalouz osservò che tanto eccesso è dovuto a una loro strana « frenetica » curio sita. Essi mettevano i personaggi nelle condizioni più assurde, inverosimili, provocatrici o soffocanti, per vederli reagire, per scoprire sussulti, modi di vita estremi, sempre più esasperati e vicini al fondo delle cose. Mondo senza Dio, ma miracolosameute reale, di una ipnotizzante don sita e concretezza. L'inconscio che i moderni, Proust e gli altri, hanno minutamente sondato con ininterrotta analisi, essi lo gettavano fuori a baleni, s scrosci, con di speratissima furia d'immsgi nazione. Chaeun a ainri bran di au-detsut de toi, eommt une fiamme divorante et va eillante, l'etsenee mime de son itre. Ricca essenza. Con vulso barbaro intreccio di una pcprcppVodvTpptuodatac paurosa interiorità, demoni e chimere, e di un'eloquenza poetica tutta esteriorizzata, e rotta a grandi ritmi, a squarci abbaglianti! Si potrebbe pensare ad alcunché di simile pel teatro del nostro tempo. V'è uno sparso raccapriccio, oggi, sul mondo ; come quello di cui parla Elliot per la Revenger's Tragedy di Cycil Tourneur. In questa opera i personaggi sono spettri viziosi proiettati dall'incubo del poeta, in odio all'umanità. Ed è un vago orrore che sorpassa ogni parola. Tristo argomento di morte! Ma anche a noi, anche ai tragedi che verranno, è toccato, toccherà accettare tutto questo male. Come quegli antichi fecero, ognuno a fronte del suo destino, ognuno col suo delirio e la sua pena. Poi sulle acque chiare nel mattino, come all'alba del creato, s'accenda lieve una fede. Francesco Bernardelli Mostra di pellicceria a Beverly Hllls. I produttori americani intendono promuovere altre iniziative a favore dell'uso del « persiano » nella moda maschile d'inverno.