La collina della primavera di Paolo Monelli

La collina della primavera La collina della primavera (Val nostro inviato speciale) TEL AVIV, aprile. Da Gerusalemme a Tel Aviv Bono una sessantina di chilometri, ma ci son parai 11 doppio, lo confesso. Non per 11 tempo ohe ci abbiamo messo; abbiamo corso come per una gara. E' forse la strada più bella della Palestina; va per| campagne mosse e colorate, sii e giù per colli e per valli, traverso macchie di lecci e di ulivi, lungo lucidi pendii fioriti come altarini, con vedute sempre diverse che ricordano ora la Toscana ora la Calabria; eppure abbiamo esitato prima di metterci In viaggio. Una settimana prima un giornalista inglese o'era rimasto ammazzato, fu detto di pallottola. Poi si Beppe che s'era ucciso da se andando contro un muretto per eccessiva velocità; ma anche 11 fatto ohe uno sentisse 11 bisogno di andare a eccessiva velocità per una strada accidentata non ci tranquillizzava. Quel giovani ebrei di cui vi ho parlato, ohe Incontrai una sera davanti al caminetto di una trattoria di Gerusalemme — faceva bene quel fuoco, l'esplosione nella vicina via Ben Yahuda aveva rotto tutti 1 vetri — reduci dalla scorta al convogli che dalle colonie intorno a Tel Aviv portano viveri all'assediata Gerusalemme, parlavano di attacchi respinti, di viaggiatori uccisi, con quell'aria spavalda e insieme trasognata di chi esce da un rischio mortale. E ogni mattina leggevo sul Palestine Post notizie così: «La scorta dell'Haganah ha respinto un violento attacco arabo ad un convoglio di passeggeri da Tel Aviv a Gerusalemme; Le ah Rakov, 19 anni, di Na'an, è stata uccisa, R. Yahel e un altro passeggero feriti. Un altro convoglio è stato attaccato più tardi nello stesso posto, Yaakov Mayortzlk, 24 anni, è stato ferito. Al chilometro 20 poco dopo il tocco un convoglio è stato preso sotto il fuoco dai due lati della strada, 1 guidatori Shamuel Mizrahl e Israel Gruenfeld sono stati uccisi. La macchina dell'alto commissario ten. gen. MacMillan lunedi scorso fu mitragliata e saltò sopra una mina, sulla strada Tel AvivGerusalemme, il conducente e stato gravemente ferito». Be', una mattina ci decidemmo. Il libeccio arruffava nuvole su dal mare che ogni tanto si scioglievano in acquate dense e vaporose che non si vedeva un metro al di là dal radiatore. Con questo tempo, pensammo, i cecchini non al moveranno dal calduccio delle loro case, o tane, o baracche che siano, e non staranno a fare il tiro a segno sulle automobili. Ad ' ogni buon conto avevamo commendatizie ebraiche, ben nascoste se gli arabi ci frugassero nella vettura; e la Vettura aveva la targa in arabo fatta apposta per eccitare gli ebrei, ma per conciliarci con gli arabi, se si pigliavano il tempo di leggerla prima di sparare; e un cartello con su scritto un'Italia grande cosi sul paravento, e la bandierina sul radiatore. (Belle cose che non servono a nulla quando gli animi sono eccitati, nessuno ci bada, come sperimentammo un altro giorno a nostre spese). Cosi si viaggia in Palestina; sperando in Dio, e con un certo vuoto dentro, come quando ci si butta in sci giù per la pista di salto. Lasciato Qaret el Enab (dice la guida che qui cento anni fa lo sceicco Abu Gosc' assaltava e spogliava i viaggiatori; e questa è la biblica Cariathlarlm, «città della foresta», patria dei Gabaoniti traditori) la strada si mise a scendere sul fondo di una gola dai fianchi neri di lecci, soffocata, con un coperchio di nubi, proprio un posto da imboscate. E per vero, ecco subito un autocarro rovesciato e mezzo bruciacchiato, a destra; e poco dopo, a sinistra, ■ una macchina da turismo a gambe all'aria; e cosi via, ogni quattro cinquecento metri il cadavere di una macchina, sventrata, sforacchiata, mezzo ribaltata. In principio non dissi niente all'amico che badava a filare e a prendere di misura le curve; forse non ha visto — pensavo — è meglio non allarmarlo. Ma alla quinta macchina non mi tenni; era nel fosso, con due gambe all'aria e il cofano spalancato a foggia di becco, come usa in certe macchine americane; pareva un pellicano In agonia. «Hai visto?» dissi. «Ho visto, — disse, 'senza distogliere gli occhi sbarrati dalla strada che , anche noi, debbo dirlo, divoravamo con eccessiva velocità. « E' una Chevrolet come la mia». Usciti dalla gola respirammo più sollevati; le nubi si erano stracciate, balenava il sole su pendii lontani e verdi, una dolce collina vestita di ulivi ci correva incontro, amabile e sorridente. Un cartello ci disse che la stretta ha il famigerato nome di Bad el Uad, «porta della valle », citato ogni momento dai giornali perchè ci s'azzuffano ebrei ed arabi, e le truppe britanniche con artiglieria da campagna e carri armati ci fanno battute che lasciano 11 tempo che trovano. E l'amabile collina che ci veniva Incontro danzando si chiama La trùn, Ladrone (Castellimi Latronis). Ma ecco la strada si affollò di arabi pacifici che ci facevano allegri saluti; perchè da qui a Erimatea ed a Giaffa traversa un territorio abitato in prevalenza da arabi. Quelli dell'Agenzia Ebraica ci avevano raccomandato di non entrare a Giaffa, da cui è troppo pericoloso passare in Tel Aviv; Giaffa è araba Tel Aviv ebrea; attaccate l'una all'altra ed in rissa continua. Prima di Giaffa, quando leggerete scritto su una casa a sinistra Scuo- zddirla agraria prendete la sfradet- (Uta a destra che vi porterà senza danni al posto di blocco ebreo di Tel Aviv. Già, ma chi li legge questi caratteri ebraici? La scritta non la deciframmo; attirati da quegli arabi sorridenti ci trovammo nei sobborghi di Giaffa; e qui ad un crocicchio, veduta una freccia e la tabella « Tel Aviv, Km. 2 », prendemmo risolutamente in quella direzione. Un arabo ci gridò dietro qualcosa, ma non gli demmo retta; solo più tardi ricordammo il tono di quel richiamo, urgente, spaventato; quando ci trovammo a cercar la via, in paurosa solitudine, per una strada rotta, ' allagata da pozzanghere, ingombra di rottami, di fili aggrovigliati, con al lati carcasse di carri fumanti, o cataste di macerie, e certi fagotti che potevano essere cadaveri o balle di stracci o mercanzie abbandonate; e al lati della strada si chinavano su di noi due alte sinistre muraglie di case sventrate, spaccate, con superstiti pareti butterate, dalle raffiche, con finestre slabbrate, balconi senza parapetto, saracinesche contorte, grotteschi dondolìi di fili di ferro e pezzi di cemento, insegne in ebraico pénzole, mutilate, porte che vomitavano mobilio e utensili; si vedeva che questo era stato fino a pochi mesi fa un quartiere di traffici, di studi, di bel negozi, d'appartamenti moderni; ora era una squallida terra di nessuno. Cosi andammo per due chilometri; finché trovammo la strada chiusa da cavalli di Frisia e ridotti di sacchetti e garitte corazzate, ma .nessuno stava alle feritoie, sembrava un posto abbandonato. Sonammo a lungo, finché mise la testa fuori da una porta un armato che stette un poco a guardare dalla nostra parte, Incredulo; poi chiamò, altri uscirono, vennero avanti lenti e curvi, col fucile imbracciato, solo quando lessero Italia sul paravento aprirono il varco e ci si fecero intorno, cordiali, ciarlieri, sorridenti. Grande, maraviglia per noi, erano 1 primi ebrei che vedevamo sorridere, sono sempre accigliati, sospettosi, anche quando sono convinti che tutto è In ordine; all'incontrarlo degli arabi, che saranno sì più impulsivi, più pronti allo sparo, ma quando vedono che si tratta di amici hanno la risata facile come 1 bambini. Ma questi ebrei parlavano Italiano, avevano fatta la guerra in Italia, erano felici di parlare la nostra lingua; «come mai siete venuti di qua? Questo è campò di battaglia ogni giorno ci sparano gli arabi, ed anche noi per rappresaglia, la notte cercano d'Infilarsi In città da qui. Avevamo creduto in principio, sentendo la sirena della macchina che fosse un inganno degli arabi, questo qui voleva spararvi sùbito una raffica di mitra». Questo qui rideva, e voleva scusarsi. « The hottest spot in Tel Aviv, il posto più caldo di Tel Aviv », disse uno che non parlava italiano, e non rideva. « Be', ormai da qui potete andare sicuri, da qui in là è tutta città ebrea; andate (uno intanto era tornato dal telefono), vi aspettano, vi aspettavano all'altro posto di guardia sulla via di Caifa, chi pensava che sareste stati cosi matti?» (Matti siete voi, pensavo, arabi ed ebrei, che di questa amabile terra avete fatto tutto un trabocchetto). Ed eccoci al sicuro, a patto di non uscirne, in Tel Aviv, «collina della primavera». Paolo Monelli tlllilllllHllllliriUllllIIIIIIHIllllllllllllllllIlllllIlll « Miss Sud Africa» Incoronata dal maresciallo Smuta. La giuria era composta da Miss Inghilterra, Miss America e Miss Francia arrivate in volo a Johannesburg.

Persone citate: Frisia, Israel Gruenfeld, Miss Francia, Palestine, Yaakov Mayortzlk