Poveri morti senza pace tra il Calvario e il Sabotino di Vittorio Gorresio

Poveri morti senza pace tra il Calvario e il Sabotino Poveri morti senza pace tra il Calvario e il Sabotino L'Ossario di Oslavia, bianco gelido enorme - Scoperta dell'esercito italiano - Dall'altra parte del confine la IV Armata jugoslava (Dal nostro inviato speciale) GORIZIA, marzo Salire a Oslavia a visitare l'Ossario dei caduti nell'altra guerra ha in questi tempi un senso e una ragione. Quando a Gorizia il primo maggio del '45 vennero gli uomini di Tito, ci salirono a disporre cariche di dinamite sotto < tre torrioni dell'edificio. Altre ne miser,o nel parco della rimembranza cittadino dove sorgeva un monumento di ricordo ai combattenti e poi questo lo fecero saltare, così che ancora adesso ci sono pietre e marmi rovinati sui quali giocano i bambini. Il municipio di Oorizia la vorrebbe lasciare come si trova adesso, quella rovina, ne( centro cittadino, perchè si sappia e si ricordi e si stia in guardia. Lungo la strada per I Oslavia, nei quaranta giorni della loro dominazione gli slavi han fatto anch'essi un monumento, piccolo e brutto, con una pietra gialla che ricorda il tufo, dedicato ai caduti partigiani del IX Korpus jugoslavo. Esso è rimasto in piedi, naturalmente, rispettato, onorato, come si conviene civilmente di comportarsi verso i morti. Una bandiera tricolore Sia a Oslavia non dovevano aver pace, i venti, i trenta, i sessantamila scheletri raccolti sui campi di battaglia dei feroci combattimenti del '15 e del "16. Quell'ossario doveva scomparire, tornar le ossa al sole nella polvere d'estate, di quell'estate del '45 nuovamente sanguinosa. I comunisti di Oorizia ebbero l'animo di opporsi a quel progetto dei compagni jugoslavi, anzi andarono a Oslavia ad innalzare sull'ossario una bandiera tricolore, con una stella rossa nella striscia centrale. Hanno avuto paura di quei morti, dicono adesso i goriziani, mentre noi vivi ci lasciavano a mercè dei loro complici del IX Korpus. Cosi l'ossario restò in piedi, bianco fra il rosso del Calvario e il verde triste del Sabotino, gelido, enorme, solitario. Con la ramazza nella sola mano che gli resta, gira di torre in torre il mutilato che ne è guardia, e piange per le acque che si infiltrano tra t marmi mal connessi, e colano erodendo le pareti, e cancellando te iscrizioni e stagnando sul fondo dove gelano. Egli agitando la ramazza prova a farle salire fuori dei cerchi che a gradini si abbassano verso le urne al centro delle torri, e non ci riesce e si dispera, e ogni giorno sparisce un altro nome di soldato. Questi stan meglio, 4 diecimila sconosciuti della torre centrale, ma per gli altri che pena — si lamenta ululando il mutilato che è quasi matto e corre con la ramazza fra le torri, si inginocchia nell'acqua per liberare dalle inorostaziom le lettere dei nomi sulle lapidi in basso : « Sono le lacrime degli italiani morti, disperati, che dicono dimenticateci non pensate più a noi ». E poi dopo una pausa: *-Ma è già venuta la commissione del genio per vedere come si fa la riparazione dei danni ». « Tito nostro » Fuori il sole che batte contro il Sabotino illumina una scritta dei soldati di adesso: « Viva l'Italia » fatta con pietre bianche infisse nel terreno di quel triangolo di monte ohe ci è rimasto. Poco più a destra gli jugoslavi hanno piantato le loro pietre per ammonire i jrorteiani che la leggono da lungi: «Nas Tito» che vuol dire « Tito nostro ». I goriziani salgono al castello nelle giornate limpide, percorrono i cammini di ronda, se l'accennano e leggendola ammettono: *Non è una scritta provocatoria. Che se lo tengano ». Nel lavoro che han fatto per infiggere le pietre dell'iscrizione e per ric.ttare la mulattiera che conduce dal fondo valle alla caracca della cima, i soldati italiani hanno trovato ancora ossa, teschi, fèmori tibie e carcasse toraciche complete. Il guardiano le ammucchia nel ripostiglio dell'ossario. Ma giù nella pianura tra Oorizia e Palmanova, fra i corsi del Vipacco, Judrio e Torre, da Cervignano a Udine a Tricésimo, nostri soldati vanno ai tiri all'istruzione alle manovre divisionali, e mai vedemmo truppe tanto bene equipaggiate. Passano gruppi di dragoni preceduti dai trombettieri sui cavalli grigi della vecchia tradizione, con le trombe d'argento e le drappelle degli antichi reggimenti, caracollando, e li seguono i cingoli delle armi meccaniche con' i tenenti in piedi fuori della corazza, in mano la palina colorata per segnare la via, in testa il basco nero con il nastro pendente dei carristi e l'antica granata dei dragoni ricamata in filo d'oro. Passa la fanteria motorizzata con le alte ghette bianche, buffetterie di canapa, mitra bruniti ed oleati; batterie «emoventi sui cerchioni pneumatici, lunghe volate esili dei oannoni anticarro. I/Italia ha mai avuto divisioni tanto dotate. Le truppe jugoslave E la scoperta dell'esercito italiano quale si vede qui non è tra gli ultimi motivi di conforto in un miglior futuro che si possono trarre da una visita alla regione friulana. Dall'altra parte del confine tutta un'armata jugoslava, la quarta armata, comandata dal generale Lekic, è in posizione, rafforzata da elementi della milizia Knoj (Korpus Narodne Odorane Jugoslavije). E' una milizia volontaria ohe ricorda sensibilmente le camicia nere per le funzioni miste, militari e politiche, che esercita. Militarmente essa dipende dai comandi d'armata, ma un secondo legame la unisce all'Ozna direttamente e l'Ozna è un genere di polizia politica. Manda emissari in grande numero qua dal confine, raccoglie informazioni, prende e tiene contatti con gli elementi favorevoli — slavi o italiani — al regime di Tito. E' necessario premunirsi, ai capisce. Di li ci sono in armi, in questo solo tratto di frontiera dai 70 agli 80 mila uomini; nel rimanente della Jugoslavia sono in servizio otto classi complete per un totale di circa mezzo milione di soldati; un grande sforzo per un paese che non è ricco, e, più ancora che grande, forse sproporzionato se si penna che tutto il resto delle frontiere della repubblica federativa jugoslava è ritenuto dal governo di Belgrado come frontiera con popoli amici od alleati, verso i quali comunque non ài mostrano pretese nè si ripetono motivi di rivendicazioni, e contro i quali non si fa — .anche questo è importante — propaganda. Di fronte a noi, invece, si costruiscono fortificazioni. Vittorio Gorresio Eleganza estrosa di Greta Gynt, attrice dello schermo.

Persone citate: Greta Gynt, Lekic

Luoghi citati: Belgrado, Gorizia, Italia, Jugoslavia, Palmanova, Tricésimo, Udine