Mutati in un secolo i metodi della rivoluzione di Domenico Bartoli

Mutati in un secolo i metodi della rivoluzione PARIGI RICORDA L'ALBERO DELLA LIBERTA' Mutati in un secolo i metodi della rivoluzione (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 23 febbraio. Banno piantato davanti all'Hotel de ville, nell'antica piazza De Grève, un albero della libertà. E' un alberello sottile, stentato, che si leva, oppresso dalla neve, per ricordare il « 48 ». Fu quella la grande stagione degli alberi della libertà: allora, come al tempo della Prima Repubblica, i cittadini li piantavano dappertutto, e per consentire la circolazione nelle vie troppo strette la polizia do veva andare in giro la notte a sradicarli di - nascosto. Un secolo fa, in tre giorni, 22-23' e 24 febbraio, cadde la monarchia di Luigi Filippo, e Lamartlne potè proclamare la Seconda Repubblica dal balcone dell'Hotel de ville (il palazzo non è più quello: fu distrutto durante la Comune del '71 e ricostruito sotto la Terza Repubblica). E' una storia che anche da noi si legge sui libri delle scuole medie. Ma, dopo cento anni, vedendo le feste che si fanno a Parigi, un rapido paragone fra allora e adesso, fra loro e noi, è forse istruttivo. Il '48 stupisce per la sua rapidità: una. monarchia cade in tre giorni, abbattuta più dal malcontento economico * politico che dalla rivolta. Saputo che la Guardia Nazionale, cioè la .borghesia in armi, non gli ubbidisce più, che le strade, sono piene di barricate e di gente minacciosa, Luigi Filippo /Irma l'abdicazione, prende la vettura, una vettura qualunque, e se ne va. Nessuno Stato cadrebbe oggi in questo modo, a meno che non fosse già inde¬ la , o l : a i r e a , a e a e e i o e a e l o è i e e a ¬ bolito gravemente da una sconfitta in una guerra esterna. Lo Stato di un secolo fa era spesso reazionario, come piace dire, ma era debole, non aveva una potente struttura organizzata, e di fatto lasciava un grande margine di libertà. La piazza, in certe circostanze, poteva dominarlo, vince o, senza troppo sforzo. Adest," la piazza non può fare niente. Le rivoluzioni si fanno ancora, e più profonde, più radicali, più feroci di allora, con uno sconvolgimento totale della società, con l'annifintamento di..alcuni ceti ..sociali e di certe forme di civiltà e di vita; ma si fanno diversamente. La celebrazione del '48 è stata accolta da commenti ed approvazioni unanimi. Tutti riconoscono che sotto Luigi Filippo il voto era troppo ristretto, le condizioni economiche e sociali cattive, ecc. / cattolici approvano il '48 non meno dei comunisti, e gli stessi conservatori più accaniti sono indulgenti di fronte a quello spontaneo scoppio di passione politica, a quel risoluto desiderio di libertà. L'Europa, la Francia erano giovani, allora, e a tutti piace tornare col pensiero ai tempi della giovinezza. Ma i comunisti dicono: «Il '48 è nostro, siamo noi gli eredi dello spirito rivoluzionario quarantottesco ». E' più difficile discutere sul passato che non sul presente. Dovremo dire che il '48 fu opera comune della borghesia e dei primi nuclei del proletariato urbano? Ci richiameremo alle grandi pagine descrittive di Alexis de Tocqueville? Op- ilIlllllllllIllllIIIIllIflIlttlllllllllIIIIIItlIIIIItllllltB o , a , e , o n i i o à o e i i i i pure Ricorderemo che quella rU voluzione fini male, finì in tirannide, come la maggior parte delle rivoluzioni? Sarà meglio tenersi ai fatti contemporanei e paragonare ti 1848 ai. 1948. ; comunisti sono certamente gli unici rivoluzionari dell'epoca contemporanea. Il tentativo di altri gruppi politici per concorrere con loro è assurdo, ridicolo. Eredi per questo verso dello spirito rivoluzionario quarantottesco, in pratica sono il contrario degli agitatori, degli eroi di allora. La loro rivoluzione non consistè neWàbbatiere To'Stàio in un'azione aperta, frontale: ma in una lenta, insinuante penetrazione. Sanno . che lo Stato è troppo forte e cercano perciò di vincerlo per vie traverse. I/ultimo esempio è quello di Praga. Siamo arrivati al punto che le folle chiamate in piazza dai comunisti ceki acclamano alla polizia. Racconta infatti un giornale francese che i dimostranti adunati per chiedere la conferma del governo Gottwald e l'esclusione dei partiti moderati, portavano cartelli sul quali si leggeva: "La polizia difende la libertà". Non si potrebbe immaginare un grido meno quarantottesco. Ma i dimostranti, o piuttosto t loro ispiratori, sono coerenti. Banno che le rivoluzioni si fanno adesso solo con la reazione, cioè con la polizia, e perciò, appena possono, si impadroniscono di questa, le insegnano a inventare complotti e tradimenti per colpire i propri avversari politici. La crisi ceka è nata appunto *per un gravissimo disaccordo sul controllo della polizia, che i comunisti vogliono mantenere ad ogni costo in propria mano, nonostante le proteste dei partiti liberali e moderati. Non so come finirà, ma non sembra che i comunisti intendano cedere. Il conflitto, anzi, gli serve per forzare gli oppositori fuori del governo e stendere il proprio dominio sullo Stato fino alla dittatura. La tattica, come si vede da questo caso e da tutti i casi precedenti, è opposta alla tattica intiuita e barricardiera del '48. E' un metodo freddo, penetrante, tutto calcolata demagogià e gesuitica astuzia. Nel '48, poi, non c'era una vera strategia internazionale, della rivoluzione. Nel fondo un ine, genuo misticismo nazionalistico ispirava tutti quei moti popolari. Adesso gli interessi di un grande Stato muovono e coordinano rigidamente i tentativi rivoluzionari; è una specie di violenta e accorta diplomazia delle agitazioni sociali. Celebriamo pure il '48, ricordiamo i suoi eroi, le sue effimere vittorie e anche i suol duraturi acquisti, ma consideriamolo con distacco, come un lontanissimo antenato. Troppo tutti noi, di qualunque convinzione politica, slamo cambiati dopo un secolo. Domenico Bartoli

Persone citate: Alexis De Tocqueville, Gottwald, Luigi Filippo

Luoghi citati: Europa, Francia, Parigi, Praga